Chiudiamo l’anno con un articolo che dimostra ancora una volta l’illiceità di alcuni affidamenti diretti che i comuni soci hanno deciso di indirizzare alle loro partecipate. E pensare che sono indagato per aver usato questo termine.
Infatti è stata resa pubblica recentemente la sentenza del TAR della Basilicata, la n. 738 del 21 dicembre 2023, nella quale si stabilisce il principio consolidato che prevede il divieto di nuovo affidamento all’operatore uscente applicato anche nel caso in cui il precedente appalto sia stato affidato ad una società in house, ai sensi dell’art. 49, comma 2, del d.Lgs. n. 36/2023 (Nuovo Codice dei Contratti Pubblici), principio già stabilito dall’articolo 36, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i. e, in particolare, al principio di rotazione posto a presidio di tali affidamenti.
Il principio di rotazione si applica infatti a tutti gli affidamenti diretti anche qualora questi siano stati indirizzati alle società in house. Nella sentenza il TAR ha confermato l’esclusione, da una procedura di gara, di una società in house a cui era stato precedentemente affidato il servizio oggetto dell’appalto. La questione riguarda un affidamento sotto soglia di 3 mesi che la SA ha deciso di appaltare “nelle more del tempo necessario all’indizione ed alla celebrazione di un’apposita procedura di evidenza pubblica per l’aggiudicazione dello stesso”, per assicurare la continuità del servizio anche durante il periodo della gara. Quindi è una c.d. “gara ponte”.
Questo vuol dire che una volta scaduto il contratto, se non sono previste proroghe contrattuali o tecniche, è fatto divieto affidare allo stesso operatore il medesimo servizio.
Ma è bene distinguere i due tipi di proroga e indicare quali sono gli elementi che lì caratterizzano:
- la proroga c.d. “contrattuale” è così definita poiché trova la sua fonte nella lex specialis di gara e/o nel contratto. Trattasi, pertanto, di una circostanza negoziale già preventivata dall’Amministrazione e dall’operatore economico contraente. Si verte in ipotesi di proroga contrattuale nel caso in cui vi sia una integrale conferma delle precedenti condizioni (fatta salva la modifica di quelle non più attuali), con il solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, per il resto regolato dall’atto originario;
- la proroga c.d. “tecnica”, ai sensi dell’art. 106, comma 11, D.Lgs. n. 50/2016, sussiste nel caso in cui la durata del contratto venga modificata dall’Amministrazione, per cause ad essa non imputabili, allo scopo di garantire la continuità di un servizio essenziale, nelle more della conclusione della procedura di gara per scegliere il nuovo contraente, la quale deve essere bandita prima dell’originaria scadenza contrattuale. La proroga tecnica, pertanto, avendo carattere di temporaneità e imprevedibilità, rappresenta uno strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale a un altro.
Tuttavia è bene considerare che la proroga contrattuale oltre ad essere prevista nel bando, è consentita entro termini determinati, tant’è che l’importo previsto per l’affidamento deve includere anche l’importo stimato dalla proroga. Qualora, una volta scaduto il contratto, si proceda ad una proroga non prevista o oltre i limiti temporali consentiti (non si può non mettere una scadenza), la stessa proroga deve essere equiparata ad un affidamento senza gara. In definiva, anche nella materia del rinnovo o della proroga dei contratti pubblici di appalto non vi è spazio per l’autonomia contrattuale delle parti, in relazione alla normativa inderogabile stabilita dal legislatore per ragioni di interesse pubblico; al contrario, vige il principio in forza del quale, salve espresse previsioni dettate dalla legge in conformità della normativa comunitaria, l’Amministrazione, una volta scaduto il contratto, deve, qualora abbia ancora la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, effettuale una nuova gara (TAR Sardegna, Cagliari 755/2014 confermata da CdS sez III n. 1521/2017 secondo cui “la proroga costituisce strumento del tutto eccezionale, utilizzabile solo qualora non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali”, così come già stabilito dal CdS, Sez. V. n. 4192/2013).).
Una legittima proroga sarebbe potuta intervenire antecedente alla scadenza del contratto, per una sola volta, e limitatamente al periodo necessario per l’indizione e la conclusione della necessaria procedura ad evidenza pubblica … da programmarsi, comunque, con congruo anticipo in previsione della già stabilita cessazione del periodo di efficacia del contratto non costituente circostanza imprevedibile ed eccezionale.
Questo dimostra inequivocabilmente che definire illegittimi gli affidamenti privi di contratto, o che comunque sono proseguiti in proroga contrattuale senza che questa sia stata determinata in origine (sia nella durata che nell’importo), è equiparabile ad un affidamento senza gara con immediate conseguenze sia in termini di “arricchimento senza causa” che per giurisprudenza costante prevede un indennizzo minimo del 5% se trattasi di servizi, e l’immaturità degli interessi moratori.
A ribadirlo è anche l’ultima rivisitazione del Codice dei Contratti Pubblici all’art. 49 del Dlgs 36/2023 entrato in vigore lo scorso 1° luglio, prevede:
- al comma 2, statuisce che “in applicazione del principio di rotazione è vietato l’affidamento o l’aggiudicazione di un appalto al contraente uscente nei casi in cui due consecutivi affidamenti abbiano a oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi”;
- al comma 4, prevede che “in casi motivati con riferimento alla struttura del mercato e alla effettiva assenza di alternative, nonché di accurata esecuzione del precedente contratto, il contraente uscente può essere reinvitato o essere individuato quale affidatario diretto”;
Questo vuol dire che tutti gli affidamenti diretti attualmente in essere scaduti dopo il 1° luglio 2023 non possono essere prorogati allo stesso soggetto ma affidati a rotazione a quelle società private che svolgono lo stesso servizio, nel limite dell’importo per l’affidamento diretto che è di 150.000 euro, il tutto ovviamente da programmarsi, comunque, con congruo anticipo in previsione della già stabilita cessazione del periodo di efficacia del contratto non costituente circostanza imprevedibile ed eccezionale.
Questo vale quindi sia per il servizio rifiuti (indipendentemente dalla pseudo proroga indeterminata inserita in tutti gli affidamenti con la formuletta “In ogni caso, data la natura di pubblico interesse del servizio oggetto del presente affidamento, il concessionario dovrà continuare la gestione del servizio anche successivamente alla scadenza, ai patti e condizioni all’epoca vigenti, senza soluzione di continuità e fino all’individuazione dell’eventuale nuovo gestore“, che ovviamente è palesemente illegittima), sia per il servizio pulizie affidato da 3 dei 11 comuni all’AST nonostante sia sostanzialmente priva di manodopera.
La cosa per un aspetto imbarazzante è che tale divieto era già in vigore con il precedente Codice dei Contratti D.Lgs 50/2016 il quale prevedeva che l’aggiudicazione di un contratto pubblico mediante affidamento diretto all’operatore economico uscente deve essere assistita da una motivazione rafforzata, idonea a giustificare l’inevitabilità di tale scelta sulla base di circostanze oggettive particolarmente rilevanti.
A tal fine il giudizio della pubblica amministrazione … seppur discrezionale, non costituisce un’adeguata ragione derogatoria ai principi sanciti dall’articolo 36, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i. e, in particolare, al principio di rotazione posto a presidio di tali affidamenti. (TAR Veneto, Sez. III, 19 gennaio 2022, n. 132).
È evidente che molti dei contratti in essere già violavano il principio di rotazione previsto dal citato art. 36, comma 2, lett. b), del Codice (come richiamato, dall’art. 1, comma 2, del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, nella versione vigente dal 31 luglio 2021, a seguito delle modifiche operate da ultimo dal D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni da Legge 29 luglio 2021, n. 108) in quanto detta norma, pur non vietando in modo assoluto di invitare l’affidatario uscente, attribuirebbe un carattere meramente eccezionale a tale scelta, al fine di prevenire il consolidamento di rendite di posizione a discapito della libertà di concorrenza.
La stessa sentenza del TAR ha stabilito che:
- l’art. 36, comma 2, lett. a), del Codice riconosce alle amministrazioni un’ampia discrezionalità nell’affidamento dei contratti pubblici per i quali è consentito l’affidamento in via diretta, a patto che tale discrezionalità risulti bilanciata dall’applicazione puntuale dei principi di cui agli articoli 30, comma 1, 34 e 42 del Codice medesimo e, in particolare, del principio di rotazione, quest’ultimo da applicarsi sia agli inviti che agli affidamenti;
- il detto principio di rotazione costituisce il necessario contrappeso alla richiamata, notevole discrezionalità riconosciuta all’amministrazione nel decidere gli operatori economici da invitare, ha l’obiettivo di evitare la formazione di rendite di posizione e persegue l’attuazione effettiva di un altro principio fondamentale, quello della concorrenza, poiché consente la turnazione tra i diversi operatori nella realizzazione del servizio e favorisce in tal modo un avvicendamento teso a ottenere un miglior servizio;
- il principio di rotazione de quo comporta, di norma, il divieto di invitare il contraente uscente a procedure indette per il rinnovo dell’assegnazione del medesimo appalto, salvo che la stazione appaltante fornisca adeguata, puntuale e rigorosa motivazione delle ragioni che hanno indotto a derogarvi.
In buona sostanza, favorendo l’operatore uscente nell’aggiudicazione del contratto la stazione appaltante ha esercitato un potere discrezionale la cui legittimità, alla luce dei principi sanciti dall’art. 36, comma 1, del Codice, ovverosia in primis quello di rotazione nonché quelli “(…) dell’affidamento e di tutela della parità di trattamento dei concorrenti”, avrebbe dovuto essere assistita da una motivazione rafforzata, idonea a giustificare l’inevitabilità della scelta di affidare la fornitura proprio all’operatore economico “uscente” sulla base di circostanze oggettive di particolare rilievo.
In ragione di quanto sopra, i giudici amministrativi hanno dunque ravvisato nella fattispecie la violazione del principio di rotazione, nonché l’illegittimità dell’esercizio del potere discrezionale da parte della stazione appaltante.
Anche l’ANAC, con la delibera 6 dicembre 2023, n. 567, ha stabilito che anche in caso di procedura negoziata, il principio di rotazione comporta il divieto di invito al gestore uscente che aveva conseguito la precedente aggiudicazione.
L’Anticorruzione aveva già confermato che il codice dei contratti pubblici impone alle Stazioni appaltanti (come contrappeso alla notevole discrezionalità riconosciuta nella scelta degli operatori economici da invitare), di rispettare la rotazione anche nella fase degli inviti, evitando che il gestore uscente, forte della conoscenza della strutturazione del servizio da espletare, possa agevolmente prevalere sugli altri operatori economici pur se anch’essi chiamati dalla stazione appaltante a presentare offerta e, così, posti in competizione tra loro. In caso di affidamento all’operatore uscente, si tratta di elusione fraudolenta del meccanismo di rotazione dell’invito (senza giustificazione).
L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) è di nuovo intervenuta sull’argomento con il Parere n.58 del 15.11.2013 con il quale ha chiarito l’illegittimità della deroga al principio di rotazione anche in caso di urgenza.
L’unico caso nel quale il precedente affidatario può essere rinviato, è quello previsto dal comma 4 dell’art. 49 che dispone: “In casi motivati con riferimento alla struttura del mercato e alla effettiva assenza di alternative, nonché di accurata esecuzione del precedente contratto, il contraente uscente può essere reinvitato o essere individuato quale affidatario diretto.” … e ancora “La disposizione in esame impone una verifica concreta e specifica, come emerge dalla formula di apertura della disposizione” (parere MIT 2084/2023).
Tutto questo per dire cosa?
Sostanzialmente, anche se l’AGIR non avvia alcuna procedura di gara per nessuno dei comuni soci Segen, nonostante abbia preteso di inserire in tutti i contratti la facoltà di scioglimento all’effettiva operatività dell’AGIR (ottobre 2022), ed è ormai chiara la sua intenzione di non indire gare per non disturbare la Segen e i comuni soci, questi non possono prorogare il servizio allo stesso gestore Segen, se non in termini di proroghe contrattuali o tecniche comunque previste ab origine e con limiti già prefissati, in quanto hanno ottenuto il servizio in affidamento diretto senza previa consultazione del mercato, a meno che dimostrino l’assenza di alternative.
Ma sono sicuro che ignoreranno la normativa e procederanno ai rinnovi in via di urgenza a tempo indeterminato.
Articolo scritto e pubblicato da Giuseppe Pea il 30.12.2023 alle ore 11.00
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