L’accanimento sugli automobilisti: il caso dell’autovelox di Balsorano

Di 18 Settembre, 2025 0 0
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È ormai fatto notorio: la giurisprudenza di legittimità ha più volte sancito l’illegittimità, scusate il gioco di parole, di numerosi autovelox, imponendo requisiti stringenti per il loro utilizzo. Eppure, a Balsorano, si continua a perpetrare un accanimento giudiziario contro cittadini che hanno avuto l’“ardire” di difendersi da soli da multe fondate su verbali viziati.

Una sfilza di vizi ignorati

I motivi per annullare quei verbali non mancavano: mancata omologazione dell’apparecchio, uso di veicoli non di servizio da parte della Municipale, postazioni nascoste e quindi non visibili, segnaletica mancante o illegittima, limiti di velocità errati, rilevamenti eseguiti sulla corsia opposta, assenza di ordinanza prefettizia, mancata contestazione immediata …
Ognuno di questi elementi, da solo, sarebbe sufficiente a travolgere i verbali.

La Cassazione ha ormai chiarito che la mancata omologazione, fatto salvo casi sporadici di “pubblicità” di qualche Tribunale che va per la tangente, è di per sé motivo incontrovertibile di annullamento. A questo si aggiunge tutta una serie di motivi collegati alla visibilità della postazione, almeno prima dell’acquisto dell’auto di servizio, tra i quali, auto non di servizio (senza i colori di isituto, per intenderci alla Izzo maniera), postazione non visibile, segnaletica illegittima e/o mancante, oltre a quelli collegati all’ordinanza che secondo la Polizia Municipale sanciva nel rettilineo il limite a 70 Km/h in netta contrapposizione con gli altri rettilinei (come quello di Civita, almeno prima dell’ultima ordinanza), ordinanza che per il sottoscritto, così come è stata scritta, imponeva il limite a 70 fino al km 38+200 (uscita Ridotti) escludendo di fatti il rettilineo principale.

Eppure, a Balsorano, si è continuato ad applicare una lettura distorta della normativa, aggrappandosi a direttive Ministeriali “tappa buchi”, ordinanze scritte male e a interpretazioni forzate e solo quelle di favore, dichiarandosi tra l’altro rispettosi della Direttiva Minniti che è stata in parte violata come la necessità di indicare la postazione temporanea con segnaletica aggiuntiva qualora non fosse stata autorizzata dalla conferenza provinciale (cosa che non è mai avvenuta).

E non è un dettaglio: lo stesso verbale che qualifica l’autovelox come “mobile” in realtà descrive un dispositivo “temporaneo”, differenza che – come noto – fa tutta la differenza del mondo. Anche qui, sarebbe un vizio sufficiente a invalidare l’accertamento.

La complicità della Prefettura

La Prefettura non solo ha ignorato questi vizi, ma si è resa complice per anni di una frode istituzionale, oggi certificata anche dalla Cassazione relativa all’utilizzo di un autovelox non a norma per mancanza di omologazione. È arrivata persino a dichiarare il falso nei provvedimenti di rigetto, tra dichiarazioni di autovetture con i “colori di isituto“, strada dichiarata extraurbana principale, memorie dichiarate lette anche se mai presentate dalla Polizia Municipale, senza che la Procura si degnasse di intervenire, nonostante si tratti di reati perseguibili d’ufficio se ovviamente conosciuti, ma dubito sinceramente che non ne siano al corrente.

“La legge è uguale per tutti” è una bella frase, ma nella pratica non è affatto così.

Giudici distratti, cittadini abbandonati

Eppure circa il 60% dei ricorsi è stato accolto dai vari Giudici di Pace di Avezzano. Non mancano sinceramente sentenze con motivazioni imbarazzanti: errori sulla classificazione della strada, confusione tra omologazione e semplice approvazione, disarmando totalmente i rilievi difensivi, o sentenze che vanno diametralmente all’opposto di altre emesse qualche mese prima. La fortuna è che sono casi sporadici che non inficiano gli altri ricorsi anche se rendono “nera” la giornata di chi si vede rigettare i ricorsi dietro queste motivazioni.

Ma non posso non sottolineare come i cittadini, spesso privi di mezzi, costretti a difendersi da soli, sono stati sacrificati sull’altare di cavilli e formalismi.

L’ossessione per le spese legali

La parte più degradante è che il cuore delle cause non è più il merito, o non è il solo, ma le spese di lite. Il Comune è stato assistito sempre dallo stesso legale esterno, scelto in accordo con la società che noleggiava gli autovelox, autorizzato a ricorrere perfino in Cassazione con le spese garantite dalla stessa società come da contratto.
Un legale che, come emerso successivamente, aveva contribuito a finanziare la campagna elettorale precedente: un investimento evidentemente trasformato in rendita.

Così, per chi ha osato difendersi da solo, la punizione è stata implacabile. Innanzitutto, si è visto rigettare il ricorso con varie motivazioni, subendo una sanzione raddoppiata; poi, forse per compassione, gli sono state compensate le spese.

Successivamente, il cittadino è stato costretto a difendersi in Tribunale a causa di un ricorso del legale del Comune, evidentemente autorizzato a perseguire i cittadini soccombenti anche solo per le spese legali. Ora costretto a dover nominare un avvocato per essere rappresentato, il cittadino ha visto le spese del primo grado, che ammontavano a poche centinaia di euro (meno di 500), lievitare in secondo grado fino a quasi 1.500 euro, a fronte di sanzioni originali di soli 168 euro. A riprova di ciò, basti citare le sentenze 18/2025 e 162/2025 del Tribunale di Avezzano.

Si capisce bene perché i cittadini, pur sapendo dell’illegalità della postazione, preferiscano pagare. È bene sottolineare che tutto ciò avviene con il consenso del Comune di Balsorano. Questa logica meschina e “ad personam” ha trasformato i cittadini in bancomat.

Sarebbe interessante capire se il legale abbia fatto una cernita per decidere a quale cittadino chiedere le spese legali o se lo abbia fatto indistintamente. Resta comunque il gesto, da parte di un avvocato che, è importante ricordarlo, non rappresenta la società noleggiatrice, ma il Comune, come testimoniato dal mandato sindacale ricevuto. Non mi risultano casi simili in nessun altro luogo.

La mia vicenda

Parlo per esperienza diretta: ho subito non uno, ma due appelli per una doppia vittoria. Prima il ricorso del legale comunale, palesemente pretestuoso visti gli anche gli altri motivi di ricorso; poi addirittura quello della Prefettura, che pur soccombente ha chiamato in causa l’Avvocatura dello Stato. Tutto, solo per una questione di ripicca personale.

E la beffa continua: la Prefettura insiste nel ricorso anche se in difetto avendo violato palesemente i termini previsti, ignorando comodamente che il limite di 30 giorni dalla notifica delle sentenze del Giudice di Pace vale anche per lei, e che la notifica la fa direttamente la Cancelleria esattamente come quando le ha notificato il ricorso, e dovrebbe essere chiaro anche ad un non “cultore della materia” come il sottoscritto, notifica che tra l’altro è stata inviata lo stesso giorno che l’ho ricevuta anche al Vice Prefetto Izzi come da sua espressa richiesta (esattamente come ha fatto sempre l’Avv. amico del Comune di Balsorano, che sistematicamente ha presentato ricorso nei 30 giorni successivi alla sentenza). Una forzatura talmente evidente che grida vendetta.

E non è per dire, ma anche quando ho vinto contro la Prefettura (esattamente come quando ho visto contro il Comune), avevo diritto alla refusione delle spese sostenute, almeno del contributo unificato che non mi è stato riconosciuto visto che il Giudice ha deciso la compensazione delle spese.
Ho chiesto un chiarimento e il Giudice ha confermato che ne avevo diritto ma avrei dovuto fare ricorso alla sua stessa sentenza, anche se limitata al rimborso delle spese. Causa praticamente segnata.
Ma non ho fatto alcun ricorso. Ho accettato, pur avendone diritto pianamente, di non chiedere il rimborso del dovuto. Per me era finita lì.
Certo dispiace, sinceramente, quando il ricorso te lo vedi fare dall’altra parte soccombente. Ma avevano tutto il diritto di farlo soprattutto quando si tratta di me, e soprattutto quando dall’altra parte c’è Izzi, evidentemente dispiaciuto dell’esito, anche se per par condicio mi sarei aspettato una mossa della Procura, ma difficile che tra organi dello Stato si facciano la guerra, anche se a rimetterci è il cittadino.

Conclusione

A Balsorano, l’autovelox non è mai stato un presidio di sicurezza stradale (tra l’altro nemmeno 1 euro è stato dirottato per interventi su quel tratto) e senza autovelox non ho visto peggiorare l’indice di pericolosità della strada. È stata una macchina di oppressione legale, un ingranaggio perverso che ha colpito sistematicamente l’anello più debole: il cittadino.

Non si è cercato di affermare il diritto, ma di punire chi ha osato opporsi. È questo il vero scandalo: un accanimento istituzionale, una persecuzione giudiziaria fine a sé stessa che scredita la giustizia e mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

E pensare che il primo affidamento del 2019 sarebbe stato soggetto ad abuso d’ufficio e ad un evidente danno erariale (come si dimostra dal successivo affidamento “più economico”), avendo violado palesemente il limite per l’affidamento diretto, ma evidentemente è stato tutto ignorato, anticipando di fatto l’eliminazione del reato avvenuta nel 2024.

Ma si sa, La Legge è uguale per tutti, ma per alcuni lo è di più.

Articolo scritto e pubblicato da Giuseppe Pea in data 18.09.2025

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