Il Tribunale fallimentare di Avezzano, dopo 16 mesi, ha dato l’ok al concordato preventivo in continuità del CAM S.p.A. (leggi qui l’articolo), il primo passo di un piano di rientro comunque impervio. Entro i prossimi 5 anni gli stupefacenti debiti accumulati dal Consorzio (119 milioni 176 mila euro), verranno riconosciuti per intero solo ai creditori privilegiati (ATO e professionisti) oltreché verso i comuni (anche se si concretizzeranno solo se il piano di rientro verrà rispettato). Tutti gli altri creditori (energetici, banche, imprese e fornitori vari) dovranno accontentarsi di un misero recupero che non sarà del 30% come originariamente dichiarato ma tra il 25 e il 27%.
È però notizia quasi contestuale a quella del tribunale (vedi qui l’articolo) la presentazione da parte della società erogatrice di energia elettrica, Hera, di una bolletta elettrica di 9,6 milioni di euro relativa ad un periodo compreso tra il 2018 e il 2019 che sembra non sia stata inserita nel piano di concordato. Un duro colpo, qualora si confermi la “svista contabile” che rischia di far fallire il piano di rientro in un tempo record.
La speranza, soprattutto per i 103 dipendenti è che il CAM possa uscire da quel pantano, eredità e diretta conseguenza dell’imperizia dei precedenti amministratori, sostanzialmente di nomina politica, compresi quelli che detengono quote minoritarie che seppur vero rendeva remota la possibilità di sedersi nei posti che “contano”, non li ha fermati nell’approvare abbastanza serenamente tutti i bilanci dai quali era evidente la situazione deficitaria (tra l’altro aggravata da debiti tenuti debitamente nascosti), forse manchevoli nella comprensione, esattamente quello che succede per certi versi con la Segen.
Ora, come fatto presente nell’ultimo Consiglio Comunale, uno di questi creditori che vedranno ridotti i loro compensi è proprio la Segen che vanta fatture non saldate per 702.452,07. La perdita prevista era quantificabile in 491.689,44 euro (70%) ma in realtà sarà compresa tra i 512.790,01 e i 526.839,05 euro. Considerando che il nostro Comune è socio della Segen con una quota pari all’9,85%, che questa ha come “mandato politico” l’azzeramento degli utili che raggiunge quasi in una maniera maniacale e che non ha sufficienti riserve legali, dovrebbe comportare una richiesta di ricapitolazione al nostro Comune compresa tra i 50.509,82 e 51.893,65 euro, per la felicità smisurata degli estimatori della Segen. L’alternativa, ovvero la gestione in autonomia dell’ingente perdita (oltre il 10% dell’intero fatturato) sarebbe la conferma diretta che la società “occulta” gli utili per soddisfare le richieste dei Sindaci visto che dai bilanci non può avere risorse sufficienti, bilancio che si chiude sistematicamente quasi con un pareggio.
Ma scommetto che nessuno si porrà alcun problema non solo sulla probabile conseguenza di una gestione che si è sempre voluta distinguere da quella fallimentare del CAM come se fossero veramente entità paragonabili, ma sulla reale economicità della gestione Segen. Basta pensare alla semplice natura dei contratti in essere, ovvero nel primo caso (CAM) trattasi di concessione mentre nel secondo (Segen) di appalto (ovvero affidamento diretto) che sostanzialmente si differenziano sul trasferimento del c.d. “rischio economico” che non si concretizza nell’appalto. Un dato su tutti, i mancati incassi della tariffa nel primo caso (CAM) incidono direttamente sul conto economico della società, nel secondo (Segen) sono indifferenti in quanto gravano integralmente sul bilancio comunale. Quindi complimentarsi di un risultato già scontato è veramente patetico.
Nonostante la mancata convenienza della gestione Segen (come da loro stessi dichiarata più volte), l’amministrazione sembra non avere alcuna intenzione di procedere ad attivare l’eventuale procedura di gara, benché abbiano ricevuto appoggio da parte della minoranza (consigliere Tuzi il quale si dichiara favorevole alla permanenza in Segen), adducendo l’assurda giustificazione di probabili disservizi dovuti per il cambio del soggetto incaricato e l’assenza di soggetti privati interessati. Con questa geniale giustificazione si potrebbero ignorare tutti i bandi di gara e rinnovare senza scadenza i contratti esistenti.
Probabilmente la titubanza di portare la discussione in Consiglio è la dimostrazione che verosimilmente non è semplice confermare il servizio alla Segen (unico comune con un contratto scaduto da 8 mesi). A conferma di ciò ci sono le liquidazioni stranamente puntuali verso la Segen, sintomo di un probabile accordo di massima che proroga sine die un contratto scaduto “solo” nel giugno 2019 in attesa dell’avvio dell’Agir che potrebbe rimescolare le carte e dare nuove possibilità alla Segen anche se resta comunque una realtà piccola rispetto alle altre partecipate e alle società private che, nonostante le affermazioni di alcuni, sembrano esistere veramente e lavorare senza arrecare disservizi.
Sostanzialmente, qualora ce ne fosse ancora bisogno, quando si tratta di scegliere quali diritti tutelare, quelli dei propri cittadini o quelli delle proprie partecipate (quelle piene di distorsioni politiche), non c’è partita. Dalla torre cadranno sempre i cittadini.
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