Affidamenti in house per la gestione rifiuti: leciti o illeciti? (prima parte)

Di 1 Giugno, 2024 0 0
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Articolo lungo e diviso in due parti, ma è una vera e propria bomba mediatica, almeno per la stragrande maggioranza dei cittadini, tenuti all’oscuro, non per i soggetti direttamente coinvolti ovviamente.

Ero indeciso per quanto riguarda il titolo, effettivamente “forte”, ma sembra adatto al periodo attuale.

Premetto che dopo la denuncia con l’accusa di aver detto il falso e quindi diffamato la Segen e il Comune di Balsorano, denuncia che, come ripeto, mi ha rimesso in campo dopo esserne uscito, 8 mesi dopo la prima udienza, solo 1 comune su 11 comuni soci della Segen S.p.A. non ha fatto “resistenza” nel consegnare i documenti. Tutti gli altri hanno alzato barricate, una dietro l’altra che, anche grazie all’intervento del difensore civico, sono quasi tutte cadute.

Ovviamente, se non ci fosse niente da nascondere, non dovrebbero esserci problemi né a pubblicare i documenti, né a consegnarli dietro richiesta di accesso civico, invece queste resistenze non fanno altro che alimentare la sfiducia tra cittadini e istituzioni.

Ho comunque, a mie spese, scoperto che l’immaginazione, quando si cerca di trovare una base logica per rifiutare gli atti, a volte supera ogni limite e va talmente lontana, da rendere sotto una luce diversa quei soggetti chiamati a svolgere funzioni di controllo di legittimità degli atti e dell’azione amministrativa negli enti locali, i segretari comunali, tutti evidentemente concentrati a difendere i responsabili di servizio.

Va da sé, che se oggi dovessi rispondere alla domanda presente nel titolo, visti gli atti prodotti e consegnati (sono attualmente a 8 su 11, ma il discorso è probabilmente valido anche per i 3 reticenti) potrei dire, senza aver timore di denuncia alcuna, che la freccia tende molto di più sulla parolailleciti”, che non sulla parola leciti.

E vi garantisco che non ho alcuna paura se questo articolo dovesse finire tra le carte dal processo che mi vede imputato per diffamazione aggravata contro la Segen, spalleggiata dal Comune di Balsorano, per un post scritto quando ero consigliere comunale, ben informato dei fatti esattamente come loro. In verità credo che questo, come gli altri articoli “scomodi”, saranno tenuti ben lontani dalla causa.

Ovviamente non farò in questa sede alcun riferimento alla mia causa, ma vorrei prendere i dati forniti dai due Comuni più grandi gestiti dalla Segen, il primo che ha fatto una certa resistenza (anche se “stranamente” identica ad altri) e il secondo che, con la sua originale resistenza, è passato al ridicolo, e da altri due, uno che ha mostrato una resistenza comunque interessante (anche se caduta) e l’altro che è riuscito a chiedermi un obolo non previsto e restituito solo dietro diffida formale.

 

Considerazioni iniziali

L’utilizzo degli affidamenti in house senza adeguata motivazione e senza la preventiva valutazione di alternative, crea zone d’ombra e ostacola la partecipazione di altre imprese al mercato.

Inoltre, e fatto ancora più grave, l’assenza di gare competitive può comportare un’assegnazione del servizio a condizioni non ottimali per l’ente pubblico, in termini di costi e di qualità del servizio offerto. Mancando il confronto con altri operatori, viene meno lo stimolo a migliorare l’efficienza e l’innovazione, con il rischio di un servizio inadeguato alle esigenze dei cittadini. Tutto questo ovviamente è pagato dagli ignari cittadini, obbligati a strapagare un servizio che spesso risulta anche inefficiente.

Capita spesso che le motivazioni addotte per l’affidamento diretto appaiono pretestuose, volte unicamente a eludere le procedure di gara. Qualche volta mancano addirittura le motivazioni.

 

Secondo voi gli affidamenti alla Segen hanno eluso le procedure di gara utilizzando numeri opportunamente “taroccati“?

Partiamo dal Comune di Tagliacozzo, la vera “macchina da soldi” della Segen, uno dei pochi comuni in grado di pagare con costanza le fatture emesse dalla Segen, tali da farne da cassa per coprire in parte i ritardi degli altri comuni.

Il Comune di Tagliacozzo, oltre ad essere il Comune a maggioranza relativa, è anche il comune che ha permesso alla SEGEN S.p.A. (per questo è l’unico comune escluso dalla holding), di iscriversi all’elenco presso l’ANAC permettendo a tutti gli altri comuni soci di affidare direttamente alla Segen il servizio di gestione rifiuti. Se dovesse cadere, cadrebbe probabilmente tutta la fragile impalcatura che regge la Segen S.p.A. portandosi dietro la Segen Holding (trascinando con se personaggi ormai noti, come D’Amico) e la AST (società sostanzialmente priva di personale in grado però, miracolosamente, di fornire manodopera ai comuni per svolgere quelle pulizie che essa stessa non è in grado di fare nemmeno nella propria sede, visto che ne deroga il servizio esternamente, e non è una barzelletta).

Essendo ovviamente “privilegiate” rispetto alle società private, è obbligo per le pubbliche amministrazioni garantire la massima trasparenza nelle loro scelte, motivando adeguatamente le decisioni di affidamento diretto chiudendo di fatto il campo alla concorrenza, il tutto a beneficio dei cittadini e dell’interesse pubblico.

Un affidamento in house senza congruità economica è, di fatto, illegittimo esattamente come lo è un affidamento svolto senza contratto, che che ne dica la Segen nella “coraggiosa” causa. Questo significa che l’affidamento di un servizio a una società in house, senza dimostrare un concreto vantaggio economico rispetto all’affidamento a un operatore esterno tramite gara, viola i principi di economicità, trasparenza e concorrenza.

Cosa dice la legge:

  • il Codice Appalti (D. Lgs 50/2016), all’articolo 5, stabilisce che l’affidamento in house è possibile solo se vi è una “convenienza economica rispetto al ricorso al mercato“;
  • il Consiglio di Stato, con diverse sentenze (es: Sez. V, n. 3562/2022), ha ribadito che la valutazione della congruità economica è obbligatoria e deve essere motivata in modo concreto e dettagliato. Non sono sufficienti affermazioni generiche;
  • la Corte di Giustizia Europea ha affermato che l’affidamento in house non può essere utilizzato per aggirare le norme sull’appalto pubblico (CGE, 19 dicembre 2019, C-69/18).

 

Ma cosa significa nella pratica?

Se una delibera di affidamento in house non contiene una valutazione adeguata della congruità economica, o se tale valutazione risulta falsa o manipolata, l’affidamento è illegittimo.

L’amministrazione che ha effettuato l’affidamento illegittimo potrebbe essere chiamata a rispondere dei danni subiti dalle imprese penalizzate, mentre al contempo, e la stessa dovrebbe indennizzare i cittadini chiedendo il danno per “arricchimento senza causa” alla propria partecipata (quantificato convenzionalmente al 5% del fatturato degli ultimi 10 anni qualora non prescritti, tenendo presente che qualora fossero prescritti, si tratta di un danno erariale).

L’autorizzazione a non ricorrere al mercato deve essere quindi inclusa nella motivazione che deve dare conto,  «sia della funzionalità della soluzione rispetto alle esigenze e agli obiettivi dell’amministrazione (profilo dell’efficacia) sia del corretto impiego delle risorse pubbliche (ottica dell’efficienza ed economicità). Quanto al secondo profilo, è lo stesso art. 5, c. 1, del TUSP ad esplicitare i termini della valutazione, che dovrà avere ad oggetto il confronto con altre soluzioni gestionali, come la gestione diretta oppure la completa esternalizzazione mediante affidamento del servizio, …. Ciò dovrà avvenire comparando i benefici e i costi attualizzati delle singole soluzioni possibili».

La legittimità degli affidamenti

Infatti l’affidamento è legittimo se si è in grado di accertare che l’istruttoria condotta dall’amministrazione procedente abbia ragionevolmente confrontato i risultati economici prevedibilmente derivanti dalle possibili forme di gestione, tenendo in debita considerazione la qualità del servizio erogato e il diverso grado di efficienza nello svolgimento attraverso i vari strumenti a disposizione, mediante un calcolo dettagliato di costi e benefici di ciascuno di essi. Cfr Sezione Controllo Regione Liguria Deliberazione n. 8 del 28.02.2024.

Per tanto, tre sono i fattori che occorre valutare nel percorso motivazionale di cui all’art. 192, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (ratione temporis vigente), ossia in occasione della decisione di optare per il regime in house in luogo di quello outsourcing (ricorso al mercato mediante sistema di pubbliche gare):

  1. le “ragioni del mancato ricorso al mercato” ossia il fallimento del mercato;
  2. i “benefici per la collettività”;
  3. la “congruità economica dell’offerta”.

Per il primo punto l’amministrazione deve provare che, in quel caso specifico, il ricorso al mercato, tramite una gara pubblica, non sarebbe stato in grado di:

  • garantire l’efficienza e l’economicità del servizio, ovvero non è stato possibile individuare un operatore in grado di offrire il miglior rapporto qualità-prezzo;
  • soddisfare adeguatamente le esigenze pubbliche, ovvero che non sussistono operatori privati in grado di soddisfare le caratteristiche del servizio e le esigenze specifiche richieste;
  • o in extrema ratio, di trovare un operatore in grado di offrire il servizio (il cd. fallimento del mercato).

Per il secondo punto l’amministrazione deve specificare quali sono questi benefici e in che modo l’affidamento in house li porterà a vantaggio dei cittadini, ad esempio

  • miglior qualità del servizio ovvero l’affidamento in house permettere di erogare un servizio di qualità superiore rispetto a quanto possibile con un operatore privato;
  • maggior efficenza, ovvero che l’amministrazione potrebbe essere in grado di gestire il servizio in modo più efficiente e con costi inferiori rispetto a un operatore privato;
  • minor impatto ambientale, ovvero l’amministrazione potrebbe implementare soluzioni più sostenibili dal punto di vista ambientale nella gestione del servizio;
  • maggior controllo sul servizio, ovvero l’affidamento in house permetterebbe all’amministrazione di avere un controllo più diretto sulla gestione del servizio e garantire una maggiore rispondenza alle esigenze dei cittadini.

Per il terzo punto l’amministrazione deve dimostrare che il costo del servizio gestito in house non sia superiore a quanto si sarebbe potuto ottenere con un regolare appalto pubblico.

In poche parole deve procedere ad una valutazione della congruità economica che si ha:

  • con il confronto con i prezzi di mercato: l’amministrazione deve comparare il costo del servizio gestito in house con i prezzi praticati sul mercato per servizi simili.
  • con l’analisi dei costi: l’amministrazione deve effettuare un’analisi dettagliata dei costi che sosterrà per gestire il servizio in house, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti.

La congruità economica deve dunque essere valutata sia in termini puramente interni all’organismo in house (congruità economica endogena), sia in termini esterni ossia nei rapporti tra quest’ultimo e l’ente controllante (congruità economica esogena). Cfr Consiglio di Stato Sez. V, Sentenza n. 843 del 26.01.2024.

Similmente si possono elencare decine e decine di sentenze che trattano lo stesso argomento e sono arrivate alle stesse conclusioni, giusto per citare le ultime, la sentenza del TAR Lazio Sez. II bis n. 5452 del 19.03.2024 o la sentenza del TAR Campania Sez. III, n. 1537 del 07.03.2024, e un’infinità di altre.

E bene precisare che tutte queste condizioni devono sussistere in caso di affidamento in house alla propria partecipata, ed è incontrovertibile che, almeno analizzando gli 8 comuni Segen, ma il discorso è probabilmente valido anche per i 3 reticenti, nessuno dei comuni è stato in grado di dimostrarne la validità, se non alcuni rari affidamenti nei quali è stato possibile dimostrare soddisfatto qualche requisto richiesto (lasciando tutti gli altri indimostrati).

Continua domani con la seconda ed ultima interessantissima parte …

Articolo scritto e pubblicato da Giuseppe Pea, il 01.06.2025, alle ore 07:00.

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