Dopo le ultime sentenze, la “truffa” dell’autovelox continuerà?

Di 20 Aprile, 2024 0 0
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Ho partecipato come delegato a due udienze davanti al Giudice di Pace per il “truffaldino” autovelox. Dalla prima Sentenza del Giudice di Pace di Avezzano, la 345/2021 del 16/11/2021 (oggi ancora pendente al Tribunale di Avezzano visto il ricorso fatto dal Comune di Balsorano), all’ultima, la 166/2024 del 13/04/2024, che ha avuto lo stesso identico esito, ma che sono state intramezzate da numerose altre di pari tenore emesse da atri Giudici, sono trascorsi qualcosa come 878 giorni, ovvero 2 anni, 4 mesi e 28 giorni, periodo che ha visto sostanzialmente il servizio “truffaldino” continuare a mietere vittime e ad arricchire le società che noleggiano l’autovelox (…..).

La prima sentenza assorbiva i numerosi motivi di opposizione in quanto l’autovelox era stato dichiarato illegittimo sia per mancanza del decreto prefettizio, sia per aver rilevato l’infrazione sul lato opposto senza aver apposto la segnalazione mobile. Il secondo ricorso, che ha assorbito gli altri 3 motivi (uno dei quali era la segnaletica già trattata nella sentenza 345/2021), dichiarava nuovamente l’autovelox illegittimo, in quanto utilizzato su una strada extraurbana secondaria senza l’autorizzazione prefettizia.

In un comune “normale”, l’illegittimità nell’utilizzo dell’autovelox per sanzionare gli automobilisti in quel particolare tratto e con quelle modalità, avrebbe dovuto desistere chiunque a proseguire con un atto palesemente e giuridicamente “illegittimo” perché contra legem. E invece, forti anche di un Vice Prefetto, un tale di nome Izzi (colui che non si è nemmeno presentato in udienza forse vergognandosi di aver prodotto un atto palesemente infondato, con errori logici e di ricostruzione dei fatti che dimostrano un istruttoria negligente se non addirittura volutamente parziale), che nonostante conosca bene queste ed altre sentenze simili a quelle citate e soprattuto essere al corrente dell’inesistenza del decreto prefettizio, sono andati avanti a “truffare” gli automobilisti, anche coloro che non sono riusciti a scendere al di sotto dei 75 km/h percorrendo un rettilineo lungo qualcosa come 1,2 km.

Ma se non bastavano i Giudici di Pace, sembra aver messo la parola fine anche la Cassazione che ha discusso uno degli altri motivi di ricorso non trattato in quanto assorbito nel primo motivo (mancanza decreto prefettizio), ovvero la mancata omologazione dell’autovelox che rende illegittimo il suo utilizzo. Se la matematica non è un’opinione l’illegittimità è stata dichiarata non una, ma 3 volte.

Ebbene, secondo la Cassazione, sentenza 10505/2024 depositata l’altro ieri (18/04/2024), non sono valide le multe per eccesso di velocità se l’apparecchio di rilevamento non è “omologato”, ma solo “approvato”.

La norma di riferimento, sottolinea la Cassazione, è l’articolo 142, comma 6 del C.d.s., il quale esplicitamente prevede che le apparecchiature di rilevamento devono essere “debitamente omologate”. Dello stesso tenore il comma 1.

Il problema sta nel fatto che le apparecchiature risultano “approvate”, non omologate.

Il Ministero delle Infrastrutture con l’ultima circolare, la n. 8176/2020 giustifica la mancanza di omologazione con il fatto che “la terminologia usata dal legislatore porta inequivocabilmente a sostenere la totale equivalenza delle procedure di approvazione e di omologazione” e a supporto di questa tesi cita l’art. 192 del regolamento di esecuzione dove al comma 1 dichiara che la frase ivi contenuta “ogni volta che nel codice e nel presente regolamento è prevista la omologazione o la approvazione …”, sottendente la perfetta equivalenza dei due termini, motivo per il quale anche se è ad oggi impossibile ottenere omologazioni per gli autovelox, mancandone i decreti attuativi, sono sempre stati usati apparecchi solo “approvati”.

Ora la sentenza della Cassazione, riprendendo anche le precedenti, mette la parola fine partendo dalla gerarchia delle fonti (stessa ricostruzione fatta egregiamente da alcuni Giudici di Pace di Milano): se la norma di legge primaria prescrive l’omologazione, eventuali fonti subordinate (regolamento o, ancora meno rilevanti, circolari o pareri) non possono di fatto autorizzare alcuna deroga.

E a mettere ulteriormente la parola fine vi è che il Ddl di riforma del codice della strada, che prevedeva una moratoria equiparando per legge l’approvazione all’omologazione, norma che è stata eliminata dal testo durante il passaggio alla Camera.

Quindi la domanda è … senza decreto prefettizio, senza segnaletica aggiuntiva, senza la possibilità di sanzionare i veicoli che percorrono l’altro lato senso di marcia e senza l’utilizzo di un autovelox omologato, la truffa continuerà?

Se ovviamente la decisione fosse quella di continuare, non ci sarà altra spiegazione se non che l’autovelox in questione è, ed era, sostanzialmente una truffa ben organizzata, alla quale la Prefettura evidentemente partecipa di buon grado.

Comunque in attesa di capire come si evolverà la questione, ho aggiornato tutto il ricorso composto da 51 pagine, che trovate qui, utile anche solo per prendere spunti e riporto di seguito i tratti principali delle sentenze sopra citate.

Articolo scritto e pubblicato da Giuseppe Pea in data 20.04.2024 alle ore 07:00

Sentenza n. 166 del 13.04.2024, Giudice Avv. Gabriele Di Girolamo Nel merito va rilevato che il ricorrente, tra le varie doglianze … ha posto a fondamento del proprio ricorso la mancata produzione del decreto prefettizio che indica i tratti di strada su cui è possibile accertare la velocità con apparecchi mobili con conseguente contestazione differita.

Sotto tale profilo, infatti, va rilevato che l’art. 4 L 168/2022 stabilisce che per le rilevazioni di eccesso di velocità sulle strade extraurbane, salvo le autostrade e le strade extraurbane principali, è necessaria l’autorizzazione del Prefetto.

La giurisprudenza di legittimità ha più volte precisato che la mancata indicazione nel verbale del decreto prefettizio in cui si indica il tratto di strada su cui è ammissibile la rilevazione a distanza della velocità con conseguente impossibilità di effettuare la contestazione immediata, integra un vizio di motivazione del provvedimento sanzionatorio che, pregiudicando il diritto di difesa, non è rimediabile in sede di opposizione, per cui, allorquando, la contestazione è differita, come nella fattispecie, nel verbale deve indicarsi gli estremi del decreto prefettizio (cfr. Cass. 13/01/2015 n. 331; Cass. 20/12/2016 n. 26441; Cass. 27/10/2020 n. 23551; Cass. 19/01/2021 n. 776; Cass. 26/04/2021 n. 10918; Cass. 28/03/2023 n. 8690; Cass. 26/07/2027 n. 22627). La stessa giurisprudenza di legittimità ha precisato che l’accertamento della velocità sulle sole strade di natura urbana non necessita di decreto prefettizio (cfr. Cass. 09/06/2022 n. 18560).

Va, inoltre, evidenziato che l’emanazione del decreto prefettizio è previsto anche dall’art. 201 c. 1 quater C.d.S., secondo cui “Tali strumenti devono essere gestiti direttamente dagli organi di polizia stradale e fuori dai centri abitati (come nella fattispecie n.d.r.) possono essere installati ed utilizzati solo sui tratti di strada individuati dai prefetti ….”. Ne consegue che è la legge che prevede l’emanazione del decreto prefettizio al fine dell’accertamento della velocità su tratti di strada extraurbana secondaria ed urbane a scorrimento, indicate dall’art. 2 c.3 lett C) C.d.S..

La S.S. 690 su cui è stata rilevata la velocità de qua ha natura di strada extraurbana secondaria, infatti l’art. 2 c. 3 lett. C) C.d.S. definisce la strada extraurbana secondaria “la strada ad una carreggiata con almeno una corsia per senso di marcia e banchine”; pertanto, l’emanazione del decreto prefettizio autorizzativo sul tratto di strada su cui è stata accertata la violazione è necessaria ex lege per la legittimità del rilevamento elettronico di velocità.

La circostanza che l’apparecchio autovelox utilizzato per l’accertamento della velocità si stato sotto il diretto controllo dell’agente accertatore, dispensa quest’ultimo, ex art. 201 c. 1 bis C.d.S., dall’onere della contestazione immediata, non sanando la mancata emanazione del decreto prefettizio, con conseguente illegittimità dell’accertamento.

Va evidenziato, tuttavia, che la mancata emanazione del decreto prefettizio determina, come nel caso in esame, da un lato il necessario annullamento del verbale, così come da motivazioni ut supra illustrate.

Va rilevato, altresì che la mancata emanazione del citato decreto prefettizio causa dei mancati introiti agli enti territoriali …”

Sentenza 345 del 16.11.2021, Giudice Avv. Gabriele Di Girolamo, “… Sotto il primo profilo va rilevato che l’art. 4 D.L. 121/2002 convertito con L. 168/2002 ed ancora in vigore precisa che sulle autostrade e strade extraurbane di cui all’art. 2 c.2 lett. A) e B) C.d.s. gli organi di polizia stradale possono utilizzare o installare dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico, di cui viene data informazione agli automobilisti, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme di comportamento di cui agli artt. 142 e 148 C.d.s.. La norma, attraverso successive modifiche, ha sancito che i predetti dispositivi o mezzi tecnici di controllo possono essere installati o utilizzati anche sulle restanti tipologie di strade, ovvero su singoli tratti di esse, purché questi siano indicato con decreto prefettizio.

Sotto tale aspetto va evidenziato che l’accertamento è avvenuto sulla S.S. 690 che, ai sensi dell’art. 2 C.d.s., ha natura di strada extraurbana secondaria di categoria C, per cui rientra nell’ambito delle strade cui necessita, ai fini dell’installazione e/o dell’utilizzo di apparecchi autovelox, l’emanazione del decreto prefettizio, in cui vengono indicati i tratti di strada su cui è possibile installare o utilizzare gli apparecchi finalizzati all’accertamento della velocità.

Il Prefetto di L’Aquila con proprio provvedimento del 24/11/2018 ha revocato i propri precedenti decreti relativi all’indicazione del chilometraggio delle strade extraurbane secondare su cui utilizzare gli strumenti elettronici per misurare la velocità delle auto, nello stesso provvedimento il Prefetto dava atto dell’avvenuta costituzione di una commissione finalizzata alla individuazione di un più puntuale ed attuale elenco di strade soggette al controllo a mezzo apparecchiature per il rilevamento della velocità. Allo stato attuale non si riscontra l’esistenza di alcun decreto prefettizio. Va, inoltre, evidenziato che l’emanazione del decreto prefettizio è previsto dall’art. 201 c.1 quater C.d.s.

Allo stato attuale non risulta emanato alcun provvedimento prefettizio che individui l’elenco aggiornato delle strade extraurbane secondare o tratti di esse su cui è possibile posizionare apparecchiature di controllo elettronico della velocità; ne discende che la mancata emanazione del suddetto provvedimento prefettizio ha creato un vulnus che non permette il posizionamento di apparecchi di controllo di velocità sulla SS 690.

L’indicazione da parte del Prefetto di indicare i tratti di strada su cui poter rilevare la velocità con apparecchi autovelox, quindi, è un obbligo derivante dalla legge e non una prerogativa dell’autorità amministrativa.

Peraltro anche la Direttiva Minniti fa un richiamo espresso alla suddetta normativa, precisando che qualora le strade extraurbane, siano esse principali o secondare, attraversino centri abitati, assumono automaticamente la classificazione di strada urbana, per cui non è consentita l’installazione di sistemi di rilevamento a distanza, salvo assumano natura di strade urbane di scorrimento, come nel caso in esame, previa individuazione puntuale da parte del Prefetto del tratto di strada ai sensi dell’art. 4 c. 2 D.L. 20/06/2002 n. 121 convertito con L. 01/08/2002 n. 168.

La giurisprudenza di legittimità ha precisato che la mancata indicazione nel verbale del decreto prefettizio in cui si indica il tratto di strada su cui è stata rilevata l’infrazione, integra un vizio di motivazione del provvedimento sanzionatorio che, pregiudicando il diritto di difesa, non è rimediabile in sede di opposizione. Pertanto il decreto prefettizio assume natura di condizione di legittimità finalizzato ad utilizzare apparecchi di rilevamento della velocità (cfr. Cass. 12/10/2010 n. 21091, Cass. 13/01/2015 n. 331; Cass. 20/12/2016 n. 26441). Ne caso che ci occupa, non si evince alcun riferimento del suddetto decreto prefettizio, né lo si rileva dalla documentazione prodotta dal comune convenuto.

Altra doglianza di rilievo è relativa all’accertamento della velocità avvenuto sulla parte opposta della carreggiata rispetto al senso di marcia dell’auto condotta dal ricorrente. Sotto tale aspetto va evidenziato che la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che, salvo ipotesi di autorizzazione nel decreto prefettizio, la rilevazione della velocità dei veicoli provenienti nel senso di marcia opposto a quello ove esiste il rilevatore non risulta legittima perché lo strumento di rilevazione non sarebbe stato adeguatamente segnalato attraverso l’apposizione della segnaletica mobile (cfr. Cass. 22/11/2018 n. 30323)”.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.10505 del 18/03/2024 “Premesso che è pacifico che l’apparecchio autovelox utilizzato per l’accertamento a carico del ….. non era omologato, la questione diritto sottoposta all’attenzione del Collegio consiste nello stabilire se possa ritenersi, sul piano giuridico, equipollente all’omologazione la sola preventiva approvazione dell’apparecchio (procedimento al quale, invece, lo stesso strumento elettronico era stato – altrettanto incontestatamente – sottoposto nel caso in discorso).

Per affrontare adeguatamente la specifica tematica che viene in rilievo in questa sede è necessario porre, imprescindibilmente, riferimento alle norme legislative di ordine primario (prevalenti su quelle secondarie e di carattere regolamentare-amministrativo), e, sulla base delle stesse, partire da due argomentazioni indiscutibili:

  • la prima è che il complementare ed esplicito art. 192 del regolamento di esecuzione del c.d.s. (d.P.R. n. 495/1992)
  • il quale disciplina i “controlli ed omologazioni” (in attuazione della norma programmatica di cui all’art. 45, comma 6, c.d.s) – contempla distinte attività e funzioni dei procedimenti di approvazione e di omologazione (donde la differenza dei conseguenti effetti agli stessi riconducibili).

Infatti, il secondo comma stabilisce che:
L’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale del Ministero dei lavori pubblici accerta, anche mediante prove, e avvalendosi, quando ritenuto necessario, del parare del Consiglio superiore dei lavori pubblici, la rispondenza e la efficacia dell’oggetto di cui si richiede l’omologazione alle prescrizioni stabilite dal presente regolamento, e ne omologa il prototipo quando gli accertamenti abbiano dato esito favorevole (…).

Già da questa disposizione si evince che il procedimento di approvazione costituisce un passaggio propedeutico (ma comunque dotato di propria autonomia) al fine di procedere all’omologazione (costituente, perciò, frutto di un’attività distinta e consequenziale) dell’apparecchio di rilevazione elettronica della velocità.

Il terzo comma dello stesso articolo sancisce che.
Quando trattasi di richiesta relativa ad elementi per i quali il presente regolamento non stabilisce le caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni, il Ministero dei lavori pubblici approva il prototipo seguendo, per quanto possibile, la procedura prevista dal comma 2.

Il comma settimo del medesimo articolo prevede, poi, che:
Su ogni elemento conforme al prototipo omologato o approvato deve essere riportato il numero e la data del decreto ministeriale di omologazione o di approvazione ed il nome del fabbricante.

È, quindi, condivisibile la motivazione della sentenza impugnata che ha operato la distinzione tra i due procedimenti di approvazione e omologazione del prototipo, siccome aventi caratteristiche, natura e finalità diverse, poiché l’omologazione ministeriale autorizza la riproduzione in serie di un apparecchio testato in laboratorio, con attribuzione della competenza al Ministero per lo sviluppo economico, nel mentre l’approvazione consiste in un procedimento che non richiede la comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali o con particolari prescrizioni previste dal regolamento.

L’omologazione, quindi, consiste in una procedura che – pur essendo amministrativa (come l’approvazione) – ha anche natura necessariamente tecnica e tale specifica connotazione risulta finalizzata a garantire la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento elettronico da utilizzare per l’attività di accertamento da parte del pubblico ufficiale legittimato, requisito, questo, che costituisce l’indispensabile condizione per la legittimità dell’accertamento stesso, a cui pone riguardo la norma generale di cui al comma 6 dell’art. 142 c.d.s (funzionalità che, peraltro, a fronte di contestazione del contravventore, deve essere comprovata dalla P.A. dalla quale dipende l’organo accertatore, secondo l’omari univoca giurisprudenza di questa Corte; cfr da ultimo, Cass. N. 14597/2021).

Oltretutto, anche recentemente, è stato precisato che in caso di contestazioni circa l’affidabilità dell’apparecchio di misurazione della velocità, il giudice è tenuto ad accertare se tali verifiche siano state o meno effettuate, puntualizzandosi -si badi – che detta prova non può essere fornita con mezzi diversi dalle certificazioni di omologazione e conformità né la prova dell’esecuzione delle verifiche sulla funzionalità e sulla stessa affidabilità dello strumento di rilevazione elettronica è ricavabile dal verbale di accertamento (cfr. Cass. N. 3335/2024).

Naturalmente non possono avere un’influenza sul piano interpretativo – a fronte di una chiara ermeneusi basata sulle fonti normative primarie – le circolari ministeriali evocate dal ricorrente, le quali sembrerebbero avallare una possibile equipollenza tra omologazione ed approvazione basata, però, su un approccio che, per l’appunto, non trova supporto nelle suddette fonti primarie e che, in quanto tali, non possono derogate da fonti secondarie o da circolari di carattere amministrativo.

Alla stregua di queste ultime l’art. 142, comma 6, c.d.s. andrebbe “letto in connessione con l’art. 45, comma 6, dello stesso c.d.s., ove si pone riferimento esplicito ai mezzi tecnici atti all’accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni, per i quali è prevista la procedura dell’approvazione ovvero dell’omologazione, secondo le modalità indicate dall’art. 192 del regolamento di esecuzione e attuazione”.

Senonché, è evidente che il citato art. 45, comma 6, c.d.s. – per quanto già posto in risalto in precedenza – non opera alcuna equiparazione tra approvazione e omologazione. Al contrario, esso distingue nettamente i due termini, da ritenersi perciò differenti sul piano formale e sostanziale, giacché intende riferirsi a tutti i “mezzi tecnici atti all’accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni”, taluni dei quali destinati ad essere necessariamente omologati (quali, per l’appunto, i dispositivi demandati specificamente al controllo della velocità, stante l’inequivocabile precetto 142, comma 6, c.d.s., laddove l’utilizzo dell’espressione “debitamente omologati” impone necessariamente la preventiva sottoposizione del mezzo di rilevamento elettronico a tale procedura e che, solo se assolta, è idonea a costituire “fonte di prova” per il riscontro del superamento dei prescritti limiti di velocità: in claris non fit interpretatio) e altri per i quali è sufficiente la semplice approvazione (perciò, certamente non bastevole, da sola, per far considerare legittimo l’accertamento della velocità veicolare a mezzo autovelox).

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