Tutti ormai sanno che al cambio di amministrazione, avvenuto l’11 giugno 2017 le casse comunali registravano un saldo negativo di 400.000 €. In considerazione dell’imminente rimborso delle rate dei mutui, obbligatorie e inderogabili, e al pagamento degli stipendi, la cassa aveva toccato il 30 giugno 2017 un record con un saldo negativo di 550.000 € ovvero il massimo concesso dal tesoriere (Banca del Fucino).
Con una cassa negativa era impossibile procedere al pagamento delle fatture ivi comprese quelle relative al servizio svolto dalla Segen visto che per legge la priorità è la restituzione dell’anticipazione di cassa.
Per nulla contenta della cosa, al raggiungimento della 6a rata scaduta (6 mesi di ritardo), la Segen denunciava il Comune di Balsorano presso il Tribunale di Avezzano il quale emetteva il 12 gennaio 2018 decreto ingiuntivo e pedissequo n.33/2018 ingiungendo il Comune al pagamento delle fatture scadute per un ammontare di 212.719,91 € oltre interessi e spese legali.
Ricordo ancora la discussione sull’opportunità di ricorrere verso il decreto ingiuntivo anche in considerazione del fatto che alcune fatture erano relative a prestazioni eseguite senza regolare affidamento, ad esempio alcune erano collegate con le precedenti manifestazioni di Calici e Musica sotto le Stelle svolte negli anni 2013, 2014, 2015 e 2016.
Il sindaco invece decideva di non opporsi e il 1° marzo 2018 chiedeva alla Segen, indipendentemente dalla legittimità delle pretese, la possibilità di rateizzare il debito, proposta che ovviamente la Segen accoglieva favorevolmente. Eravamo in pochi a voler ricorrere al decreto ingiuntivo e con il segno di poi era sicuramente la scelta migliore da intraprendere.
Ad un tratto, l'impensabile
Durante la predisposizione dell’accordo di rateizzazione, l’ufficio tecnico riferiva al segretario comunale che mancava il contratto di servizio tra il Comune e la Segen, tra l’altro già comunicato nel 2013, nel 2014 e nel 2015 senza però aver avuto un riscontro. Tra l’altro la segnalazione del 2014 era indirizzata alla Segen.
Si susseguirono le false rassicurazioni dei dirigenti Segen sulla sussistenza di un regolare contratto, ovviamente inesistente, e un fitto scambio di pareri legali tra il segretario comunale e uno studio legale associato chiamato dalla Segen per avvalorare la propria posizione.
Da una parte il segretario dichiarava che l’insussistenza del contratto rendeva nulli e pertanto improduttivi di effetti giuridici e insuscettibili di sanatoria ogni prestazione svolta e che quindi il Comune non aveva alcun obbligo di pagamento verso l’appaltatore se non nei limiti dell’arricchimento senza causa, prevista dall’art 2041 c.c., ovvero nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dal “privato” escluso l’utile d’impresa corrisposto come danno alla concorrenza (Cass. civ. Sez. I, 10.05.2017 n. 11446 e C.d.C. Lombardia Delib. n. 380 del 22.12.2014). Dichiarava inoltre che l’utile d’impresa è quantificabile in una percentuale del valore dell’appalto, il 10% o il 5% a seconda che si tratti di un appalto di lavori o di forniture di beni e servizi, ma che il nuovo D.Lgs. 50/2016 in sede di disciplina del recesso della P.A. dai contratti pubblici estendeva l’indennizzo al 10% anche nell’ipotesi di appalti di forniture e di servizi opzione confermata anche in numerose sentenze di Cassazione (sentenze nn. 1116, 871 e 535 del 2014 e 27 del 2015). Inoltre in assenza di contratto non maturavano interessi moratori su quanto dovuto per le prestazioni rese (Cass. n. 5263 del 17.03.2015).
Dall’altra uno studio legale che produce un parere basato sostanzialmente sull’art. 3 dell’originale convenzione firmata nel 2000 che prevede il tacito rinnovo automatico annuale che ovviamente è stato disatteso costantemente dalla giurisprudenza in quanto dichiarato illegittimo.
Alle nuove repliche del segretario comunale, lo studio legale si dissolve, mentre continua imperterrito il presidententissimo della Segen a disconoscere la tesi del segretario sottolineando che anche in assenza di contratto era palese la volontà da parte dell’amministrazione di proseguire il servizio in “buona fede” e pertanto le pretese del Comune erano infondate. Affermerà di essere sorpreso dai rilievi mossi dal comune sull’assenza di contratto visto che dal 2012 il Comune non aveva mai sollevato il problema e che neanche in occasione dei vari consigli di amministrazione che si sono susseguiti (peccato però che la nota 1280 del 2014 lo smentisce in pieno visto che l’ufficio tecnico chiede a loro riscontro dell’esistenza di un regolare contratto, ma la sincerità non è da tutti).
Tuttavia concludeva la lettera chiedendo un incontro.
Come in un tavolo da poker
La riunione si svolgerà qualche settimana dopo alla presenza di alcuni sindaci e altri delegati che chiedevano, alquanto seccati al segretario comunale, fiduciosi della posizione del presidententissimo della Segen, di mostrare ognuno le proprie carte.
Svelate le carte si era compreso il bluff del presidentissimo.
A quel punto la priorità era cambiata, era necessario nascondere il problema accontentando nel frattempo l’unico comune che lo aveva sollevato con qualunque accordo.
Era una vittoria su tutta la linea che ben presto si ridimensionerà in maniera incomprensibile.
L’accordo fatto nel 2018 e certificato con la delibera di giunta n.96 del 28.12.2018, fortemente criticato dal sottoscritto tale da portarmi a disertare la seduta (abbastanza rara), dimostra ancora una volta, al di là di ogni ragionevole dubbio, i favoritismi verso la Segen rispetto a tutte le altre imprese e liberi professionisti che hanno avuto a che fare con il comune e che si sono trovati in una situazione simile (non bastava la violazione delle regole di mercato).
La prima differenza riguarda gli interessi moratori. Tutti sanno che gli interessi moratori sono legalmente dovuti trascorsi 30 giorni dalla data della fattura.
Tutte le attività commerciali o imprenditoriali o i liberi professionisti che hanno lavorato per il comune si sono visti liquidare le fatture con 6/8 mesi di ritardo nella migliore delle ipotesi, ma nessuno si è sentito di addebitare gli interessi moratori (che sono superiori all’8%), nonostante alcuni avessero aspettato anche anni per vedere liquidate le proprie fatture che qualora si tramutavano in debiti fuori bilancio, venivano sistematicamente decurtate dell’utile d’impresa senza alcuna eccezione.
Tra le poche società che invece hanno costantemente richiesto interessi sui ritardati pagamenti c’è la Segen che in 7 anni ha richiesto e si è vista riconoscere oltre 45 mila euro di interessi legali (per come si qualificano è un po’ come se un fratello o sorella vi anticipa dei soldi e sistematicamente vi addebita gli interessi per ogni ritardo). Oltre questa la Engie anche se ultimamente ha rinunciato ad alcuni importi (e devo dire di essere stato l’artefice).
Evidentemente il forte legame che il presidentissimo Segen dichiara esistere tra il comune e la Segen è un legame a senso unico, ovvero quando è la Segen in debito verso il Comune si chiede di soprassedere, quando è vero il contrario ovvero il Comune è in debito verso la Segen allora quest’ultima si sente in diritto di pretendere fino all’ultimo centesimo il dovuto, compresi gli interessi e/o si sente libera di denunciare il Comune in tribunale.
Devo dire che ingenuamente mi ero già fatto i conti prevedendo la restituzione ai cittadini di buona parte di questi indebiti pagamenti alla Segen riducendo di conseguenza la tariffa rifiuti che il sottoscritto si era trovato costretto ad aumentare per il semplice fatto che negli anni precedenti mentre i costi della Segen erano saliti di 50 mila euro, le tariffe erano scese di 8 mila euro portando a non coprire integralmente i costi del servizio.
E invece quale è stato l'accordo che proporrà la Segen e che il Comune farà proprio?
Si stornano le fatture che legalmente non hanno ragione giuridica e che quindi non si potrebbero riconoscere nemmeno come debiti fuori bilancio (-2.236,51 €), si cancellano le spese sostenute dalla Segen per il decreto ingiuntivo (-3.406,50 €) e ovviamente vengono eliminati alcuni, ma non tutti, gli interessi che legalmente non avrebbero ragione giuridica (-43.804,16 €).
Il totale quindi cancellato ammonta a -49.447,17 € ma non si tratta di sconti ma di storni di fatture legalmente non pagabili. Sarebbero ciò somme che comunque per legge non si potrebbero pagare. Sarebbe quindi inopportuno definirle sconti ma più opportunamente somme illegittime.
Come ulteriore “sforzo” la Segen riconoscerà un indennizzo del 5% (65.258,63 €) ma limitato alle sole spese di gestione e ad un periodo che va dal 2014 al 2017, dimenticando il periodo che va dal novembre 2010 a tutto il 2013.
Cioè mentre la legge dice che puoi e devi andare indietro fino a novembre 2010 (compreso), il sindaco dice che sono sufficienti gli ultimi 4 anni “abbonando” quindi alla Segen i primi 4 anni.
Per i primi 4 anni non vengono neanche richiesti gli interessi maturati negli anni 2011, 2012 e 2013 che ammontano a 13.529,77 € che sono stati illecitamente incassati dalla Segen.
Un altro piccolo “regalo”.
Ma legalmente quanto doveva corrispondere la Segen al Comune di Balsorano ovvero restituire ai cittadini di Balsorano?
Considerando che il contratto del 2000 copriva fino a ottobre del 2010, si può dichiarare che da novembre 2010 a quasi tutto il 2018 (11 mesi) se si chiedeva alla Segen il rimborso che oggi è riconosciuto anche alle società di servizio, ovvero un utile d’impresa del 10%, il rimborso da parte della Segen sarebbe stato di 330.623,53 €. Anche se si seguisse la precedente interpretazione legislativa che vede l’utile d’impresa ridotto al 5% il rimborso doveva essere di 172.076,65 € e non 65.258,63 € come è stato poi accettato.
Anche con la loro teoria di “favore” relativa al rimborso limitato ai soli costi di gestione, tra l’altro mai riconosciuta prima a nessun soggetto privato in simili situazioni (vedi tutti i debiti fuori bilancio), l’ammontare da rimborsare doveva essere compreso tra i 140.869,12 € (utile al 5%) ovvero nell’ipotesi più favorevole alla Segen ovvero con un utile d’impresa al 10% il rimborso doveva essere di 268.208,47 €.
Quindi nella peggiore delle ipotesi per il Comune il rimborso doveva ammontare a 140.869,12 € mentre il sindaco si accontenta di ricevere un rimborso di 65.258,63 € pari a meno della metà del minimo (46%) ovvero di quanto legalmente previsto dalla normativa come minimo rimborsabile che comunque doveva essere di 172.076,65 €.
Ovviamente non dovete tener presente che “ufficialmente” gli utili d’impresa della Segen ammontano in media a 6 mila € annui visto che sono “palesemente ritoccati”, e non è una novità, anche tenendo in considerazione la loro stessa ammissione che ai cittadini di Balsorano il servizio è costato 50 mila euro più del dovuto che è pari al 12% dell’importo versato tale da giustificare il rimborso del 10%.
È importante però capire che quel 5% o 10% che dir si voglia è un risarcimento per il danno alla concorrenza generato da un affidamento illegittimo. Cioè è un rimborso dovuto all’illecito affidamento che ha portato a violare le regole della libera concorrenza che ovviamente ha legittimato alla Segen i 50 mila euro che i cittadini hanno inconsapevolmente pagato per un servizio base.
È la stessa cosa che succede quando il Comune riconosce i debiti fuori bilancio a quelle imprese o liberi professionisti che hanno lavorato senza regolare impegno di spesa o senza contratto, crediti che sono stati ridotti decurtando l’utile d’impresa e a nessuna impresa o libero professionista è stato riservato il trattamento di favore fatto alla Segen (riduzione del numero delle fatture coinvolte e delle sole spese di gestione).
Basti pensare che negli ultimi anni sono stati riconosciuti di 294.470,15 € di debiti fuori bilancio (56.686,61 € – 2016, 83.241,60 € – 2017, 67.177,07 – 2018 e 87.364,87 – 2019) ma a tutti è stato sottratto l’utile d’impresa senza sconti, per non considerare tutte quelle imprese alle quali è stato riconosciuto solo una parte o che hanno visto azzerare le proprie pretese.
Quindi se i debiti fanno riferimento a qualsiasi attività commerciale o imprenditoriale in caso di illegittimi affidamenti per legge si applica la decurtazione integrale dell’utile d’impresa e si chiede l’azzeramento dei legittimi interessi moratori spettanti e delle eventuali spese sostenute.
Tuttavia quando si è trattato di fare la stessa cosa con la Segen, si sono ridotte le pretese applicando uno “sconto” del 54% pari ad un importo minimo di 75.610,49 ovvero uno sconto pari al 76% pari ad un importo di 202.949,84 € nell’ipotesi degli utili al 10% pur tenendo in considerazione le sole spese di gestione come “richiesto” dalla stessa Segen e non considerando l’importo complessivo delle fatture che corrisponde per la Segen ad uno sconto del 62% pari a 106.818,02 € fino ad arrivare all’80% pari a 265.364,9 € a seconda della percentuale dell’utile d’impresa.
E non fatevi ingannare sulla natura della Segen che di pubblico ha ben poco e ha lavorato e lavora consapevolmente violando i principi di concorrenza e del libero mercato.
Conclusioni
Quello che vi ho raccontato dimostra la disparità di trattamento e concorrenza di cui ha goduto e gode la Segen in accordo con il Comune. Quest’ultimo quando ha dovuto scegliere tra i diritti dei cittadini e quelli della Segen, ha scelto sempre e senza batter ciglio la Segen. E pensare che per qualcuno i buoni sono loro e il cattivo sarei io.
Quindi riassumendo dopo aver ammesso in più occasioni di aver fatto spendere ai cittadini di Balsorano 50 mila euro in più ogni anno, nel momento in cui si potevano recuperare una parte di questi “maltolti”, qualcuno ha deciso di agevolarli accettando ingiustamente un rimborso striminzito pari a 65.258,63 €, tra l’altro passato come l’ennesimo grande successo, visto che legalmente spettavano come minimo 140.869,12 € ma con buone possibilità si potevano ottenere tra i 172.076,65 e i 330.623,53 € in una situazione che vedeva la Segen esporre bandiera bianca e i Sindaci e i loro delegati aperti a qualsiasi rimborso pur di “nascondere” il problema.
Spero di aver svelato il lato oscuro della Segen, lo stesso lato che oggi ha attirato i miei ex colleghi, sicuramente spinti da altre intenzioni che dovrebbero, quanto meno, dichiarare pubblicamente.
Articolo scritto e pubblicato da Giuseppe Pea in data 11.08.2020 alle ore 7:00
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