Rifiuti a Balsorano: canone alle stelle (con una novità) e trasparenza sotto terra

Di 30 Aprile, 2025 0 0
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Che ci siano differenze tra i comuni, può starci, che ci siano differenze di trattamento tra comuni e i soggetti gestori del servizio rifiuti, questo non è ammissibile da nessuna parte, anche perché uno è il controllore, l’altro il controllato.

Gli amministratori sono chiamati a gestire le risorse pubbliche che provengono sia dalla tassazione locale, che ogni anno registra nuovi record, sia dal federalismo fiscale (una compartecipazione delle tasse versate al comune). Poi dalla riforma del 2013 ci sono delle entrate che sono coperte da doppio vincolo, di destinazione e di cassa, come le entrate della tariffa rifiuti.

Infatti a differenza delle entrate IRPEF, IMU o del Canone Unico, che sono liberamente utilizzabili, quelle della TARI hanno un vincolo di destinazione e soprattutto di cassa. Questo vuol dire che le somme incamerate, ad esempio quelle provenienti dalla prima delle tre rate (ebbene si, per addolcire l’aumento si è deciso un pagamento non più in 2 ma in 3 rate), anche se eccessive rispetto alle liquidazioni delle fatture, non possono essere utilizzate per altre spese. La motivazione è che il comune, non è il soggetto che eroga il denaro (se non per conto dei cittadini che pagano la TARI), è il soggetto chiamato a progettare e regolarizzare il servizio, approvare il PEF (il costo del servizio), approvare regolamento e tariffe, al controllo del soggetto gestore e assicurarsi che i cittadini paghino solo quanto dovuto.

A no che stupido. Gli ultimi due, il controllo del soggetto gestore e la tutela dell’utenza non è cosa del Comune di Balsorano.

Ora dopo queste premesse vi è una novità nel 2025, novità che è stata tenuta nascosta ai cittadini, e anche al consiglio comunale essendo in aperto conflitto con quanto stabilito nel 2020.

Infatti nonostante durante il Consiglio Comunale n.21 del 1° agosto 2020, quello che “regalava” il servizio alla Segen in cambio di una falsa offerta migliorativa, che non si è mai realizzata, tra le modifiche sbandierate in pompa magna vi era la distinzione tra i costi del servizio (porta a porta, spazzamento e gestione del centro di raccolta) e quelli collegati allo smaltimento dei rifiuti e agli ingombranti (costi che la Segen ha sempre dichiarato come partite di giro).

Una imposizione che portava quindi una più equa trasparenza dei costi anche sulla base di quell’accordo transattivo che riconosceva l’indennizzo al Comune limitato ai soli costi di gestione.

Questa esigenza, eliminato il principale ostacolo, ovvero il sottoscritto, è ormai superflua visto che mai e poi mai il comune pretenderà alcun indennizzo da parte dell’ente indipendentemente dalle violazioni.

Ma un’analisi approfondita delle delibere comunali e dei dati disponibili rivela un quadro preoccupante, in cui l’aumento dei costi per i cittadini sembra andare di pari passo con una progressiva opacità nella rendicontazione.

Spesso, per valutare l’andamento dei prezzi, si fa riferimento all’indice ISTAT, che fornisce una media dell’inflazione a livello nazionale. L’adeguamento contrattuale riconosciuto alla Segen negli anni 2022, 2023 e 2024 (e sarà così anche nel 2025 con un +1,1%), che in realtà sarebbe dovuto cadere esclusivamente sul canone, ma che invero è inciso su tutto l’importo, ha portato i costi della Segen dai 414 mila euro nel 2020 a 505.406,00 euro nell’anno corrente. Un incremento notevole che non sembra trovare piena giustificazione nel pur significativo aumento dell’inflazione degli ultimi anni.

Infatti a destare preoccupazione vi è il fatto che questi 505 mila euro sono ridotti rispetto ai costi dichiarati dalla Segen che ammontano a 532 mila euro, che al lordo dei ricavi sono pari alla strabiliante cifra di 572 mila euro.

E bene sottolineare che questo abnorme incremento, seppur limitato al 22% circa, al netto delle detrazioni, è nettamente superiore agli adeguamenti ISTAT pari al 17% circa (dal 2020 al 2024), ma non di meno il Comune, visto il rapporto fratello-sorella, poteva ricondurre all’incremento ISTAT di settore (rifiuti) che non raggiunge nemmeno il 7%. Qui siamo ben oltre l’adeguamento ISTAT. Non che sia illegittimo visto che il contratto prevede l’indice ISTAT, ma non di meno, visto i rapporti di parentela, il Comune poteva pretendere quello di settore e ridurre notevolmente gli incrementi dei costi e quindi della tariffa.

Ma l’elemento che preoccupa è che si è tornati al vecchio modello del canone unico omnicomprensivo, indipendentemente dalla quantità di rifiuti, dopo che si era idolatrato la nuova rendicontazione che prevedeva una distinzione tra servizio e costi di smaltimento.

Orbene come si vede dall’ultima fattura Segen, determina n. 48 del 12.02.2025, questa distinzione non esiste più. Si è tornati al vecchio metodo a dimostrazione che l’amministrazione di novativo rispetto alle precedenti ha solo i soggetti che in quel consiglio comunale alzano solo la mano, molti senza proferire parola.

Questo cambiamento, apparentemente una semplificazione amministrativa, comporta in realtà una perdita di trasparenza. I cittadini non sono più in grado di sapere con precisione quanto viene speso non dico per ciascuna fase del ciclo dei rifiuti, questo non ve lo diranno mai, ma almeno per il servizio stesso, rendendo più difficile il controllo sull’efficienza della gestione e sulla legittimità delle spese.

Ma questa modifica rappresenta soprattutto una chiara inadempienza contrattuale visto che sia il contratto, sia la deliberazione di consiglio comunale (che ha maggior valore del contratto), prevede la distinzione della rendicontazione e quindi l’emissione di 3 fatture distinte, il costo del servizio sotto forma di canone mensile, i costi per lo smaltimento dei rifiuti e quello degli ingombranti, questi ultimi a rendicontazione mensile. Se così fosse, si configurerebbe una violazione di un atto fondamentale dell’amministrazione locale.

Ma tutto ha un motivo ben preciso. Una fattura omnicomprensiva impedisce il controllo puntuale sull’effettiva esecuzione e corretta imputazione delle voci di costo, ostacolando quindi i controlli interni e esterni ma soprattutto elimina quello che può portare ad una contestazione dei reali costi. Ad esempio ad oggi, nonostante le richieste, nessuno sembra in grado di rendicontare i costi per la gestione del centro di raccolta. Si sa solo l’orario di apertura e nulla di più.

Eppur ignorando che la Segen ha sempre pianto lacrime di coccodrillo quando, durante la fase che precedeva l’accordo transattivo, giurava che non aveva mai lucrato sul servizio, per poi dimostrare il contrario più volte, pur ignorando che a differenza di altri comuni, assistiamo da anni ad un incremento costante delle tariffe, non si può non tener conto che le tariffe, essendo limitate per legge nella crescita, coprono esattamente i costi (comunque ridotti) della Segen.

Infatti con le nuove tariffe, nonostante il nuovo incremento del 4% di media, prevedono di incamerare 515.063,00 (compresi i rimborsi ministeriali, vedi delibera di approvazione delle tariffe) che coprono i costi Segen di 505.406,00, ben sapendo che i costi sono in realtà pari a 532 mila euro (572 mila euro al lordo dei ricavi).

Per rientrare nel limite di incremento tariffario, il Comune ha dovuto rinunciare alle spese per la gestione amministrativa della riscossione delle tariffe, alla quota parte del costo del personale comunale dedicato alla gestione del servizio, alle perdite sui crediti inesigibili, all’accantonamento sui rischi a all’ammortamento delle spese di investimento, riconoscendo in tariffa solo i costi legati all’emissione e all’invio delle bollette (es. imbustamento e spedizione).

Questo dimostra inevitabilmente che i costi del servizio, sono molto superiori a quanto indicato nei vari documenti, visto che i costi che il Comune inserisce nella previsione di spesa e che poi è chiamato a cancellare per aver superato il limite di crescita, riducono i corrispettivi da 97.266 a 56.464 in grossa parte assorbiti dall’IVA per le fatture SEGEN (45.908 euro).

Tutto è fatto per avvantaggiare la Segen, che tornerà quindi a fatturare sempre lo stesso canone, oggi quasi 42 mila euro mensili, indipendentemente dal servizio svolto, dalla quantità dei rifiuti trattati e dalla quantità dei ricavi incassati.

Quindi dopo aver evitato accuratamente che la Segen potesse avere un qualsiasi concorrente, le si concede tutto e di più, compreso un incremento abnorme dei costi del tutto ingiustificati, o il pagamento di servizi mai resi.

In tutto questo si dimostra ancora una volta la colossale differenza dei rapporti tra i comuni a seconda del soggetto gestore, rispettoso delle proprie prerogative quando il gestore è un privato, estremamente assecondante quando è una partecipata (soprattutto se si chiama Segen).

Il recente accordo transattivo tra il Comune di Ceccano e la GEA ne è un fulgido esempio.

Su questa pagina 👉 https://www.facebook.com/mariangela.desantis.39 si parla di un accordo transattivo tra il Comune di Ceccano e la GEA: si tratta di un credito di oltre 645mila euro riconosciuto in favore del Comune, in parte già compensato con le rate di ottobre e novembre 2023 (oltre 287mila euro) e il resto da pagare in 20 comode rate mensili.

Da dove nasce questo credito?

Pare collegato a un contratto prorogato per la gestione dei rifiuti urbani, lo spazzamento e il centro di raccolta (almeno qualcuno ha un contratto visto che alcuni continuano a non averlo dal 2018 fregandosene di ogni cosa).

Ma la cosa interessante è che il Comune ha contestato gli importi pagati, e la controparte (GEA) ha riconosciuto il debito. Questo significa che qualcosa non tornava, e una perizia tecnica lo ha confermato.

Allora mi chiedo, se tutto questo è possibile con una società privata, perché non si può fare lo stesso con una partecipata?

Tipo… quando si paga per anni la gestione di un centro di raccolta che non esisteva, giusto per fare qualche esempio. Parliamo di 115.000 euro, soldi pubblici, ergo dei cittadini e delle attività di Balsorano che, se recuperati, potrebbero ridurre la TARI anche del 24% in un sol colpo invece di sobbarcarci l’ennesimo aumento della tariffa che tra il 2024 e il 2025 è salita del 13% e salirà ancora.

Ma no, tranquilli. Se c’è la sorella (gestore) Segen, con il sempre verde amministratore da oltre 30 anni, e dall’altra parte c’è il fratello (Comune di Balsorano), quest’ultimo non contesterà mai nulla.

Tanto… paghiamo noi.

Ma lo chiedevo per un amico, ovviamente. Non per me. Io sono di parte.

Articolo scritto e pubblicato da Giuseppe Pea in data 30.04.2025

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