Maglie sempre più strette nella P.A. sui conflitti di interesse

Di 27 Dicembre, 2016 0 0
Tempo di lettura: 4 Minuti

L’Anac (l’autorità nazionale anticorruzione) torna a discutere sul conflitto di interessi dichiarando che “qualsiasi attività anche solo di partecipazione indiretta ai procedimenti amministrativi può comportare la violazione del divieto di agire in conflitto di interessi”.

La normativa sul conflitto di interessi prende vigore con il Dpr 62/2013, noto anche come codice di comportamento dei dipendenti pubblici, in particolare all’articolo 6, comma 2 cita: «il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall’intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici».

La normativa è molto specifica in quanto fa scattare il conflitto di interessi non solo sul dipendente che esercita il potere di determinare il contenuto del provvedimento ma anche laddove il dipendente svolga comunque attività che riguardano il procedimento ovvero riguardano sostanzialmente ogni fase procedimentale: da quella di avvio, all’istruttoria, fino all’esecuzione.

Le amministrazioni hanno quindi l’obbligo di verificare ogni qualvolta possa crearsi potenziali conflitti di interesse verso tutti i dipendenti che risultano in qualche modo coinvolti nel procedimento a qualunque livello.

Per questo è obbligo istituire il piano triennale di prevenzione della corruzione e i codici di comportamento che possa fornire istruzioni chiare sulla corretta prassi da seguire in tutte quelle occasioni in cui potrebbero sorgere potenziali conflitti di interesse, ad esempio indurre l’addetto alla protocollazione ad acquisire una domanda prima di altre, condurre l’esame delle richieste o delle condizioni per acquisire un servizio in modo superficiale, controllare l’esecuzione di un servizio nel modo più favorevole possibile verso il destinatario etc.

Il nostro Comune ha redatto il proprio Programma triennale per la trasparenza e l’integrità (anni 2015-2016- 2017) nel luglio 2015 ma è chiaro che oltre ad apparire più che altro come una prima bozza (visto che mancano molte indicazioni) e anche alla luce dei recenti fatti di cronaca, sembra sia stato sufficientemente ignorato.

Ma tornando al dpr 62/2013, nell’articolo 3, comma 2 si dichiara: «il dipendente rispetta altresì i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi».

Nell’articolo 5 si prescrive l’obbligo del dipendente di: «comunicare tempestivamente al responsabile dell’ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell’attività dell’ufficio, esclusi i sindacati».

Nell’articolo 7 si parla dell’obbligo di astensione, in particolare: «il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza».

Recenti sentenze hanno ulteriormente definito i limiti, ad esempio nella sentenza 1137 del 03/05/2013 emessa dal IV sezione del TAR Lombardia-Milano, si dichiara che: «l’amministratore pubblico deve astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi suoi o di parenti o affini fino al quarto grado; tale obbligo di allontanamento dalla seduta, in quanto dettato al fine di garantire la trasparenza e l’imparzialità dell’azione amministrativa, sorge per il solo fatto che l’amministratore rivesta una posizione suscettibile di determinare, anche in astratto, un conflitto di interessi, a nulla rilevando che lo specifico fine privato sia stato o meno realizzato e che si sia prodotto o meno un concreto pregiudizio per la p.a.. Inoltre, sul consigliere in conflitto di interessi grava, oltre all’obbligo di astenersi dal votare, anche quello di allontanarsi dall’aula perché la sola presenza dello stesso può potenzialmente influire sulla libera manifestazione di volontà degli altri membri».

Anche la Legge 190 del 6 novembre 2012, che ha introdotto l’articolo 6-bis “Conflitto di interessi” nella Legge 7 agosto 1990, n.241, definisce che: «il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale».

La norma comunque non costituisce una misura nuova, bensì la codificazione di un orientamento giurisprudenziale largamente diffuso e che trova il suo fondamento nell’art. 97 della Costituzione: «i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione», un principio che si applica sia all’attività amministrativa (es. partecipazione al procedimento, completezza istruttoria) sia all’organizzazione amministrativa.

L’organizzazione è imparziale quando chi amministra non è personalmente interessato alla materia della decisione, cioè non è in conflitto di interessi.

Diciamo che negli ultimi anni, anzi da sempre, non sono stati avari di conflitti di interessi.

Nessun Commento Presente.

Rispondi