Questo è probabilmente il mio ultimo articolo che fa riferimento all’attuale amministrazione e non poteva non riguardare quello che è stato il punto moralmente più basso e al contempo la delusione più grande.
La recente Sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3562 del 06/05/2022, conferma quello che ho sempre sostenuto, ovvero che la Sentenza del TAR n. 555 dell’Aquila del 31/12/2020 con la quale si dichiarava “inammissibile” il ricorso proposto dalla Tekneko nei confronti del Comune di Balsorano, in relazione all’affidamento decennale del servizio rifiuti a Segen S.p.A., è carente sotto l’aspetto motivazionale, illogica e, a mio modesto parere fortemente politicizzata (e sicuramente l’avv. comunale gode di una certa “simpatia” in quel tribunale).
La sentenza del TAR dell’Aquila si conclude con l’inammissibilità del ricorso perché “allo stato, l’annullamento del provvedimento di affidamento diretto del servizio alla controinteressata non recherebbe alla ricorrente il vantaggio sperato di poter competere per aggiudicarselo, stante il divieto imposto come stabilito dall’art. 17 della l. r. 36/2013 al Comune di indire una gara per l’affidamento del servizio trascorsi dodici mesi dalla data di insediamento dell’Assemblea dell’AGIR”. Il TAR non è, convenientemente per qualcuno, voluto andare oltre.
Uno dei motivi che rende assurda la sentenza è che il TAR non ha compreso il ruolo dell’AGIR dichiarando tra l’altro che una legge regionale (la 36/2013) è legittima anche quando impone un divieto a tempo indeterminato di indire una procedura di gara che resta l’unica modalità di affidamento del servizio gestione rifiuti (infatti l’affidamento in house rappresenta l’eccezione) e sopratutto che questa ha precedenza sulla normativa nazionale (D.lgs. n. 50/2016 Codice appalti e D.lgs. n. 152 Codice ambientale) e sulla normativa europea (direttiva in materia di appalti).
Infatti il divieto viene posto perché doveva essere compito dell’AGIR quello di indire la gara pubblica, ed è assurdo, nel momento in cui ancora la competenza era dei comuni, vietare ai comuni di fare la stessa gara pubblica, non comprendendo quindi il vero ruolo e scopo dell’AGIR (indire la gara).
Infatti l’art. 17 della L.R. 36/2013, in particolare i commi 13 e 14, indicava il divieto, a decorrere dai 6 mesi dalla data di insediamento dell’Assemblea AGIR, di indire nuove procedure di gara per l’affidamento dei servizi di spazzamento, raccolta e trasporto.
L’AGIR è stata istituita il 31/05/2018, con solo 5 anni di ritardo, e si è insediata il 30/07/2018.
Il divieto di indire una qualsiasi gara sarebbe quindi dovuto entrare in vigore il 30/01/2019.
Tuttavia il giorno prima della scadenza, il 29/01/2019 la Regione Abruzzo approva la Legge Regionale n.1/2019 dove all’Art. 16 riporta “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e ulteriori disposizioni urgenti”, in particolare al comma 7 si apportano le seguenti modifiche:
- al comma 13, le parole “sei mesi” sono sostituite dalle seguenti: “dodici mesi“;
- al comma 14, le parole “sei mesi” sono sostituite dalle seguenti: “dodici mesi“”.
Quindi, calendario alla mano, il divieto slitta al 30/07/2019.
Questo vuol dire che si sarebbe dovuto dare, in un tempo ragionevole e ben definito (12 mesi), oltre all’istituzione, anche l’organizzazione all’agenzia (AGIR) tale da permettere a questa di procedere ad indire le gare per il servizio di gestione dei rifiuti, in ossequio all’art. 202, comma 1, del Codice Ambientale che stabilisce che l’Autorità d’Ambito aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti mediante “gara” e precisa che la stessa deve essere disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, in conformità ai criteri di cui all’art. 113, comma 7, del D. Lgs. 267/2000.
La normativa Europea infatti stabilisce che qualsiasi deroga alla gara è prevista come eccezione, e deve interpretarsi il più possibile restrittivamente ritenendo che in questo settore esista un mercato dove operano soggetti economici ed è quindi intervenuto a tutela di quel mercato, e in definitiva della concorrenza, creando per i rifiuti una disciplina di settore diversa rispetto a quella ordinaria.
La stessa normativa Europea prevede che, nel caso si proceda all’affidamento del servizio di rilevanza economica, in via eccezionale quindi, alle società in house queste devono obbligatoriamente avere 3 requisiti:
- il controllo analogo (un rapporto equivalente ad una relazione di subordinazione gerarchica; tale situazione si verifica, in particolare, quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell’ente pubblico sulla società);
- il vincolo di prevalenza (ovvero che la società svolga più dell’80% delle proprie attività nell’esecuzione di compiti a essa affidati dall’amministrazione/i aggiudicatrice/i che esercita/no il controllo);
- e la convenienza economica (ovvero produrre una “simulazione di mercato” in termini economici e qualitativi dei beni-servizi offerti in house rispetto a quelli reperibili sul mercato).
Quindi i Giudici del TAR dell’Aquila avrebbero dovuto valutare due aspetti:
- il primo se fosse legittimo il blocco a tempo indeterminato delle gare ad evidenzia pubblica, unica forma di affidamento riconosciuta dal codice ambientale;
- il secondo se, qualora legittimo, si riscontrano, nell’affidamento alla Segen, i 3 precedenti requisiti (obbligatori).
L’assurdità della sentenza è che ha mancato entrambi i punti.
Innanzitutto la continuazione della gestione Segen sarebbe radicalmente in contrasto con tutte le finalità della disciplina europea, sia perché non era in regola (il servizio veniva espletato senza regolare contratto scaduto nel maggio del 2019), sia perché prevede espressamente la gara pubblica. Ma, assudamente, il TAR non ha sollevato alcun problema.
Altro punto focale è comprendere se la Segen rispetti o no i 3 requisiti, controllo analogo, prevalenza dell’attività e economicità dell’affidamento. Ebbene, pur godendo indubbiamente dei primi 2 requisiti, la Segen (non il comune visto che l’analisi della convenienza l’ha fatta la Segen e non il Comune, è sostanzialmente un’auto-valutazione, è come dire ad un bambino quale voto vuole per un compito svolto) non ha il 3° requisito, riassunto in un unico numero e confrontando il servizio erogato per Balsorano con il servizio erogato con Magliano de’ Marsi seppur totalmente divergente da quello fornito dalla Segen. Una valutazione superficile dichiarata ripetutamente insufficiente in numerosissime sentenze dei vari Consigli di Stato.
Basta pensare al costo del personale che il Comune di Magliano de’ Marsi sostiene (11 dipendenti tra full-time e part-time) e Balsorano (5 dipendenti tra full-time e part-time) per capire che il confronto con il semplice costo/abitante è fuorviante, o che nel costo del servizio a Magliano de’ Marsi è compresa la realizzazione di un secondo centro di raccolta mentre nel nostro comune il centro di raccolta è stato finanziato dalla Regione e in parte dalle risorse di bilancio dell’ente.
Ma tornando all’AGIR, è bene sottolineare che il TAR non ha ritenuto valido il richiamo evidenziato nelle memorie sul fatto che l’AGIR, sebben insediata, non fosse in grado di espletare alcuna gara. A tutt’oggi, a quasi 3 anni dall’insediamento, l’AGIR non è ancora operativa.
Ma le anomalie di questa Legge, fatta da referenti politici, sono tante.
In primo luogo l’AGIR è un ente locale di secondo grado, ovvero è “espressione delle autonomie locali”.
Questo vuol dire che gli amministratori della stessa AGIR sono gli stessi politici locali (sindaci) che spesso controllano e gestiscono le loro partecipate locali che lavorano nello stesso ambito dei rifiuti.
Ad esempio il Presidente dell’AGIR era in quel periodo il Sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, il quale controlla al 99,98% la società “Aquilana Società Multiservizi S.p.A.” che ha in affidamento diretto (in house providing) il servizio di gestione rifiuti del Comune dell’Aquila.
Tale situazione è applicabile anche agli altri amministratori dell’AGIR.
A conferma, dal 7 aprile 2021 il nuovo Presidente dell’AGIR è il Sindaco di Paglieta, comune che detiene il controllo analogo della società ECOLAN S.p.A. che ha in affidamento diretto (in house providing) il servizio di gestione rifiuti dello stesso comune e di altri 50 comuni della provincia di Teramo.
È chiaro a tutti, ma non al TAR evidentemente, quale è la conseguenza se la Regione va in deroga sia al Codice degli Appalti, sia al Codice Ambientale, sia alla Normativa Europea, bloccando di fatto a tempo indeterminato ogni procedura d’appalto.
Che esisterà una sola forma di affidamento, l’in-house providing (nonostante sia subalterno alla gara) ovvero l’affidamento diretto alla loro partecipate anche in regime di proroga ex lege (qualora in regola, cosa che non si può dire per la Segen che era senza contratto) con la giustificazione di evitare nuovi affidamenti intermedi tra la cessazione delle gestioni esistenti e l’affidamento del servizio integrato di gestione dei rifiuti da parte dell’AGIR, che poi dovrebbe procedere con l’unica forma di affidamento permessa dalle norme ovvero indire la gara pubblica.
Cioè si è “obbligato” i Comuni, a non fare la gara in attesa che l’AGIR faccia la gara per conto dei Comuni, pur sapendo che questa non è operativa, quando si sarebbe dovuto far fare la gara ai Comuni con la condizione che, nel momento in cui l’AGIR diventi operativa, si interrompa il contratto. Non procedere all’affidamento diretto alla partecipata (che resta procedura eccezionale), ne continuare con l’attuale gestore (che resta una procedura vietata).
Cioè quello che doveva essere una procedura eccezionale e subalterna alla gara, è diventata l’unica forma di affidamento.
Qui c’è tutta l’illegittimità della sentenza del TAR dell’Aquila e dispiace che la Tekneko non abbia proposto ricorso a tale assurda sentenza. Comunque ha avuto il merito di sollevare il problema.
Chiaro quindi che la normativa che ha permesso alla Segen di ottenere l’appalto per 10 anni era sostanzialmente illegittima proprio perché non prevedeva alcun termine al blocco delle gare, ovvero queste dovevano realizzarsi tramite l’AGIR che ovviamente non è operativa per volontà degli stessi sindaci, amministratori dell’AGIR, i quali hanno potuto continuare ad affidare alle loro partecipate il servizio di gestione rifiuti, in violazione delle normative nazionali e europee.
Infatti, ed è bene sottolinearlo di nuovo, l’istituzione dell’AGIR avrebbe comportato l’espletamento delle procedure di gara e solo come eccezione, l’affidamento in house, visto che normativamente il settore dei rifiuti ha mercato e quindi concorrenza.
Si sarebbero quindi ridotte di molto le possibilità di continuare ad affidare in house questo servizio soprattutto perché nel confronto con i privati, le partecipate hanno quasi sempre costi maggiori.
Quando è finita questa “pacchia” per gli amministratori, ovvero la possibilità di non ricorrere al mercato e procedere direttamente all’affidamento del servizio alle proprie partecipate?
Il 30/12/2020, il giorno prima che il TAR pronunciasse la Sentenza n. 555 del 31/12/2020, quando la Regione Abruzzo approva la Legge Regionale n.45 del 30/12/2020.
E uno si dovrebbe domandare, perché cambiare una Legge se il TAR dice che è legittima? Semplicemente perché la sentenza del TAR doveva dichiarare illegittima la norma ma i giudici hanno preferito non dichiararlo ufficialmente ma ufficiosamente. Tanto a pagare l’errore erano i cittadini di Balsorano.
E le date non sono una coincidenza.
Infatti la Legge Regionale n. 45 del 30/12/2020 modifica la L.R. 36/2013 e s.m.i e all’ Art. 8 e prevede:
- al comma 13 – Dopo la comunicazione di cui all’articolo 6, comma 4-bis, è fatto divieto ai Comuni di indire nuove procedure di gara per l’affidamento dei servizi di spazzamento, raccolta e trasporto rifiuti.
- al comma 14 – Dopo la comunicazione di cui al all’articolo 6, comma 4-bis, è fatto divieto ai Comuni di aggiudicare in via provvisoria gare ad evidenza pubblica per l’affidamento dei servizi di spazzamento, raccolta e trasporto rifiuti. Restano salve le procedure di affidamento del servizio da parte dei Comuni qualora il relativo bando sia stato pubblicato dall’Ente almeno sessanta giorni prima della suddetta comunicazione, ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 204 del d.lgs. 152/2006 e ss.mm.ii..
Sparisce quindi il riferimento temporale alla istituzione della stessa AGIR (anche perché sarebbe stato imbarazzante scrivere 6+6+6+6 … mesi).
Infatti l’articolo 6 comma 4 bis introdotto dalla stessa Legge Regionale n.45 dice espressamente “L’effettiva organizzazione ed operatività dell’articolazione organica di AGIR, definita dalla nomina del Direttore Generale e del Revisore Legale, dovrà essere compiuta entro il 30 giugno 2021 ed è comunicata dal Presidente dell’Assemblea ai Comuni e al Presidente del Consiglio Direttivo, alle Prefetture, al Presidente della Regione ed ai Presidenti delle Province. Trascorso il termine dei centocinquanta giorni (ndr 27 novembre 2021), la Regione nomina un commissario ad acta che entro sessanta giorni (ndr 26 gennaio 2022) dalla sua nomina con il supporto del servizio gestione rifiuti regionale provvede a rendere operativa l’AGIR.”
È inutile dire che l’AGIR ancora e convenientemente non è funzionante ed è chiaro quindi la volontà dei sindaci, che non vogliono in nessuna maniera indire una gara pubblica (procedura obbligatoria qualora fosse attiva l’AGIR) e aprirsi alla concorrenza visto il rischio di “perdere” le partecipate dalle uova d’oro, che accontentano spesso gli amministratori locali.
Infatti l’ultimo atto prodotto in riferimento all’AGIR è di oltre 2 anni fa ovvero del 04/03/2020 relativo alla concessione degli spazi per i relativi uffici. Dopo di ché silenzio assoluto.
Ma ripeto, la data della modifica alla normativa, 30/12/2020, non è una coincidenza perché non vi era alcuna scadenza imminente.
L’opinione che mi sono fatto è che qualcuno ha passato informazioni alla Regione Abruzzo sull’illegalità della norma che comunque il TAR ha preferito non rilevare.
Però non si possono non rilevare le gravi mancanze del TAR, che, sempre a mio modesto avviso, ha preso una decisione fortemente politicizzata.
Infatti il TAR pur nell’ipotesi di validità della procedura, avrebbe dovuto verificare il rispetto dei 3 requisiti, in particolare la convenienza economica come fatto rilevare dalla Tekneko che ha chiesto un CTU indipendente.
E non è cosa di poco conto proprio alla luce delle tante sentenze di merito e di grado superiore che hanno dimostrato che la convenienza economica è l’elemento cardine della scelta.
Ovviamente le conseguenze di questa assurda sentenza del TAR le pagano solo i cittadini di Balsorano che oggi sono costretti a strapagare il servizio di almeno 50 mila euro (come confermato dagli stessi amministratori della Segen), nonostante il diretto interessamento di almeno un’azienda privata, a dimostrazione della presenza del libero mercato e della concorrenza, disposta tra l’altro a offrire un prezzo inferiore (almeno del 15%) rispetto a quanto richiesto dalla Segen a parità di condizioni.
Se esiste una giustizia terrena, qualcuno dovrà pur pagare (sarebbe giusto che contribuiscano anche i giudici del TAR che avrebbe dovuto emettere sentenza secondo giustizia).
Almeno l’ho sperato e lo continuo a sperare.
Riporto la recentissima Sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3562 del 06/05/2022 dalla quale traggo alcuni spezzoni “La relazione si intrattiene sulle ragioni di preferenza dell’affidamento in house rispetto al ricorso al mercato …. è però mancante di un effettivo confronto tra i dati dell’offerta della partecipata e i dati degli operatori economici privati operanti nel medesimo territorio … in sostanza, non sono stati comparati i dati né confrontati i costi, essendosi limitata l’amministrazione ad indicare un quadro riepilogativo di costi … che risulta basato sulla sola offerta della partecipata, ma non ancorato ad un’attività istruttoria completa e documentata … La relazione si svolge tutta sul piano meramente astratto … In mancanza di detta attività istruttoria, è risultata una valutazione di convenienza economica del tutto svincolata dal raffronto con il ricorso al mercato … La sentenza appellata è perciò conforme a diritto nella parte in cui ha ritenuto che, a causa della carente istruttoria, sia rimasto violato il particolare onere motivazionale richiesto, quando la pubblica amministrazione decida di ricorrere all’affidamento in house, dagli artt. 192, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 e 34, comma 20, del d.l. n. 179 del 2012, così come interpretati dalla prevalente giurisprudenza amministrativa, la quale ha avuto modo di evidenziare:
– che l’obbligo di redigere la relazione discende da disposizioni particolarmente stringenti, già presenti nell’ordinamento, e da ultimo ribadite dall’art. 192, comma 2, del Codice dei contratti pubblici (cfr. Cons. Stato, V, 8 aprile 2019, n. 2275, nella cui motivazione si sottolinea come l’amministrazione sia chiamata ad effettuare una scelta per l’individuazione della migliore modalità di gestione del servizio rispetto al contesto territoriale di riferimento e sulla base dei principi indicati dalla legge, esercitando i propri poteri discrezionali al fine di tutelare l’interesse generale al perseguimento degli “obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e qualità del servizio”, ma con valutazioni che “riguardando l’organizzazione del servizio e la praticabilità di scelte alternative da parte del Comune, devono essere svolte in concreto, con un’analisi effettuata caso per caso e nel complesso”;
– che i sopra richiamati artt. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012, e 192, comma 2, del Codice dei contratti pubblici – conformi al diritto dell’Unione Europea, come accertato dalla Corte di giustizia nella ordinanza del 6 febbraio 2020, C-89/19 e 91/19 (Rieco spa) –pongono alle amministrazioni un onere di istruttoria e motivazione “rafforzati” per l’in house providing (cfr. Cons. Stato, V, 23 febbraio 2021, n. 1596);
– che, in particolare, con specifico riferimento alla prospettiva economica, si richiede all’amministrazione di valutare la convenienza dell’affidamento del servizio secondo lo schema dell’in house rispetto all’alternativa costituita dal ricorso al mercato, attraverso una comparazione tra dati da svolgersi mettendo a confronto operatori privati operanti nel medesimo territorio, al fine di dimostrare che quello fornito dalla società in house è il servizio più economicamente conveniente ed in grado di garantire la migliore qualità ed efficienza (cfr. Cons. Stato, V, 16 novembre 2018, n. 6456, secondo cui “è onere dell’autorità amministrativa affidante quello di rendere comunque comparabili i dati su cui il confronto viene svolto”, con necessaria allegazione di “dati di dettaglio”, richiamato da Cons. Stato IV, 15 luglio 2021, n. 5351, cui si rinvia anche per i profili di compatibilità costituzionale dell’attuale disciplina).
In conclusione, la relazione predisposta dal Comune di …………… si è particolarmente soffermata sul contesto giuridico e sulla sussistenza dei requisiti dell’art. 5 del Codice dei contratti pubblici in capo alla società partecipata, mentre è risultata carente, …. nella parte dedicata alla valutazione della convenienza economica in concreto in tale scelta.
La motivazione addotta dal Comune di ……………., pertanto, non soddisfa i citati requisiti richiesti dall’art. 192, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016, atteso che, in punto di convenienza economica dell’offerta, l’ente si è limitato ad affermazioni per lo più generiche e riferibili allo schema dell’in house in generale, senza procedere, sviluppando in termini concreti un’indagine quali-quantitativa, ad esplicitare le ragioni della preferenza, in modo da rendere intellegibile e controllabile la congruità economica dell’offerta di …………”
Articolo scritto e pubblicato da Giuseppe Pea il 14/05/2022 alle ore 07:45tutt
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