Affidamenti in house per la gestione rifiuti: leciti o illeciti? (ultima parte)

Di 2 Giugno, 2024 0 0
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Continua dalla prima parte …

Ora analizziamo sommariamente gli affidamenti dei 4 comuni presi a campione, Tagliacozzo, Morino e Civita d’Antino, tutti accumunati da dinieghi sostanzialmente identici, e Luco dei Marsi, comune che ha mostrato una estrema resistenza basata su concetti ridicoli. Ovviamente il discorso si applica anche agli altri 4 comuni che hanno consegnato gli atti a loro diposizione e presumibilmente anche ai 3 reticenti.

Prima di descrivere i fatti, non ho potuto non rilevare diverse incongruenze con le relazioni ex art. 34, che nonostante siano documenti di competenza esclusiva dei responsabili dei singoli comuni, sembrano redatti da altri soggetti non terzi che hanno proceduto ad una autovalutazione giustificativa della loro esistenza, tanto che non sono rari comuni che ogni tanto citano nei loro documenti altri comuni segen o importi che all’improvviso sono quelli di altri comuni segen o autori diversi dai soggetti sottoscrittori.

 

E arriviamo al clou. 

Partiamo dal Comune di Tagliacozzo, comune più rappresentativo e socio di maggioranza relativa (6.688 abitanti nel 2018), il quale registra:

  1. l’inesistenza dei contratti di servizio antecedenti a quello del maggio 2019:
    1. la mancanza del contratto genera affidamento illecito, senza descrizione e specifiche tecniche dei servizi erogati, assenza degli standard di qualità che il servizio deve soddisfare, assenza di penali, un conclamato “danno da indebito arricchimento” opportunamente tenuto nascosto sia dalla politica che dai dirigenti/responsabili, un danno erariale applicabile al periodo prescritto che andrebbe calcolato dal novembre 2008 a maggio 2014 (data che ovviamente trasla nel tempo);
  2. mancata dimostrazione del fallimento del mercato;
  3. mancati “benefici per la collettività”
    1. basti pensare che il servizio non ha mai raggiunto gli obiettivi di politica ambientale in quanto non in grado di realizzare una raccolta differenziata superiore a quella prevista dalla normativa (65% entro il 2012), ad eccezione degli anni 2019 e 2021 nei quali comunque si è dimostrata non in grado di raggiungere il livello previsto a partire dal 2019 e per tutta la durata dell’affidamento e pari all’80%. Nonostante ciò, non sono mai state applicate penali.
  4. mancata dimostrazione della congruità economica
    1. la relazione ex art. 34, scritta probabilmente dalla stessa Segen, ma fatta propria dal dirigente comunale, si afferma che il servizio è congruo perché “i costi totali medi di gestione pro capite richiesto da SEGEN S.p.A. è pari ad € 138,84 (IVA compresa)…”;
    2. dato palesemente falso in quanto lo stesso ente comunicherà all’ISPRA il costo pari a 234,69 €/ab (parliamo di un incremento pari al 69%)

Comune di Luco dei Marsi, secondo in termini di grandezza, primo in assurdità dei dinieghi (6.040 abitanti nel 2018), il quale registra:

  • l’inesistenza dei contratti di servizio antecedenti al 2015
    1. vedi punto precedente;
  • nel 2015 sottoscrivono una convenzione, che è ben diverso da un contratto, quindi è presumibile che non abbiano un vero contratto fino al 2021;
  • nuovo affidamento nel 2021 con durata quinquennale nel quale si registra
    1. la mancata dimostrazione del fallimento del mercato;
    2. la mancata dimostrazione della congruità economica;
      1. la relazione ex art. 34, non fa alcun riferimento ai prezzi applicati. L’affidamento si basa esclusivamente sul prezzo richiesto dalla Segen. Il confronto con il comune di Trasacco, gestito da un ente privato, dimostra che il servizio offerto dalla Segen è palesemente sovrappagato.

Comune di Morino, patria dei veri gestori della Segen e del sempre presente Dott. Giovanni D’amico e autore della resistenza più articolata (1.402 abitanti nel 2018), il quale registra:

  1. l’inesistenza dei contratti di servizio antecedenti a quello del maggio 2019;
    1. vedi punto precedente;
  2. mancata dimostrazione del fallimento del mercato;
  3. mancata dimostrazione della congruità economica;
    1. la relazione ex art. 34, scritta probabilmente dalla stessa Segen ma fatta propria dal dirigente comunale, si afferma che il servizio è congruo perché “i costi totali medi di gestione pro capite richiesto da SEGEN S.p.A. è pari ad € 138,84 (IVA compresa)…”;
    2. dato falso in quanto lo stesso ente comunicherà all’ISPRA il costo pari a 153,66 €/ab.

Comune di Civita D’Antino, comune dei 41 euro richiesti “per errore” (1.027 abitanti nel 2018), il quale registra:

  1. l’inesistenza dei contratti di servizio antecedenti a quello del maggio 2019;
    1. vedi punto precedente;
  2. mancati “benefici per la collettività”;
    1. basti pensare che il servizio non ha mai raggiunto gli obiettivi di politica ambientale in quanto non in grado di realizzare una raccolta differenziata superiore a quella prevista dalla normativa (65% entro il 2012). Nonostante ciò, non sono mai state applicate penali.
  3. mancata dimostrazione del fallimento del mercato;
  4. mancata dimostrazione della congruità economica;
    1. la relazione ex art. 34, scritta probabilmente dalla stessa Segen ma fatta propria dal dirigente comunale, si afferma che il servizio è congruo perché “i costi totali medi di gestione pro capite richiesto da SEGEN S.p.A. è pari ad € 138,84 (IVA compresa)…”;
    2. dato palesemente falso in quanto pur avendo omesso di dichiarare il costo all’ISPRA, dal PEF si deduce un costo pari a 207,10 €/ab (il ritocco qui ha riguardato il 50% dei costi).

E per completare e fare amplain, escludendo ovviamente Balsorano per ovvie ragioni di causa, questa è la situazione degli altri comuni:

  • San Vincenzo costi dichiarati 138,84 €, ovviamente falso, nessun contratto antecedente al 2019;
  • Civitella Roveto – silenzio di tomba, ma non ha contratti di servizio antecedenti al 2019;
  • Canistro – affidamento dato senza alcun riferimento ai costi, non ha contratti di servizio antecedenti al 2019;
  • Capistrello – silenzio di tomba, ma non ha contratti di servizio antecedenti al 2019;
  • Castellafiume – silenzio di tomba, ma non ha contratti di servizio antecedenti al 2019;
  • Sante Marie, costi dichiarati circa 139,00 €, ovviamente falso, ma non ha contratti di servizio antecedenti al 2019;

Ora, anche io mi sono domandato, dove diavolo siano usciti questi 138,84 € (o arrotondato 139,00/140,00), dato che è presente in quasi tutti gli affidamenti alla Segen, come se la relazione, e la valutazione, fosse stata unica e semplicemente i responsabili abbiano proceduto a cambiare solo l’intestazione e i riferimenti, valore che è stato il pretesto per non andare in gara e che comunque tutti gli uffici comunali hanno fatto loro, controfirmato e approvato (da qui si comprende il perché delle barricate).

Parliamo di un potenziale danno alle casse comunali di milioni di euro e di un potenziale danno erariale di altrettanti milioni di euro, danni che ovviamente continuano in parallelo alla durata degli affidamenti “illeciti”.

Oltre a questi danni, non si può non rilevare come tutti i comuni coinvolti abbiano fatto comunella e pur nella consapevolezza di aver affidato negli anni pre 2019 un servizio senza alcun contratto, nessuno si è attivato per il recupero del danno da arricchimento senza causa“, pari ad almeno il 5% del fatturato degli ultimi 10 anni, quota che doveva essere restituita ai cittadini ignari del “raggiro”, in una situazione paradossale che vedeva la Segen svolgere un servizio senza alcuna motivazione, senza nessuna condizione (assenza di contratto) ad un prezzo stabilito dalla stessa Segen.

Ma la cosa più assurda è che sono riusciti anche a fare altre illeciti dopo aver affidato il servizio de quo senza contratto, quando hanno dichiarato il falso su documenti ufficiali (vedi i 138,84 €/ab), dando quindi una diversa rappresentazione dei costi realmente sostenuti per l’affidamento in house alla Segen.

Io resto un semplice cittadino, ma è chiaro che qui si possono ipotizzare numerosi reati penali, continuativi, a partire dall’art. 353 bis che tutela la libera concorrenza anche nella fase precedente alla gara, che si applica nei casi in cui la condotta perturbatrice sia finalizzata non a turbare una gara, ma a evitarla, come nel caso di specie e la riconducibilità ad un’altra norma incriminatrice – quella che punisce l’abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) – della condotta di impedimento della gara mediante la scelta illegittima di procedere all’affidamento diretto e per finire la falsità materiale (art. 476 c.p.) rilevabile quando un pubblico ufficiale, nell’esercizio delle sue funzioni, altera un atto vero. E pensare che alcuni sembrano non aver mai pubblicato questi documenti.

Poi mi raccomando, in tutto questo schifo, lo “stronzo” sono io, chiamato in causa solo per aver detto semplicemente la verità.

Articolo scritto e pubblicato da Giuseppe Pea, il 02.06.2025, alle ore 07:00.

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