L’accesso ai documenti amministrativi è sempre gratuito (solo spese di riproduzione)

Di 18 Gennaio, 2017 0 0
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In una recente sentenza del Tar Toscana (la n. 11 del 9 gennaio scorso) si ribadisce che l’amministrazione comunale non può imporre diritti in misura contrastante con il principio di gratuità (tendenziale) del diritto di accesso ai documenti (FOIA).

La vicenda nasce da un contenzioso su una delibera nella quale si erano stabiliti i costi di ricerca, visione e di estrazione di copia di documenti richiamati con il principio della trasparenza amministrativa, distinguendoli tra diritti di visioni e spese di riproduzione.

Tuttavia la vigente normativa prevede in caso limite (tenuto conto della gratuità della richiesta di accesso agli atti, un rimborso del diritto di diritto di ricerca se pur applicabile solo quando viene richiesta una copia del documento e mai quando il documento viene richiesto in sola visione.

L’amministrazione coinvolta dichiarava di aver presentato questa proposta in quanto voleva limitare le richieste provenienti da professionisti che potrebbero generare molte richieste anche al fine di recuperare un documento smarrito comportando spesso ricerche difficoltose in fascicoli voluminosi.

Il giudice annullava la delibera in primis perché è a tutti gli effetti impossibile distinguere una ricerca per un professionista da un cittadino (le tariffe era distinte) potendo il professionista agire nell’interesse di un privato per far valere una posizione giuridicamente rilevante di quest’ultimo per legittimarne il diritto d’accesso e soprattutto perché c’è il concreto rischio di duplicare le voci di spesa.

In seconda ipotesi perché questa determina viola (oltre ad altre norme) l’articolo 25, comma 1, della legge 241/1990, il quale stabilisce che l’esame dei documenti è gratuito. Tale norma, in via generale, deve essere sempre letta in modo sistematico e razionale, affinché, nel caso di ordinarie ricerche di atti chiaramente indicati o agevolmente individuabili l’importo che può essere applicato è inevitabilmente assai modesto, anche per non trasformare l’onere economico in un ostacolo al fondamentale e ormai diffuso esercizio del diritto di accesso o in una misura deterrente.

La norma sul punto è chiara e consente soltanto il recupero delle spese di riproduzione (normalmente le fotocopie), il che vincola l’amministrazione a commisurare l’importo alla quantità di copie richiesta, senza la possibilità di introdurre delle soglie minime. Anche in questo caso occorre poi tenere in considerazione i criteri di ragionevolezza e proporzionalità, e dunque la somma richiesta non potrà eccedere i prezzi medi praticati sul mercato, escluso ovviamente qualsiasi utile, non potendo l’amministrazione ricavare profitti dall’esercizio di un’attività istituzionale connessa al diritto di accesso.

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