Come avevamo precedentemente rivelato, le nuove agevolazioni previste per i comodati e i concordati, nonostante i chiarimenti ministeriali, possono essere in parte disattese dai comuni per una questione di “coperture”, Come? Semplicemente interpretando letteralmente la norma quando questa parla di esclusione delle agevolazioni nei casi in cui il comodante (colui che da il bene) possieda “altri immobili” portandoli a considerare anche i fabbricati non abitativi, compreso i terreni agricoli, i negozi, le aree fabbricabili, garage e cantine non pertinenziali all’abitazione etc.
Questo probabile ostruzionismo si basa sul fatto che lo stanziamento previsto a copertura di questa agevolazione, pari ad appena 20,7 milioni di €, non è per nulla sufficiente a coprire le minori entrate che deriverebbero nel caso in cui si prendesse in considerazione l’interpretazione fornita dal Ministero, nella quale si chiariva che con il termine “immobile” doveva intendersi altri immobili “ad uso abitativo” escludendo di fatti ogni altro tipo di immobile.
Basta fare un piccolo calcolo per capire che questo stanziamento è del tutto insufficiente. Un appartamento con una sola pertinenza data in comodato d’uso viene assoggettato in media ad un’imposta di 550€ dalla quale è possibile ottenere un agevolazione di circa 420€. Se si dividono i 20,7 milioni per questo valore si capisce che è possibile finanziare circa 49 mila comodati che sono ben poca cosa se confrontati con il numero delle abitazioni concesse in comodato che secondo il dipartimento delle Finanze sono circa 930 mila. Si comprende subito che il disavanzo (buco di bilancio) per i Comuni rischia di essere consistente.
Ci troveremo quindi Comuni che avranno la possibilità di applicare l’agevolazione così come indicato dal Ministero, perché hanno bilanci che permettono la “manovra”, e Comuni che interpreteranno letteralmente la norma lasciando i cittadini nella paradossale situazione di aver registrato il comodato presso l’agenzia delle entrate e aver quindi pagato oltre 200€ di oneri di registrazione, per poi non vedersi riconosciuta l’agevolazione, trovandosi nella spiacevole situazione di aver addirittura pagato più dell’anno scorso. A questo punto è necessario attendere l’approvazione della delibera comunale con la quale si scoprirà quale interpretazione ha accettato il Comune, sapendo che è ben possibile trovare situazioni opposte anche tra comuni limitrofi, con il rischio concreto di perdere in alcuni casi una parte dell’agevolazione ed in altri vedendosela integralmente respinta. Il solito caos dopo ogni riforma fatta male.
Altro problema sono le pertinenze. Secondo il Ministero queste possono essere assimilate all’abitazione principale data in comodato concedendo in tal modo anche per queste tipo di unità le stesse detrazioni previste per l’abitazione principale con l’unico vincolo di poterne assimilare una sola per ognuna delle categorie catastali C/2, C/6 e C/7 in maniera del tutto simile a quando normalmente avviene per l’unica unità immobiliare posseduta ed utilizzata come abitazione principale, seguendo quindi lo stesso regime giuridico previsto per il bene principale, salvo diversamente disposto.
Se ad esempio il contribuente concede in comodato un abitazione e due pertinenze di cui una sola assimilabile all’abitazione principale (ad esempio due garage) uno di questi sarà assoggettato per intero, senza alcuna riduzione di base imponibile. Per il 2016 quindi il comodatario, che dovrà seguire la normativa già stabilita per le abitazioni principali esentandolo dall’imposta, ma se si occupa un’abitazione con due garage, allora occorrerà pagare la Tasi relativa alla pertinenza in esubero rispetto ai limiti normativi.
Lo stesso discorso vale per le locazioni a canone concordato. Se l’inquilino conduce un’abitazione con due pertinenze di cui una sola assimilabile all’abitazione principale (ad esempio due garage), uno di questi continuerà a essere soggetto a Tasi anche se spetterà comunque la riduzione d’imposta del 25%. Sarà poi da verificare se l’importo risultante sia superiore all’importo minimo da versare stabilito dal Comune. La regola generale del codice civile prevede per tutti i contratti a canone concordato, anche quelli relativi a immobili non utilizzati come abitazione principale dall’inquilino, che le pertinenze dovranno essere soggette, come il bene principale, con la riduzione del 25% dell’imposta.
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