Addebito del servizio di depurazione cancellato, ma la battaglia per il rimborso continua

Di 23 Febbraio, 2025 0 0
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Se volessimo fare una similitudine calcistica, utente vs cam spa, potremmo dire che la prima partita si è conclusa con un risicato 1-0, contro una squadra che non ha mai realmente visto la porta. Questo a causa di un’interpretazione discutibile dell’unico articolo del regolamento che esclude i rimborsi e che, a mio avviso, oltre a non riguardare il caso specifico, risulta viziato da una retroattività non applicabile.

Negli ultimi anni, grazie all’intervento dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) e al suo servizio di conciliazione, si è aperta una strada importante per tutti gli utenti che, pur non essendo collegati alla rete fognaria o dotati di impianti di depurazione autonomi, si sono trovati a versare indebitamente per anni la quota relativa alla depurazione dell’acqua.

Ieri (21.02.2025) ho avuto il primo assaggio della conciliazione Arera per risolvere in modo rapido e senza costi le controversie tra i consumatori e i fornitori di energia elettrica, gas e acqua.

Si tratta di un procedimento non pubblico, privo di valore probatorio e che non può essere successivamente utilizzato in giudizio.

In un contesto simile, sarebbe stato naturale aspettarsi la presenza di un dipendente del CAM esperto in regolamenti e tariffe, capace di gestire una questione semplice senza difficoltà. Eppure, il CAM ha deciso di incaricare un avvocato. Questa decisione dimostra una chiara volontà di opporsi per principio più che per reale necessità, sollevando dubbi sulle reali intenzioni dell’ente.

Non posso rivelare il contenuto della conciliazione, ma posso dire che non ho accettato la proposta “bonaria” formulata “in via del tutto eccezionale e riservata”, come se fossi un caso particolare e non un comune consumatore che reclama un suo diritto. Il punto per me è chiaro: se non avessi avuto diritto a nulla, non sarebbe stata avanzata alcuna proposta, ma semplicemente negata la richiesta.

Questa situazione diventa ancora più paradossale se si considera il costo inevitabile della presenza di un avvocato, che appare superfluo per una questione così elementare.

Non avendo accettato l’accordo, la vicenda proseguirà inevitabilmente davanti alla Commissione Tributaria con una divagazione proprio per correggere l’unica difesa proposta che tra l’altro non riguarda il caso di specie. Resta ora alla mia valutazione la scelta se difendermi autonomamente o nominare un legale, ma sono fiducioso di essere in buone mani.

Nel frattempo a tutti coloro che si trovano in una situazione simile, sarebbe opportuno mandare una comunicazione al CAM (e in copia all’ARERA) per richiedere almeno il blocco immediato degli addebiti sulle fatturazioni ancora da emettere, riservandosi il diritto di richiedere il rimborso decennale non appena venuta a sentenza in giudicato.

Vi ricordo che il gestore ha 30 giorni feriali (escluso la domenica) per produrre un riscontro altrimenti avete diritto ad un indennizzo di 30 euro, che raddoppiano se raddopiano i termini (60 giorni feriali), fino a triplicare nel caso si superano i 90 giorni feriali. P.S. Ho richiesto un indennizzo di 90 euro non avendo ricevuto alcun riscontro, ma il CAM SpA non lo ha ancora addebitato e probabilmente si ostinerà a non farlo, in un tentativo di resistenza simile a quello adottato per la prescrizione, poi inevitabilmente decaduto.

In altrernativa potete attendere la sentenza della Commissione Tributaria andato ad elidere però i mesi che trascorrono prima della sentenza.

Ma cosa c’è scritto nel ricorso?

Il Regolamento di Utenza del Servizio Idrico Integrato del Consorzio Acquedottostico Marsicano, stabilisce che la tariffa per i servizi di raccolta, allontanamento, depurazione e scarico delle acque reflue è dovuta dagli utenti, anche se non allacciati alla rete fognaria, purché siano ubicati in una zona servita dalla pubblica fognatura. Tuttavia, l’articolo 30.5 dello stesso Regolamento prevede che la quota relativa alla depurazione non sia dovuta qualora l’utente non possa usufruire effettivamente del servizio.

Un’importante svolta giuridica è arrivata con la Sentenza n. 335/2008 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità dell’imposizione della tariffa di depurazione in assenza del servizio, riconoscendo la necessità di una reale corrispettività tra il pagamento e la prestazione effettivamente ricevuta. Tale principio è stato ulteriormente confermato dalla giurisprudenza di legittimità con la Sentenza n. 7947 della Corte di Cassazione Civile, Sez III, del 20.04.2020, la quale ribadisce che “In tema di trattamento delle acque e prestazione del servizio, va esclusa la debenza del corrispettivo in tutti i casi di impossibilità materiale di fruizione del servizio di depurazione … , stante l’assenza della controprestazione” e con la Sentenza n. 1988 della Corte di Cassazione Civile Sez. II del 29.01.2020 “Il diritto al rimborso di canoni periodici indebitamente versati, quali i canoni pagati per il servizio idrico integrato, non ha carattere periodico; esso, pertanto, non è soggetto al termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 c.c., n. 4, ma all’ordinario termine decennale di prescrizione, che decorre dalle date dei singoli pagamenti”

In base alla normativa vigente, possono quindi richiedere la restituzione della quota di depurazione, ed eventualmente della fognatura, i proprietari di immobili dotati esclusivamente di allaccio all’acquedotto (ad esempio, un piccolo immobile di campagna destinato quindi ad uso non domestico, con finalità non produttive e/o commerciali, senza la produzione di acque reflue), in quanto…:

  • l’immobile cui si riferisce la fornitura è ubicato in zona non servita dalla pubblica rete fognaria e/o da impianto di depurazione;
  • l’immobile non è “tecnicamente allacciabile” in quanto l’allaccio alla pubblica fognatura si presenta particolarmente oneroso/antieconomico visto che la distanza tra l’immobile stesso e il punto più vicino dell’impianto;
  • l’immobile non è residenziale, né industriale, né commerciale, né assimilabile a nessuna delle categorie precedenti (rif. Tabella 2 dell’allegato A al d.P.R. 227/2011);
  • l’immobile non è indicato tra quelli soggetti all’obbligo di allaccio previsto nelle linee guida per il rilascio delle autorizzazioni allo scarico di acque reflue approvato dalla Giunta Regionale, ovvero domestiche, assimilabili alle domestiche, urbane, industriali, assimilabili alle industriali;
  • l’immobile è sprovvisto di impianti igienici sanitari;
  • nell’immobile è impossibile alcun tipo di residenza e di domicilio, in quando sprovvisto di certificato di abitabilità.

Inoltre, il diritto alla ripetizione dell’indebito si estende fino a dieci anni precedenti la richiesta di rimborso, secondo quanto stabilito dalla Cassazione (Sentenza n. 1988/2020). Questo implica che chi ha versato indebitamente la quota per il servizio di depurazione, ed eventualmente anche quella della fognatura, ha diritto alla restituzione integrale delle somme pagate, non soggette alla prescrizione quinquennale prevista per i canoni periodici, ma decennale.

Per ottenere la restituzione delle somme versate, è necessario presentare un’istanza formale al gestore del servizio idrico, indicando:

  • i dati dell’utenza e dell’immobile;
  • la dichiarazione che l’immobile non è collegato alla rete fognaria o è dotato di impianto di depurazione autonomo;
  • il riferimento alla normativa e alla giurisprudenza che sancisce il diritto al rimborso;
  • l’eventuale documentazione a supporto (planimetrie, attestazioni tecniche, copie delle bollette pagate).

Nel caso in cui il gestore non accolga la richiesta, l’utente può rivolgersi al Servizio di Conciliazione ARERA e solo successivamente, intraprendere un’azione legale per far valere il proprio diritto presso le competenti commissioni tributarie provinciali.

Ora, dopo la vittoria ottenuta all’andata contro il CAM, la tariffa di depurazione è scomparsa, almeno dalle fatture emesse dopo il ricorso. L’attenzione si sposta temporaneamente sulla tariffa rifiuti, dove si prevede un’estrema difesa da parte degli amministratori comunali, determinati a proteggere a tutti i costi il servizio affidato alla Segen, che ormai sembra essere definitivamente sfuggito al loro controllo. La battaglia per il rimborso si preannuncia ancora più difficile, prevedendo una difesa totale. Tuttavia, i diritti dei cittadini restano al centro della questione: è essenziale vigilare sulla corretta applicazione della tariffa rifiuti, assicurandosi che le somme richieste siano proporzionate al servizio effettivamente reso e che le delibere comunali rispettino la normativa vigente, garantendo trasparenza ed equità nei confronti dei cittadini.

Intanto festeggiamo la vittoria dell’andata. Peccato che dall’altra parte non ci sia stato un gesto di umiltà nel riconoscere l’inconsistenza della squadra e l’ingiustizia del diritto negato.

Articolo scritto da Giuseppe Pea in data 23.02.2025

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