Dopo più di un anno di sedute svolte “in privato”, l’amministrazione comunale era tornata alla diretta facebook per denunciare in pubblica piazza il riconoscimento di “nuovi”, si fa per dire, debiti fuori bilancio ex art. 194, comma 1, lettera a) del D.lgs. 267/2000 che, come si scoprirà, saranno dovuti a numerosi decreti ingiuntivi della ditta Tullio Erminio, riconosciuti e liquidati nella scorsa seduta del 1° marzo 2025, nata più che altro per colpevolizzare la precedente amministrazione (non a torto direi).
Tuttavia è evidente come, passata la necessità di avvisare i cittadini dell’ennesimo debito riconosciuto per “colpa di altri”, il comune, visto il tentativo infruttuoso di “nascondere” un suo debito fuori bilancio, abbia deciso di convocare un consiglio comunale in “privato”, senza pubblicizzare l’evento e senza diretta facebook.
Quindi, quando il debito può essere imputato a precedenti gestioni o ad altri, l’amministrazione non esita a metterlo in piazza, utilizzando la visibilità della diretta Facebook.
Tuttavia, quando il debito riguarda direttamente la propria gestione, l’amministrazione agisce con un approccio diametralmente opposto. Infatti dopo aver cercato di nascondere la situazione, visto l’evidente violazione di un principio da sempre disciplinato dal Testo Unico (si era proceduto ad una delibera di giunta, non soggetta al controllo della Corte dei Conti, al posto di quella di consiglio comunale, invertendone i ruoli), come segnalato in questo precedente articolo, che oggi si dimostra fondatissimo, si procede a un riconoscimento del debito in sordina cercando di minimizzare l’impatto mantenendo il più possibile l’attenzione dei cittadini lontana da una gestione che ha arrecato danno alle finanze comunali.
Gestione alquanto ipocrita direi, ma il linea con gli attori principali.
Questo comportamento è un tentativo di manipolare l’opinione pubblica a proprio favore, mettendo in evidenza gli errori di altri quando conviene, ma cercando di evitare di esporre le proprie responsabilità, quando il danno è riconducibile alla propria amministrazione.
Ma leggendo quella che è la storiografia dei crediti vantati dalla ditta Tullio Erminio, così come riportati nella delibera di consiglio comunale n. 1 del 01.03.2025, non ho potuto non rilevare diverse e gravi anomalie in tutta la procedura, che purtroppo la deliberazione non chiarisce per come è volutamente scritta, come è anomala tutta la prassi seguita dalla ditta.
Infatti, forse unico caso nel panorama nazionale, la ditta invece di presentarsi un’unica volta davanti al Giudice di Pace e/o Tribunale elencando quelli che, secondo lei, sono i crediti vantati, è riuscita a farsi emettere 5 decreti ingiuntivi nel 2019, tutti emessi nel giro di 10 giorni, dal 05.11.2019 al 15.11.2019, 7 decreti ingiuntivi nel 2020, tutti emessi nel giro di un mese, dal 15.04.2020 al 14.05.2020, e 8 decreti ingiuntivi nel 2021, tutti emessi nel giro di 2 giorni, dal 11.01.2021 al 12.01.2021, per un totale incredibile, quanto assurdo, di 20 decreti ingiuntivi, uno ogni 2 giorni.
Altrettanto anomalo è che sono stati tutti riconosciuti validi, ad eccezione dei lavori relativi ad un tratto fognario all’interno del territorio comunale, per i quali, il Tribunale Civile di Avezzano ha stabilito la non debenza da parte dell’Ente condannando la parte al pagamento di spese legali, che inspiegabilmente non sono andate a ridurre il debito vantato (non si rilevano voci a credito).
Quel che è chiaro è che non sapremo mai a quali lavori facesse riferimento la ditta ed è estremamente grave perché da una parte si porta a conoscenza del debito, ma dall’altra si omette di indicare cosa ha “finanziato”. Sappiamo solo che la ditta ha precettato un importo di €76.892,83 oltre interessi maturati e maturandi con decorrenza da giugno 2024 e che, il 17.10.2024, il comune ha affidato l’incarico legale all’Avv. La Rocca, dietro un compenso di euro 3.037,84 comprese spese generali (15%), Cpa ed IVA come per legge, per assistenza giudiziale o di € 2.702,96 in caso di assistenza stragiudiziale, non richiamandone precedenti.
Ai cittadini è omessa ogni altra informazione, infatti:
- non è chiaro quali lavori siano stati svolti;
- non si identifica chi ha commissionato i lavori;
- non si specifica l’importo inizialmente pattuito e se sono intervenute modifiche;
- se c’erano contratti regolarmente formalizzati e/o se c’erano impegni di spesa;
- non si indica quale è l’utilità riconosciuta dall’ente e quale non riconoscibile, come l’utile d’impresa o lavori che non abbiano arricchito il patrimonio dell’ente;
- non si riportano eventuali contestazioni sulla qualità o la regolarità dei lavori, così come penali o altre problematiche;
- non si comprende se i crediti vantati siano prescritti o meno.
Il fatto poi che tutti questi decreti ingiuntivi, dichiarati inizialmente non esecutivi e quindi pur riconoscendone il diritto al contempo prevede la necessità di ulteriori verifiche, siano diventati esecutivi tra aprile e maggio del 2024, lascia presupporre che nel 2019, nel 2020 e nel 2021, l’amministrazione sia rimasta inerme e abbia quindi dato valenza a tutti i decreti ingiuntivi che, in quanto probabilmente non opposti, acquisiscono una valenza assoluta.
Infatti c’è un vuoto tra l’ultimo decreto ingiuntivo del 2021 e il ricorso al TAR L’Aquila notificato il 03.10.2024, intramezzato dal precetto notificato il 22.06.2024 con il quale la ditta Tullio intima al comune, forte di tanti titoli esecutivi, di adempiere al pagamento entro un termine, sotto pena di un’esecuzione forzata.
Qui sorge il primo quesito. Perché non ci si è opposti in tempo ai vari decreti ingiuntivi? Due sono le ipotesi che mi sono fatto, o il segretario ha “dormito” o non si poteva andare contro la ditta in questione per motivi che non conosceremo mai.
Eppure il concetto per un segretario con decenni di esperienza non dovrebbe essere complicato. Basta pensare che per la famosa questione neve 2012, quasi tutte le ditte hanno avuto il riconoscimento da parte del Comune del solo 18% della spesa (quelle effettivamente stanziate in bilancio) e sono state condannate a pagare le spese legali al comune, o almeno così doveva essere, perché il comune si è identificato come soggetto passivo per la restante parte.
Ma con questo accordo, si va ben oltre. Infatti la ditta, tutt’altro che ostile negli ultimi anni, si è vista liquidare, benché trattasi di un bene di consumo e non di un bene durevole in grado di arricchire il patrimonio dell’ente, qualcosa come 2.462,60 oltre i.v.a per la fornitura di gasolio e 5.000 euro per lavori eseguiti nel 2016 che lo stesso responsabile dichiara di difficile riscontro (ma non impossibile), quindi si presume senza aver materialmente potuto dimostrare che i lavori siano stati svolti realmente e che la fornitura sia stata regolarmente fornita.
Io mi auguro che la Corte dei Conti, anche se non lo farà mai, possa chiarire questi aspetti che i cittadini, che si vedono sottrarre risorse per altri scopi, avrebbero tutto il diritto di conoscere, così come avrebbero il diritto di stabilire le responsabilità dei vari soggetti coinvolti, tenendo in debita considerazione che:
- gli interessi derivanti da un ritardo nei pagamenti da parte della P.A., oltre ad essere un debito fuori bilancio, possono configurare un danno erariale;
- se il debito fuori bilancio nasce perché un dirigente o un funzionario ha autorizzato lavori senza un regolare impegno di spesa e senza un contratto formale, potrebbe esserci una responsabilità amministrativa-contabile in capo a tale soggetto. In questi casi dovrebbe avviarsi una procedura di rivalsa, cosa che non avverrà mai, verso i soggetti facilmente individuabili, per recuperare quanto indebitamente pagato per sua colpa;
- un ente pubblico non può riconoscere un debito fuori bilancio senza un presupposto giuridico, ovvero senza il riconoscimento dell’utilità effettiva dell’opera. La giurisprudenza della Corte dei Conti ha chiarito che il debito può essere riconosciuto solo nella misura dell’effettivo vantaggio ricevuto dall’ente, escludendo il margine di profitto dell’impresa e altri costi accessori, portando l’ente a contestarne la parte eccedente al valore dell’utilità effettiva, cosa che in questo caso non è stata fatta rimanendo silente avverso non uno, ma a venti decreti ingiuntivi;
- ma cosa ancora più grave, se il decreto ingiuntivo è stato richiesto direttamente contro il Comune, ma i lavori sono stati commissionati da un altro soggetto (ad esempio, un dirigente o un altro ente che ha agito senza copertura finanziaria), il Comune doveva eccepire il difetto di legittimazione passiva. In tal caso, l’impresa avrebbe dovuto agire contro il vero committente, il quale poi avrebbe potuto rivalersi sul Comune ma solo nei limiti della legittima riconoscibilità del debito. In questo contesto le cifre sarebbero state ben altre visto che ad esempio gli 8.078,98 euro di spese legali dichiarati per i 20 decreti ingiuntivi sarebbero facilmente stati rimandati al mittente già in prima battuta, solo se l’amministrazione si sarebbe costituita, con il più che probabile esisto che si sarebbe vista anche riconoscere le spese legali sostenute, come già avvenuto tra l’altro.
Se non è chiaro, se si fosse proceduto ad una corretta valutazione dei decreti ingiuntivi, invece di ignorarli completamente, la loro contestazione avrebbe inevitabilmente costretto la ditta a ripresentare i decreti ingiuntivi non più verso il Comune, soggetto passivo, ma verso il committente, soggetto attivo. E non può essere altrimenti perché in nessuna parte si dichiara che i decreti ingiuntivi erano destinati ai responsabili e che il Comune è intervenuto perché chiamato da questi ultimi.
Il comune avrebbe avuto quindi tutto il tempo di verificare la legittimità del debito (tempo che ha comunque avuto visti gli anni trascorsi), disconoscere tutte quelle spese che non hanno arricchito il proprio patrimonio e lasciarle a carico del vero responsabile, che avrebbe giustamente pagato i propri errori (volontari) e la ditta si assumeva il rischio di non vedere una parte delle spese per aver preso lavori pur nella consapevolezza dell’assenza di un regolare contratto o quanto meno di un regolare impegno di spesa.
Cioè il comune nella peggiore delle ipotesi, avrebbe potuto pagare solo la sorte capitale di 46.131,45 euro, dalla quale avrebbe dovuto eliminare l’utile d’impresa (-10%) e addebitare la restante parte, circa 30 mila euro, oltre tutte le spese legali e di interessi al responsabile o ai responsabili.
Ma troppo era importante andare in consiglio Comunale e denunciare la precedente amministrazione ignorando che inevitabilmente, con la sua inerzia, ne ha ugualmente avuto un ruolo attivo.
Quello che viene fuori è che i veri responsabili vengono continuamente tutelati, quelli di prima che commissionavano lavori senza impegni di spesa, e quelli di oggi che “dormono”, il tutto a spese dei cittadini, chiamati ad accollarsi debiti dovuti ad una mala gestione, stando attenti a non sollevare alcuna rivalsa contro i veri responsabili, ma facendo attenzione a sbandierare i debiti in pubblica piazza se riferiti alle precedenti amministrazioni, cercando di nasconderli se sono riferiti a se stessa.
E credetemi di debiti fuori bilancio fatti dall’attuale amministrazione ci sono e come. Il problema è che vengono attentamente tenuti nascosti o si liquidano senza procedere ad un formale riconoscimento.
Basta citare i pochi atti che vengono resi pubblici come la questione dell’Ema Legnami, che partita da un accordo stragiudiziale che prevedeva un indennizzo di 5.000 euro, è arrivata a costare, grazie alla “dormita” del Segretario Comunale, qualcosa come 9.804,92 euro complessivi (sostanzialmente il doppio, +96,1%), quasi quanto quella che si accingeranno a riconoscere domani, 22 marzo 2025, quando a fronte di un debito originario di 4.000 euro regolarmente impegnati, grazie all’ennesima “dormita” del Segretario Comunale, l’ente è stato chiamato a liquidarne 8.737,96 euro complessivi (più del doppio, +118,5%).
Ma ci sono debiti fuori bilancio, e debiti fuori bilancio, come ci sono due pesi e due misure.
Articolo scritto da Giuseppe Pea in data 21.03.2025
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