Balsorano (come si legge nelle storie cassinesi di Leoni Ostiense (1046-1115) e in altri documenti medioevali), venne considerato, in periodo romano, quale appendice di Sora e, nel medioevo, come punto strategico della Valle Roveto e della bassa Marsica, appartenente alla contea di Celano.
Dal Catalogo dei Baroni del Regno delle Due Sicilie, compilato al tempo dei re normanni, risulta nel capitolo ‘Principato della Valle Marsa’ che Rainaldo fu conte di Celano e di Balsorano e di molti paesi e castelli abruzzesi. Prima di Rainaldo furono padroni di queste terre altri signori della Marsica, maggiordomi sotto l’impero di Lodovico II (844-871) i quali, successivamente ebbero il titolo di conte e sottoposti ai Duchi di Spoleto.
Berardo I fu conte di queste terre nel 968. A lui successero nel 981 Rainaldo I ed in seguito Rainaldo II che sposò Susanna figlia del principe di Capua, allora uno dei maggiori feudatari del reame di Napoli. Il loro figlio Berardo II fu conte dei Marsi, di Rieti e di Narni ed ebbe come successore Rainando III il quale sposò Gesulfa (anno 1000), vedova del conte Landone di Teano e lasciò conte dei Marsi suo figlio Odorisio. Questi prese in moglie Gervisa, figlia del marchese Trasimondo ed ebbe in figlio Baldoino, primo conte di Balsorano, ricordato nelle cronache di Montecassino del secolo XI.
Nel 1173 era feudo di Ruggero d’Albe fino al XIII secolo e nel 1463 la baronia di Balsorano fu ceduta dal re di Napoli ad Antonio Piccolomini, duca di Amalfi il quale, con i contributi finanziari dello zio papa Pio II e del suocero Ferrante II d’Aragona, re di Napoli, intorno all’anno 1465 volle ricostruire il castello di Balsorano, assumendone anche la baronia. Ad Antonio Piccolomini successero altri quattro blasonati con il nome di Alfonso. Fu, poi, conte di Celano e barone di Balsorano Innico Piccolomini, il quale morì, nel 1561 a Roma, dove fu sepolto nella chiesa di S. Maria del Popolo. Egli lasciò unica erede la figlia Costanza, che sposò suo cugino Alfonso V Piccolomini. Questa coppia non ebbe figli per cui la baronessa Costanza visse, poi, separata dal marito.
Nel 1572 costei vendette il feudo di Balsorano, con i dipendenti casali e borghi di Morrea, San Vincenzo e San Giovanni Valle Roveto a suo zio Giovanni Carlo Silverio Piccolomini. Con la morte di costui la baronia di Balsorano rimase sempre alla stessa famiglia. Infatti, dal Libro curiale delle visite pastorali che i vescovi di Sora facevano alle chiese di Balsorano, risulta che nel 1663 era barone del luogo Ferdinando Piccolomini e nel 1711 Antonio IV Piccolomini.
Agli inizi del 1700 la famiglia dei baroni Piccolomini si estinse e la baronia di Balsorano passò sotto il dominio del barone Testa. Nel 1809 venne eletto comune, comprendendo vari centri, quali Rendinara, S. Giovanni e Roccavivi. Attualmente il territorio di Balsorano comprende i centri minori di Ridotti, Balsorano Vecchio, Collepiano e Selva.
Storia e arte
Il castello di Balsorano
Tra i numerosi castelli medievali in Abruzzo e in Campania, quello di Balsorano è uno dei pochi scampato alla furia dei barbari invasori. La pianta è di forma pentagonale-irregolare mentre la struttura è in pietra. Il principale accesso è pedonale dal parco di fronte che immette in un cortile ad L con pozzo. I palazzi tutt’intorno sono impreziositi da bifore e trifore. L’aspetto esterno è medievale-rinascimentale. Il primo proprietario fu un vassallo della corona di Napoli. Nel 1463 fu concesso, quale dono matrimoniale, ad un nipote di Papa Pio II (Enea Silvio Piccolomini), Antonio Piccolomini da parte di Federico I d’Aragona. Nel 1711, estinta la famiglia Piccolomini, il castello passo al Barone Testa, nobile romano i cui discendenti si riapparentarono, in seguito, con i discendenti Piccolomini. Si ebbero, pertanto signori del feudo nel 1723 Ferdinando Testa Piccolomini, nel 1753 Giovanni Ferrante Testa Piccolomini e nel 1767 ancora un Ferdinando. L’ultimo dei Testa Piccolomini, a nome Tiberio, vendette, nel 1850, il castello e le terre al possidente francese Carlo Lefebvre, il quale, per aver promosso le industrie cartarie del Liri, nel 1854 fu fatto conte da Ferdinando II di Borbone. Nel 1929 il castello e le terre, ormai circoscritte nel solo territorio di Balsorano, vennero acquistati dalla famiglia Fiastri-Zannelli.
Fontana e ruderi
La fontana di S.Martino si dice sia stata costruita verso la fine del 1800 dal conte Lefevre, in pietra compatta di Collecorvino (presso Isola del Liri), dopo che egli ebbe effettuato, il 2 dicembre 1888, uno scambio di terreno con il comune. In seguito a tale scambio si venne a formare una piazza, la cui area, corrispondente oggi al piazzale antistante l’ingresso del castello, doveva essere destinata a fiere e mercati. A sinistra della fontana è situato il rudere della chiesa della SS. Trinità, eretta nell’800. La chiesa, ai primi anni del 1900, era ancora incompleta e allo stato grezzo, pur essendo aperta al curto e ai fedeli. Nel 1913 la chiesa fu chiusa e venne deliberato di utilizzare per le funzioni religiose, quella di S.Francesco.
Convento di S. Francesco
Il convento dei frati occupata un’area molto vasta che comprendeva: la chiesa, il convento con le abitazioni dei monaci, un collegio, il chiostro e l’esteso “orto” con lavatoio, cisterna per l’acqua, fienile, stalla e l’aia, su un’altura ventilata. Di proprietà dei frati era inoltre tutto il terreno di fronte al convento, attiguo alla chiesetta di S. Antonio. Bellissima era la facciata della chiesta, in stile rinascimentale, con quattro archi a tutto sesto.
Tradizioni
Il Santuario di S.Angelo, dedicato anche a S. Michele, si staglia a 800 metri di altezza ed è ubicato in una maestosa grotta naturale che gode di una meravigliosa vista sulla Valle del Liri. Sede di una comunità benedettina nel medioevo, oggi esso è spesso meta di pellegrinaggi. In particolare, la domenica successiva all’otto maggio vi si svolge un tradizionale ritiro spirituale riservato ai soli uomini. All’interno della grotta si conservano affreschi di scuola tardorinascimentale di notevole pregio artistico.
Vegetazione
Balsorano è circondato da montagne che sono coperte da boschi. Principalmente si tratta di bosco di faggio che occupa il 25% circa del bacino del Liri e si presenta ad una quota compresa tra i 800 e i 1900 metri sul versante sud e tra i 1000 e i 1700 metri sul versante nord. Altrettanto presente è il bosco di roverella che occupa il 15% dell’area ed è distribuito lungo il versante nord in esposizione calda e sul fondovalle argilloso-arenaceo. Al di sotto del faggeto si trova un bosco misto di querce e olmi. Infine è presente in piccola percentuale anche un bosco di leccio soprattutto lungo il versante nord ed è per lo più relegato in stazioni rocciose calcaree.
Fauna
Dal punto di vista faunistico è accertata la presenza dell’Orso bruno marsicano che, anche se raramente, sconfina dall’attiguo Parco Nazionale d’Abruzzo. E’ anche presente il lupo, seppur non diffusamente, mentre comuni sono gli altri carnivori, come Volpe, Faina, Donnola, Tasso e Puzzola. Accertata è la presenza del Capriolo, almeno nella metà meridionale della catena dei Simbruini-Ernici. Cospicua la presenza del cinghiale e dell’istrice.
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