L’ennesima condanna del Segretario Comunale: anche la Cassazione chiude la porta a Falcone

Di 23 Maggio, 2025 0 0
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Ancora una volta, il nome di Cesidio Falcone, ex Segretario Comunale del Comune di Sante Marie, attualmente ancora in forza presso il nostro Comune (così come anche presso il Comune di Capistrello e forse anche in altri comuni), torna al centro dell’attenzione giudiziaria. Dopo la condanna inflitta dalla Corte d’Appello dell’Aquila con la sentenza n. 196/2021, con la quale era stato condannato a risarcire il Comune di Sante Marie per un importo di 13mila euro (8 mila di risarcimento, 4 mila euro di spese legali e un’altra quota di interessi), indebitamente percepiti dal segretario a titolo di rimborso spese di viaggio, arriva ora la definitiva estinzione del ricorso in Cassazione da parte della Corte Suprema. Un epilogo che lascia ben poco spazio a interpretazioni.

Nel marzo 2021, la Corte d’Appello aveva confermato la responsabilità di Falcone, stabilendo un risarcimento per i danni arrecati al Comune. All’epoca, l’ex Segretario aveva rassicurato tutti, dichiarando:

«Ho dato mandato ai miei legali per fare ricorso in Cassazione. Il giudice non ha tenuto conto del fatto che il Comune non ha prodotto atti a sostegno della propria tesi. Sono fiducioso che la situazione si risolverà a mio favore in terzo grado» (Fonte: Il Centro, 7 marzo 2021).

Ma le cose sono andate molto diversamente. Non solo il ricorso non è stato accolto, non è nemmeno arrivato a una discussione vera e propria. Siamo passati da un Comune criticato per non aver prodotto atti a sostegno della propria tesi, ad una sua difesa praticamente infondata e destinata a rigetto.

Infatti la Corte di Cassazione – con decreto n. 12562/2025 – ha preso atto che il ricorrente non ha chiesto che il suo ricorso fosse deciso dopo la comunicazione della proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. In altre parole, Falcone ha lasciato che il giudizio si estinguesse, senza nemmeno insistere sulla sua tesi difensiva.

E non è un dettaglio da poco: la procedura dell’art. 380-bis c.p.c. viene utilizzata solo quando il ricorso appare manifestamente infondato, inammissibile o comunque destinato al rigetto. Il che, unito al silenzio del ricorrente, lascia pensare che anche lo stesso Falcone sapesse che la causa fosse comunque persa. Era evidentemente un tentativo per allungare i tempi per dichiararsi innocente per gli anni successivi nonostante la sentenza della Corte di Appello e a nulla è valso il famoso Avv. Roberto, che non è riuscito evidentemente ad imbastire una difesa valida tale da non passare neanche per la fase dibattimentale.

Ora con la pronuncia della Cassazione, non ci sono più alibi, né appigli, né gradi successivi di giudizio: Cesidio Falcone è ormai un condannato in via definitiva. La condanna della Corte d’Appello dell’Aquila, che lo ha ritenuto responsabile del danno erariale arrecato al Comune di Sante Marie, è passata in giudicato.

Non si tratta più di un’ipotesi o di una contestazione aperta: la giustizia si è espressa in modo definitivo. Nessun dubbio, nessuna zona grigia. Nessuna possibilità di invocare errori o omissioni da parte dell’ente. Falcone ha esaurito ogni possibilità di difesa e, nei fatti, ha rinunciato anche a provarci fino in fondo, nonostante aver sbandierato fiducia nella giustizia e certezze sulla propria correttezza.

Fa riflettere il fatto che Falcone non è un cittadino qualsiasi, ma è il Segretario Comunale, ovvero il garante della legalità dell’ente pubblico. Un ruolo tecnico e giuridico di altissima responsabilità, che dovrebbe incarnare non solo la competenza professionale, ma anche una condotta irreprensibile sul piano etico e morale.

Ma non è l’unico procedimento giudiziario che lo vede protagonista. In un’altra causa, anch’essa oggetto di ricorso in Cassazione (per il sottoscritto, altro tentativo di allungarne i tempi), Falcone è stato condannato a risarcire gli stessi Comuni per danni patrimoniali per circa 90mila euro con l’accusa di aver gonfiato i propri rimborsi (Fonte: Il Centro, 2 ottobre 2020). Ne avevo parlato ampiamente anche su questo blog in questo articolo. Anche in quell’occasione, la linea difensiva è stata simile: “è tutto in regola”, “nessuna irregolarità”, “fiducia nel giudizio successivo”. Ma alla luce degli sviluppi recenti, è lecito nutrire seri dubbi sull’esito anche di questo ricorso.

Le parole hanno un peso, soprattutto quando provengono da chi ha il compito di garantire la legalità all’interno della Pubblica Amministrazione. I fatti, però, hanno un peso ancora maggiore. E i fatti dicono che la giustizia ha parlato in via definitiva. Cesidio Falcone è stato condannato per il danno arrecato al Comune che ha amministrato da garante giuridico. Nessuna sentenza di parte, nessun errore procedurale: una condanna confermata e diventata definitiva, senza nemmeno arrivare a una discussione in Cassazione.

Un epilogo che chiama in causa non solo la responsabilità giuridica, ma anche quella etica, istituzionale e morale di chi ha ricoperto un ruolo così delicato all’interno della macchina pubblica e che spavaldamente continua a ricoprire. E che solleva interrogativi inquietanti su chi vigila sui garanti.

Infatti a preoccupare è il silenzio degli amministratori, che lo hanno sempre difeso e continuano a difenderlo anche se hanno dovuto sollevarlo dall’incarico di Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT), ma solo dopo una continua “sollecitazione”, pur sapendo che secondo l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), l’inconferibilità di incarichi dirigenziali può derivare da una condanna, anche se non definitiva, soprattutto quando il reato è direttamente collegato alla gestione amministrativa e alla trasparenza.

Il ruolo di RPCT è strategico per tutelare l’integrità, la trasparenza e la correttezza nella PA. È un incarico che richiede fiducia piena da parte della comunità e dell’ente. Una condanna (anche in primo grado) per fatti che riguardano proprio la gestione corretta delle risorse pubbliche mette in crisi la credibilità morale e l’autorevolezza della persona in quel ruolo.

La scelta di nominare come RPCT una persona condannata anche in primo grado per illeciti contro la PA è non solo inopportuna, ma mette a rischio la reputazione dell’ente, compromettendo la fiducia dei cittadini, configurando potenziali profili di negligenza o responsabilità per aver affidato una funzione così delicata a chi non ne ha i requisiti morali e legali.

E si, parliamo della stessa reputazione che gli amministratori si sono sentiti ledere per le mie dichiarazioni tanto da richiedermi un risarcimento danni di almeno 5 mila euro in un processo dove non riesco neanche ad ottenere i documenti che mi occorrono per la difesa, se non dietro il continuo richiamo del Difensore Civico, l’ultimo di ieri (ndr 21.05.2025), contrapponendosi nient’altro che con questo soggetto tutelato in passato, in ogni modo, anche dalla Prefettura, nonostante le mie continue segnalazioni di abusi quando ero Consigliere Comunale, arrivando a confutare la sua tesi di aver sempre consegnato la documentazione ben sapendo che in 2 anni ciò era avvenuto una volta sola.

Per il sottoscritto, è moralmente inaccettabile che una persona con una condanna definitiva alle spalle, sopratutto legata a queste vicende, legata all’esercizio delle sue funzioni pubbliche e che ricordo a tutti è stato per anni anche Responsabile del Servizio Finanziario, gestendo le risorse economiche del Comune, continui a ricoprire l’incarico di Segretario Comunale nel nostro Comune.

Il Segretario non è un semplice tecnico: è il presidio della legalità, il punto di riferimento per l’intera macchina amministrativa. Permettere che questo ruolo venga mantenuto da chi ha già arrecato un danno certo e riconosciuto all’ente pubblico, significa svilire la fiducia nelle istituzioni e dare un messaggio pericoloso: che la responsabilità, anche quando accertata, non comporta conseguenze reali.

Le comunità locali meritano rispetto. E la legalità non si predica soltanto: si pratica. Ma ho paura che sia lo specchio di chi oggi amministra i nostri soldi.

Ma la domanda che mi sono posto è un’altra.

Alla luce della condanna definitiva subita, ci si chiede se Falcone abbia informato il Comune di Balsorano, dove attualmente presta servizio come Segretario Comunale, della propria posizione giudiziaria.

Perché è importante?

Perché, oltre al profilo morale e fiduciario, esistono specifici obblighi giuridici di trasparenza.

Una condanna definitiva – anche in sede civile – per fatti commessi in esercizio delle sue funzioni pubbliche può determinare profili di incompatibilità, di responsabilità disciplinare o, in certi casi, di decadenza dall’incarico.

Soprattutto, chi ha un ruolo di garanzia giuridico-amministrativa all’interno di un Comune, non può permettersi zone d’ombra: l’ente ha il diritto di sapere, di essere informato, di assumere le determinazioni del caso.

Non si tratta solo di una questione legale, ma di trasparenza istituzionale: chi è stato condannato in via definitiva per fatti legati al proprio incarico pubblico, e continua a operare come garante della legalità in un altro Comune, deve mettere l’amministrazione nelle condizioni di valutare la propria posizione e agire di conseguenza.

Ma sono straconvinto, che resterà al suo posto. È stato fin troppo comodo negli ultimi anni da non poter essere messo da parte, anche qualora arriverà la seconda e più pesante conferma di condanna.

E loro lo porteranno a riferimento di tutti quei segretari che mai si sono visti raggiunti da alcuna sentenza, se non da alcun procedimento legale.

Articolo scritto e pubblicato da Giuseppe Pea in data 23.05.2025

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