Nell’ultimo Consiglio Comunale si è discusso della possibilità (concessa con un solo voto contrario, il mio) di delegare il Comune di Morino affinché proceda ad inoltrare le richieste per il versamento dei canoni BIM spettanti per legge a Comuni appartenenti al BIM Liri-Garigliano, compreso ovviamente il nostro, ovvero quelle che ancora non lo versano.
Ma cosa sono i BIM? I BIM nascono nella forma attuale nel 1953 e prendono origine dal Testo Unico sulle acque del 1933 che a sua volta derivava da quello del 1896. Sono un “risarcimento” per i Comuni (inizialmente solo montani, dal 2013 tutti) a seguito dello sfruttamento idrico da parte di società private, poi confluite quasi totalmente in ENEL, che difficilmente investivano sul territorio gli ingenti utili. La stessa energia elettrica prodotta sul territorio montano andava in massima parte ad alimentare fonti di lavoro e di ricchezza in pianura con la crescita delle industrie, senza recare alcun giovamento stabile e reddituale alle zone montane dalla quale provenivano le risorse idriche o alle zone vallive di attraversamento. Infatti quasi sempre, una volta completata la fase costruttiva di dighe, sbarramenti, condotte forzate e centrali, in termini occupazionali ed economici, non vi erano più ritorni sul territorio montano.
Il canone (o meglio il sovracanone), che si affianca a quello riservato allo Stato per la concessione, si è evoluto nel tempo anche se per decenni non ha seguito l’inflazione. Dalle due lire per cavallo dinamico nominale, del 1933 (obbligo per lo più disatteso da tutte le società private), si era passato a 1.300 lire per kW di potenza media nominale concessa tramite la Legge 959/1953 che aveva istituito i sovracanoni di competenza dei Comuni e i Bacini Imbriferi Montani (BIM) i cui territori venivano delimitati con successivi atti ministeriali nel 1954. I valori dei sovracanoni attuali corrispondono a 30,67 € per i sovracanoni BIM, questi a sua volta ridistribuiti ai Comuni con percentuali stabilite dal D.M. 1954 (per il nostro è pari all’1,128%) e 5,78 € per i sovracanoni rivieraschi (riservato ai Comuni che ospitano fisicamente le centrali o le condutture dalla captazione alla restituzione).
Il termine bacino imbrifero montano indica infatti una zona che raccoglie le acque piovane che alimentano un fiume. All’interno del bacino imbrifero montano le precipitazioni idriche sono qualificate come patrimonio naturale di uno specifico territorio. Più precisamente, il bacino è la parte di territorio nel quale avviene la raccolta dell’acqua di origine meteorica e che è destinata a costituire la riserva d’acqua sotterranea o ad integrare il corso o l’invaso esistente.
La discussione in consiglio era incentrata sull’approvazione di un atto sostanzialmente privo di valore tramite il quale si dava “carta bianca” al Comune di Morino per presentare le istanze di rimborso verso quelle centrali che ancora non lo versano per conto di tutti gli altri comuni facenti parte del BIM Liri-Garigliano (31 nella sola provincia dell’Aquila), ivi compreso il nostro, seppur senza stabilire a priori la percentuale trattenuta dallo stesso Comune di Morino (seppur sembra sia nell’ordine del 7%, informazione fornita da chi ha già curato per altri comuni la stessa materia), né riuscire a quantificare l’importo spettante, nonostante che quello stesso identico documento fosse stato redatto ed approvato fin dal lontano 2011 senza mai raggiungere a nessuna conclusione.
Ma ovviamente questo atto prelude il successivo. Si era infatti prospettata l’adesione del Comune (appoggiata anche da una parte della minoranza – Tuzi) all’ennesimo Consorzio, dopo aver costituito il Consorzio Acquedottistico Marsicano (CAM S.p.A.) oggi in fallimento, il Consorzio Gestione Rifiuti (Segen S.p.A. che riesce a riassorbire tutti gli utili ovviamente aumentando in egual misura le spese), la AST S.r.l. (Azienda per lo Sviluppo del Territorio), la Segen Holding S.r.l. che affiancheno le numerose convenzioni già in essere, come il C.U.C. (Balsorano-Civita D’Antino-Morino-San Vincenzo Valle Roveto, quest’ultima capofila), e il più recente Empowerment con Morino capofila, alla quale abbiamo aderito due anni fa per far prendere, sempre a Morino, 68 mila euro di contributi.
Interessante quest’ultimo, l’Empowerment. Nonostante sia operativo da un anno, sembra non aver portato alcun risultato. Però si è avuta l’accortezza di dividere l’incassato e di assegnare 16 mila per le spese di personale interno, 42 mila come spese per incarichi professionali e 10 mila per le spese generali e di fornitura, relativi a progetti “per far conoscere le attività fino ad oggi svolte nell’ambito del Contratto del fiume Liri”, tanto caro al Comune di Morino che ne è stato ancora una volta il promotore, contratto che dovrebbe avere come scopo principale la rigenerazione ambientale di quello che è, come da loro stessi dichiarato, un fiume eccessivamente sfruttato per il quale, come paradosso hanno, proprio per limitarne l’uso idroelettrico, proceduto a progettare 3 nuove centrali idroelettriche da realizzare nel Comune di Morino, pagate anche dal nostro tramite i soldi dei rifiuti.
Ma torniamo all’oggetto dell’articolo, il nascituro Consorzio.
I Comuni facenti parte di un BIM possono “anche” decidere di far parte di un Consorzio (qualora vengano costituiti da almeno 3/5 del totale dei Comuni individuati nel perimetro) oppure restarne fuori. Infatti il Consorzio BIM è un ente funzionale a carattere associativo e “volontario“ previsto ex legge per la gestione dei fondi provenienti dal sovracanone. Proprio dal suo carattere associativo e volontario deriva il diritto del Comune di “non aderire” al Consorzio stesso. Infatti l’unica conseguenza che deriva dalla mancata costituzione del consorzio, e che il sovracanone è versato direttamente ai Comuni.
Qualora non si è ben compreso, la mancata costituzione del Consorzio non comporta il mancato introito della risorsa sovracanone al Comune, che invece continuerà a incassarli nella loro interezza, in quanto lo stesso canone non deriva da un “contratto” ma da una precisa “norma di legge”.
Infatti il titolare del diritto al sovracanone è e resta il Comune, che opera in “nome della collettività” quale ente rappresentativo della comunità locale stessa, non il Consorzio (che inevitabilmente curerà i propri interessi) a cui spetta il compito di amministrare i proventi derivanti dai sovracanoni in piena autonomia gestionale riconosciuta dalla legge con la quale potrà ripartire i fondi a sua disposizione tra i consociati anche discrezionalmente, senza alcuna ingerenza esterna e sotto la propria responsabilità.
Ma cosa è successo di importante tanto da riaccendere l’interesse per il Consorzio e solo in secondo piano per i sovraccanoni?
Che il sovracanone ottiene completo riconoscimento con la legge di Stabilità 2013 che ne ha definitivamente abolito i limiti altimetrici. Questo inevitabilmente ne ha aumentato i soggetti coinvolti.
Ovviamente, i grandi produttori idroelettrici hanno fatto ricorso, dapprima al TRAP (Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche); poi, dopo aver perso, si sono rivolti al TSAP (Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche) di Roma; e, quindi, in Corte di Cassazione.
Finalmente, dopo più di 6 anni, con sentenza pubblicata nel mese di giugno 2018, si rende giustizia alla montagna, applicando il sovracanone a tutte le derivazioni situate in un Consorzio BIM.
Ma dal giugno 2018 ad oggi ancora non si muove nulla. Chi ha informazioni (poche ma già pagate per le quali oggi chiede nuovi pagamenti) le tiene per se quasi da costringere gli altri a consorziarsi per condividerle.
Ma essendo il sovracanone una prestazione periodica con termine annuale, l’obbligo di pagamento del sovracanone BIM si prescrive nel termine di cinque anni (ex art. 2948, comma 1, n. 4, del Codice civile).
Da qui nasce l’urgenza non di creare Consorzi, che restano facoltativi, bensì di richiedere il canone arretrato, proprio per non mandare in prescrizione i crediti.
Tuttavia l’interesse per tutti era ed è dirottato sulla creazione di questi Consorzi (per ovvi interessi collegati) e non sul soddisfo del credito, tanto da mandare in prescrizione gli anni 2013 e 2014 (il nostro ha mandato in prescrizione il 2013 non il 2014 visto che si è proceduto ad inviare le relative richieste nel maggio 2019).
Il sottoscritto infatti di propria iniziativa, quando ricopriva il ruolo di sostituto del responsabile del servizio finanziario, senza ulteriori indugi ha inviato una richiesta ad alcune di queste “nuove” centrali (circa 72 mila euro oltre 12 mila di nuove entrate annuali) per chiederne la restituzione dei sovracanoni, senza attendere la costituzione dell’ipotetico Consorzio che è riuscito nella non facile manovra di mandare per quasi tutti in prescrizione gli anni 2013 e 2014 conseguenza scontata quando l’interesse non è indirizzato alla richiesta dei legittimi canoni, ma alla costituzione dell’ennesimo consorzio inutile alla cittadinanza, ma utile a qualcuno.
Vi aspetto mercoledì per la seconda parte …
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