Più si scava, più le cose sembrano non tornare.
Dalla vendita dell’ex sede della Comunità Montana a Civitella Roveto a Segen Holding S.r.l., emerge dagli atti una trama ricorrente: pubblicità scarsa, tempi stretti, clausole fiscali discutibili e una gestione della prelazione del conduttore che apre più domande che risposte. La vendita dell’ex sede della Comunità Montana a Civitella Roveto racconta molto più di una semplice alienazione.
Tutto documentato, nero su bianco, nei provvedimenti ufficiali.
L’ottimo articolo pubblicato su site.it aveva già evidenziato diverse anomalie.
Io ho provato ad andare più a fondo.
Non sono riuscito a reperire il primo avviso di vendita.
Quello che ho trovato è il secondo bando del 19 giugno 2024, nel quale viene riportato che tutta la documentazione era disponibile sul sito istituzionale dell’Unione Montagna Marsicana, nella sezione Amministrazione Trasparente – Bandi di gara e contratti, e menziona la pubblicazione all’Albo Pretorio online dell’Unione. La sezione però risulterà in quella data priva di contenuti.
Curiosamente, nessuna diffusione sugli albi pretori dei 34 Comuni soci: la platea effettiva di potenziali interessati resta quindi limitata a chi consulta regolarmente quel portale, praticamente nessuno.
In più, anche i canali di comunicazione e chiarimento erano vincolati allo stesso sito: eventuali Q&A o avvisi integrativi venivano pubblicati lì, con onere di vigilanza a carico degli operatori economici.
Una scelta legittima, certo, ma che riduce ulteriormente la trasparenza e l’eco informativa all’esterno.
Comunque il secondo bando fissava la scadenza per le offerte alle ore 12:00 dell’8 luglio 2024 e l’incanto al giorno successivo, 9 luglio 2024, alle ore 11:00: appena 19 giorni per conoscere l’opportunità, svolgere sopralluoghi, predisporre cauzioni e presentare un’offerta formale.
Per un bene pubblico di rilevanza territoriale, il tempo-finestra appare oggettivamente esiguo.
Probabilmente anche il primo esperimento aveva la stessa durata: evidentemente, non conveniva far circolare troppo la notizia.
Il prezzo a base d’asta del secondo avvito (edificio + terreno) era fissato in € 607.941,00 (il primo sicuramente più alto), con offerte solo in aumento e nessuna ammissione di ribassi. L’aggiudicazione era “ad unico incanto” e poteva avvenire anche con una sola offerta valida, purché pari o superiore al prezzo base. Regole severe sul piano formale, ma inserite in un contesto informativo e temporale estremamente compresso.
Nel capitolo “Condizioni di vendita” si legge testualmente:
“La cessione si intende effettuata fuori dal campo di applicazione I.V.A., non trattandosi di bene strumentale adibito ad attività commerciale.”
Una motivazione quantomeno singolare, considerato che l’edificio ospita da oltre vent’anni la sede operativa della Segen S.p.A., società che svolge attività economiche di gestione dei servizi ambientali e di igiene urbana.
Per di più, la società corrispondeva alla Comunità Montana un canone di locazione, seppur agevolato, che configurava comunque l’immobile come bene produttivo di reddito, quindi dotato di valenza economico-commerciale a tutti gli effetti.
La discrepanza tra uso effettivo e qualificazione fiscale dichiarata nel bando resta una delle anomalie più evidenti.
Ma non è l’unica.
Nel bando si afferma anche che la vendita avviene “con diritto di prelazione a favore del conduttore”.
E qui si apre il capitolo più ambiguo: negli atti pubblicati non si trova traccia di come tale prelazione sia stata esercitata o rinunciata.
La Deliberazione di Giunta n. 36 del 15 ottobre 2025 richiama la precedente Delibera n. 39 del 10 dicembre 2024, che autorizzava la vendita ma a favore della Segen S.p.A., conduttrice dell’immobile.
Ma la nuova delibera approva invece lo schema d’atto proposto dalla Segen Holding S.r.l., accogliendo anche la dilazione dei pagamenti.
Un cambio di soggetto repentino, da Segen S.p.A. (titolare della prelazione) a Segen Holding S.r.l. (mai menzionata nel bando).
Senza una rinuncia formale o un provvedimento di subentro, il diritto di prelazione risulta solo proclamato, ma svuotato di sostanza.
Il bando prevedeva che il saldo fosse versato in unica soluzione o, in alternativa, “con modalità rateale da concordare con l’Amministrazione” prima della stipula.
Negli atti, però, la rateizzazione viene proposta direttamente dall’acquirente e accolta integralmente dalla Giunta, senza garanzie, interessi o ipoteche legali a tutela dell’Ente. Una decisione amministrativamente possibile, ma politicamente difficile da giustificare: in pratica, condizioni di favore per l’acquirente e rigidità solo apparente per il pubblico.
Rimane poi non valorizzata la presenza di impianti accessori — come il fotovoltaico installato — che avrebbero dovuto incidere sul valore finale del bene.
Nessuna perizia indipendente sembra richiamata agli atti pubblici, e il prezzo di € 350.000 appare fondato su stime evidentemente di parte.
Alla seduta del 15 ottobre 2025, che approva la Delibera n. 36, risultavano presenti e votanti il Presidente dell’Unione (Sindaco di Celano), il Vicepresidente (Sindaco di Tagliacozzo) e i Sindaci di Pescina, Balsorano e Rocca di Botte, con l’assistenza del Segretario generale.
Nessun rilievo, nessun voto contrario, nessuna astensione: unanimità.
E colpisce proprio la presenza del Sindaco di Tagliacozzo, che in quella seduta non solleva alcuna osservazione, pur rappresentando il Comune che detiene il 17,37% delle quote della Segen S.p.A., la società conduttrice dell’immobile e principale interessata all’operazione.
Un silenzio pesante, se si considera che Tagliacozzo è il principale finanziatore di Segen S.p.A., ma non ha alcuna partecipazione nella Segen Holding S.r.l., che invece risulta acquirente del bene.
In termini contabili, il Comune ha contribuito indirettamente all’acquisto per circa 60.795 euro (il 17,37% di 350.000, anche se ha versato molti più “utili”) senza ottenere alcuna quota o diritto sul patrimonio acquistato.
Un paradosso economico e politico allo stesso tempo.
E qui si aggiunge un elemento spesso ignorato: la Comunità Montana stessa detiene il 9,85% delle quote della Segen S.p.A., cioè della società che occupava l’immobile e beneficiava del rapporto locativo.
Ma non è tutto: la stessa Comunità — oggi Unione dei Comuni Montagna Marsicana — possiede anche il 20% delle quote di AST S.r.l., società controllata proprio da Segen Holding S.r.l., l’acquirente dell’immobile.
Un intreccio societario tutt’altro che casuale, dove il medesimo ente pubblico si ritrova socio della conduttrice (Segen S.p.A.) e partecipante nella controllata della società acquirente (Segen Holding tramite AST).
In altre parole, vende un immobile a un soggetto collegato a due delle sue stesse partecipate, collocandosi contemporaneamente nei ruoli di venditore, socio, parte correlata e beneficiario indiretto dell’operazione.
È difficile immaginare un caso più emblematico di conflitto di interessi incrociato: l’ente pubblico vende, ma in qualche modo resta parte della catena societaria che compra, consolidando un sistema chiuso dove gli attori coincidono e si controllano a vicenda.
Con l’avvicinarsi della gara unica regionale per l’affidamento dei servizi ambientali, Segen S.p.A. è destinata a scomparire: non avrebbe i requisiti tecnici né la capacità economica per competere.
I Comuni soci, non ricevendo più servizi, sarebbero costretti a dismettere le loro quote, trascinando con sé anche la funzione della Segen Holding, che vive di rendita sui proventi della controllata.
Ecco allora che l’acquisto dell’immobile di Civitella Roveto diventa la vera assicurazione sulla sopravvivenza: una “cassaforte” patrimoniale che consente alla Holding di restare in vita, con un bene reale, anche quando i flussi operativi si esauriranno.
La Holding — che negli anni ha tentato di reinventarsi anche tramite la controllata AST, come produttore di energia, gestore di boschi, società multiservizi e perfino agente di riscossione — può ora esibire un patrimonio immobiliare che giustifica la continuità del suo CdA, mantenuto in piedi con il plauso dei sindaci che siedono nelle assemblee, spesso più attenti alla gestione delle poltrone che ai risultati per i cittadini.
Il tutto, ancora una volta, a spese dei contribuenti, che da anni finanziano il sistema Segen con la tariffa rifiuti, convinti di sostenere un servizio pubblico efficiente e trasparente. E che oggi scoprono di aver contribuito, senza saperlo, alla sopravvivenza di un contenitore amministrativo sempre meno pubblico e sempre più autoreferenziale.
Il caso della ex sede della Comunità Montana non riguarda solo una vendita: racconta un sistema chiuso, dove decisioni economiche e politiche si intrecciano in modo opaco e calcolato.
La domanda, ormai, non è più chi ha comprato, ma chi ci guadagna davvero.
E quanto ancora i Comuni e i cittadini — che pagano le tariffe dei rifiuti profumatamente — saranno disposti a finanziare operazioni che, alla prova dei documenti, più che trasparenti appaiono calibrate con estrema precisione.
Forse troppo.
Ma una cosa è certa: poco alla volta, i documenti arriveranno.
E la verità, come sempre, verrà fuori.
Articolo scritto e pubblicato da Giuseppe Pea in data 29.10.2025

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