Ho voluto scrivere un articolo a parte ricostruendo quelli che sono stati i verbali e gli emolumenti elargiti all’Amministratore Unico della Segen Holding, precedentemente elargiti in qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione della Segen Spa.
Premessa
I documenti sono stati resi pubblici solo dopo richiesta scritta a seguito della denuncia nei miei confronti da parte dello stesso soggetto, con una risposta alquanto stizzosa dello stesso.
La risposta afferma che i documenti erano stati pubblicati (a partire dal 2023 ovviamente come si dimostra dalla cache di google) sul sito web della Segen Holding S.r.l., nella sezione https://www.segenholding.it/amministrazione-trasparente/organizzazione/organi-di-indirizzo-politico-amministrativo/ e sulla stessa pagina si trovano allegati 3 verbali,
- verbale n.2 di Assemblea Ordinaria del 27 aprile 2018;
- verbale n.2 di Assemblea Ordinaria del 11 giugno 2021 nomina amministratore;
- verbale n.4 di Assemblea ordinaria del 29.04.2024 nomina A.U..
Anche le altre due società aggiorneranno i relativi contenuti:
- Segen S.p.A.
- verbale Assemblea n.4 25.03.2011-Rinnovo organi sociali;
- verbale n.3 assemblea dei soci del 28.04.2014;
- verbale n.2 di Assemblea ordinaria del 27.01.2017;
- verbale n.2 di Assemblea Ordinaria del 26 giugno 2020;
- Verbale n.2 di Assemblea Ordinaria del 28 aprile 2023,
- AST
- verbale n.4 di Assemblea Ordinaria del 18 giugno 2019 nomina amministratore;
- verbale n.4 di Assemblea Ordinaria del 22 aprile 2022 nomina amministratore,
Prendendo con certezza che non sussistono altri verbali, vista richiesta e obbligo normativo, il combinato disposto degli artt. 11, comma 7, T.U.S.P. e 4, comma 4, secondo periodo, del D.L. n. 95/2012 dispone: “A decorrere dal 1º gennaio 2015, il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori di tali società, ivi compresa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, non può superare l’80 per cento del costo complessivamente sostenuto nell’anno 2013”.
Seguendo quindi i principi assunti dalla Corte dei Conti con la deliberazione 298/2024/PAR, con la quale “invitava” il CAM al recupero delle somme in eccesso rispetto a quelle previste dall’art. 4 c.4 D.L. 95/2012 con decorrenza dal 2016, emerge che, nel regime transitorio, il soggetto sul quale calcolare il limite è la società che da l’incarico di amministratore o meglio la società che infatti:
- va determinato preventivamente il costo complessivamente sostenuto nel 2013. Per costo sostenuto deve considerarsi il componente negativo di reddito risultante dal conto economico del bilancio di esercizio 2013 (manifestazione economica) nonché l’effettiva corresponsione del compenso (manifestazione numeraria). La cosa altrettanto curiosa è che il 20 dicembre 2013, poco prima della scadenza dell’anno preso a riferimento per il tetto da applicare nel 2015, all’A.U. della Segen vengono riconosciuti qualcosa come 5.471,41 euro di rimborso per “Viaggi di servizio e missioni”, cifra assolutamente sproporzionata visto che siamo nell’ordine di poche centinaia di euro, probabilmente un tentativo maldestro per alzare il compenso del 2013 sul quale poi applicare il tetto dell’80%;
- va assunto il valore per il compenso determinato dall’assemblea dei soci. Tale valore è “omnicomprensivo”. L’orientamento della Corte fa riferimento a ogni voce di compenso (remunerazione per la carica sia esso fisso o variabile nella misura in cui può essere determinato un compenso di risultato). L’accezione pubblicistica induce a ritenere che esso equivalga al “limite di spesa” sostenibile e quindi debba contenere anche oneri impliciti (al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario ecc.) la cui somma non potrà superare detto limite.
- determinato tale valore “complessivo” va confrontato con il costo per il compenso dell’amministratore deliberato dall’assemblea dei soci;
- il compenso così determinato andrebbe comunque immediatamente corretto qualora risulti non compatibile con i parametri fissati dal decreto ministeriale di cui all’art. 11, comma 6, d.lgs. 175/2016.
Ora è fuori di dubbio che questo tetto sia stato sforato.
Potrei ipotizzare 3 scenari, pur nella consapevolezza che il tetto andrebbe calcolato al lordo di tutti gli oneri, ma si tende a sottostimarlo:
- l’ipotesi più favorevole all’A.U. ma meno probabile, prevede il limite calcolato nel monte complessivo del 2013, ovvero l’80% di 36.000,00 euro, quindi 28.800,00 euro, sforato però nel 2015 e nel 2016, e in considerazione del fatto che l’assemblea abbia voluto ridurre solo il compenso del presidente, è chiaro che il limite debba essere rispettato riducendo il suo compenso e pertanto il rimborso dovrebbe essere a carico esclusivamente del Presidente e pari a 6.592,00 euro, oltre rivalutazione monetaria;
- se il tetto è agganciato alla compenso del 2013, ipotesi più realistica anche perché i successivi rinnovi in holding richiamano sempre i precedenti, allora al cambio di società, che inevitabilmente comporta il “reset” del tetto, quest’ultimo debba essere agganciato ad un nuovo tetto. Considerando che nell’ultimo rinnovo prima del passaggio dalla Spa alla Holding era previsto che il compenso sia della “stessa misura del precedente Presidente del Consiglio di Amministrazione”, riferito al precedente incarico triennale ovviamente, vuol dire che il nuovo limite era 24.095,88 euro. In fondo anche le varie deliberazioni della Corte dei Conti hanno sempre ribadito che in assenza di parametro di riferimento il tetto corrisponde “all’onere sostenuto nell’ultimo esercizio di una delle società collegate nel quale risulti presente un esborso a tale titolo”, ovvero 24.095,88 euro. Calcoli alla mano l’attuale Amministratore Unico e precedente Presidente del Consiglio di Amministrazione dovrebbe restituire 6.592,00 euro per il biennio 2015-2017, e 3.296,00 euro dal 2019 al 2024 ovvero ulteriori 23.220,67 euro, per un rimborso complessivo pari a 29.812,67 euro, oltre rivalutazione monetaria;
- ma se prendiamo alla lettera i contenuti dei verbali pubblicati (non esistono altri visto un regolare accesso civico fatto nell’ottobre 2023 nel quale chiedevo verbali di nomina e compenso), il compenso doveva essere fino all’approvazione del bilancio 2019 (giugno 2020) a carico della Segen S.p.A.. In occasione del rinnovo si dichiarava che era compensato dalla Holding. Tuttavia l’atto di nomina in vigore nel 2021 con la Holding stabiliva il medesimo compenso della precedente nomina “che il compenso dell’Amministratore Unico sia previsto nella stessa misura dell’incarico precedente, e comunque, secondo le previsioni di legge”, ovvero era quello del 27.04.2018 il quale non prevedeva alcun compenso, in quanto “è già amministratore della Segen S.p.A.“, diverso dal dire “è già compensato dalla Segen S.p.A”. Quindi in considerazione del fatto che la nomina relativa al triennio successivo, 2024-2027 prevede come compenso la “stessa misura incarico precedente in Segen Holding”, che era nullo, così che anche i compensi per gli incarichi 2020-2024 (e successivi) dovrebbero essere nulli, il totale da restituire sarebbe quindi 6.592,00 euro per il biennio 2015-2017, e 28 mila euro per ognuno degli anni dal 2020 al 2024, pari a 144.554,67 euro oltre rivalutazione monetaria;
Dubito che qualche amministratore si attivi per verificare ciò ed eventualmente a recuperare tali somme nonostante sia un obbligo di legge.
Ah dimenticavo. Così come i compensi dei dipendenti pubblici sono composti da quote fisse e variabili, quest’ultima legata ai risultati raggiunti, che nel complesso hanno anche qui un tetto (2016) che è ugualmente soggetto a violazioni, aggiungo che per gli amministratori unici una quota del compenso deve essere determinata in misura variabile, non inferiore al 30% della parte fissa. La parte variabile deve essere commisurata al raggiungimento di obiettivi di performance, predeterminabili e “misurabili e collegabili alla creazione di valore per i soci ed al conseguimento di risultati positivi di gestione”, premialità che non è mai istituita ma totalmente liquidata in tutti gli anni.
Ah, dimenticavo bis. A questo si aggiunge che le nomine del Presidente prima e dell’Amministratore Unico dopo, nonostante sia sempre lo stesso soggetto, Capone, hanno violato il limite previsto dall’art. 2383 Codice Civile “Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a tre esercizi“, visto che in alcuni casi, abbia raggiunto il ragguardevole traguardo del 10° mandato consecutivo. Un’oligarca sostanzialmente.
Ah dimenticavo tris. La società che attualmente elargisce l’intero compenso dell’A.U., la Segen Holding, nonostante gli atti di nomina prevedono un compenso nullo, è la stessa alla quale abbiamo aderito nel 2014 nonostante il continuo parere negativo del revisore dei conti in carica nel 2014, revisione che aveva reso “parere SFAVOREVOLE alla partecipazione alla costituenda Holding in forma di SRL”, in quanto“costatato che la documentazione allegata a corredo è di scarsissimo pregio, limitandosi a mere enunciazioni di principio … reputando non essenziale, efficiente ed economicamente vantaggioso effettuare ulteriori investimenti in società partecipate, alla luce dell’orientamento prevalente della Corte dei conti e dell’evoluzione normativa; posto in ogni caso i servizi offerti dalle stesse possono essere acquisiti anche senza una compartecipazione societaria”. Parere ovviamente cestinato per ovvie ragioni opportunistiche di alcuni.
Nota a termine. Gli incarichi hanno durata triennale ma iniziato e finiscono con l’approvazione del bilancio consuntivo.
Articolo scritto e pubblicato da Giuseppe Pea il 15.11.2024
Nota a pie di pagina per chi chi vuole approfondire, allego estratti degli ultimi pareri sostanzialmente univoci di varie Corte dei Conti:
- Abruzzo con la Deliberazione n. 298/2024/PAR “Detto limite non può ritenersi superabile nemmeno in ipotesi di riorganizzazione dell’assetto societario o di individuazione di nuovi e ulteriori compiti che gravino in modo più incisivo sugli amministratori; cfr. sul punto da ultimo la deliberazione n. 19/2024/PAR della Sezione regionale di controllo per la Lombardia che ha riaffermato il principio secondo il quale: “l’art. 4, comma 4, del d.l. n. 95 del 2012, stante la sua natura di principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, non può essere derogato neanche nel caso in cui alle società in questione vengano attribuiti nuovi compiti o esse siano investite da un processo di riorganizzazione, né in considerazione dei nuovi e maggiori incarichi assunti dagli amministratori, della complessità delle funzioni svolte e della relativa assunzione di responsabilità da questi assunte. […] La menzionata disposizione, infatti, inserita nella normativa della “spending review”, e preordinata all’ottenimento del più ampio risparmio possibile di pubblico denaro a beneficio del bilancio dell’ente e della cosiddetta finanza pubblica allargata, ha introdotto un vincolo tassativo” (cfr. anche delibb. n. 222/2023/PAR Sez. Veneto e n. 124/2022/PAR Sez. Sardegna).”
- Puglia con la deliberazione 62/2024/PAR “l’art. 4, comma 4, del D.L. n. 95/2012 e l’art. 11, comma 6, T.U.S.P. costituiscono espressione del generale principio di onnicomprensività del trattamento economico riconoscibile dell’amministratore societario: difatti, la prima disposizione utilizza la locuzione di “costo complessivamente sostenuto” dalla società nell’anno 2013; la seconda disposizione, invece, fa riferimento al “trattamento economico annuo onnicomprensivo” […] “fermo restando che il compenso massimo non può, in ogni caso, superare il limite di “euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni o da altre società a controllo pubblico”, ai fini della definizione dei compensi dell’organo amministrativo rilevano le seguenti componenti: a) i compensi, ivi compresa la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche, al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario; b) gli eventuali emolumenti variabili, quali, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, i gettoni di presenza ovvero gli emolumenti legati alla performance aziendale, al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario; c) gli eventuali rimborsi spese, determinati in misura forfettaria, che assumono – anche in ragione della continuità dell’erogazione – carattere retributivo, al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario.” […] “il costo a carico della società controllata per la remunerazione del proprio organo amministrativo rappresenta un costo a carico della finanza pubblica, per il cui contenimento il legislatore ha introdotto un limite massimo di spesa: tale limite, per essere realmente rispettato – in ossequio alla ratio sottesa alla previsione della disciplina de qua – deve comprendere nel suo computo ogni voce di spesa a carico del bilancio della società e, conseguentemente, del bilancio consolidato con quello dell’ente pubblico socio. Dunque, sia il limite di spesa di riferimento, sia il costo da sostenere annualmente per l’organo amministrativo, devono essere considerati in modo complessivo, come un unico saldo composto da diverse sotto voci di costo (retributive, fiscali, previdenziali, assistenziali, ecc.).” […] “Ne deriva che tutte le voci di spesa (fisse, variabili ed eventuali), che concorrono a determinare il trattamento economico complessivo (comprese quelle di natura previdenziale), devono essere attentamente “calibrate” in modo da evitare qualsiasi superamento del limite fissato dal legislatore, inteso come costo complessivo a carico del bilancio della società partecipata.”
- Veneto con la deliberazione 160/2023/PAR “Pertanto, alla luce del quadro normativo e delle coordinate ermeneutiche tracciate dalla giurisprudenza innanzi richiamata, il limite previsto dall’art 4, comma 4, d.l. 95/2012 ha carattere tassativo e, in difetto di espressa previsione di legge, non può, come già sottolineato, essere derogato in conseguenza di un’evoluzione rispetto alla configurazione originaria della società – ovvero in presenza di situazioni nuove e contingenti come, ad esempio, le aumentate competenze della società o l’ampliamento della relativa struttura in esito a operazione di aggregazione derivate dalla necessità di dare attuazione a piani di razionalizzazione delle partecipazioni societarie, di implementazione delle attività rientranti nell’oggetto sociale della società, di correlate e accresciute responsabilità manageriali (in termini, anche Sezione regionale di controllo per la Liguria, deliberazione n. 29/2020/PAR. Si richiamano anche: Corte dei conti, SRC Lombardia n. 88/2015/PAR; SRC Emilia – Romagna n. 19/2015/PAR; SRC Abruzzo n. 80/2016/PAR)”
- Liguria con la deliberazione 29/2020/PAR, Sardegna con la deliberazione 20/2018/PAR e Veneto con la deliberazione 31/2018/PAR “La giurisprudenza contabile ha individuato un’unica ipotesi derogatoria al limite dell’art. 4, comma 4, d.l. 95/2012 esclusivamente in caso di assenza di spesa per l’annualità di riferimento, per mancanza del costo-parametro che dovrebbe fungere da limite. In particolare, in assenza di oneri nell’esercizio 2013, in conseguenza della rinuncia al corrispettivo dell’amministratore all’epoca in carica, si è ritenuto necessario “considerare, a ritroso, l’onere sostenuto nell’ultimo esercizio nel quale risulti presente un esborso a tale titolo con l’indefettibile vincolo della “stretta necessarietà” enucleato dalla sopra citata deliberazione n. 1/2017/QMIG”
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