Altre precisazioni sul nuovo pareggio di bilancio “soft”

Di 24 Agosto, 2016 0 0
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Conti 150 Con la Legge n. 243/2012 si è detto addio al patto di stabilità interno ormai ultra-ventennale. Ma è o non è una svolta per rilanciare nuovi investimenti?

Nel 2014 la spesa pubblica è scesa di ben 17,5 miliardi di € rispetto al 2009 passando dal 3,4% al 2,2% del PIL e gran parte di questo ribasso è attribuibile proprio agli enti locali. Negli stessi anni si sono accumulati una gran quantità di debiti verso i propri fornitori che hanno superato la cifra dei 50 miliardi di €. Alla base di questi due fenomeni c’è l’obbligo di contenimento del disavanzo e del debito attuato proprio attraverso il patto di stabilità che si prevedeva contemporaneamente la riduzione delle spese e il miglioramento dei saldi tra entrate e uscite.

La crisi del 2008 ha portato l’emanazione della Legge del pareggio di bilancio nel 2012 e della relativa Legge applicativa, la n. 243/2012 che hanno in parte messo dei paletti sulle spese delle stesse amministrazioni locali se pur rinviate di anno in anno, soprattutto in riferimento al pareggio di bilancio e che quindi, salvo ennesimi posticipi, entreranno in vigore a partire dal preventivo 2017.

La riforma “soft” 2016 fissa l’obiettivo del conseguimento di un saldo non negativo, in termini di sola competenza, fra le entrate finali (primi cinque titoli) e le spese finali (primi tre titoli), mandando definitivamente in soffitta gli ulteriori tre vincoli contenuti nella versione iniziale della legge 243: dell’equilibrio finale di cassa e dell’equilibrio corrente di competenza e di cassa. Restano comunque fermi gli obblighi fissati dall’articolo 162, comma 6 del Tuel dell’equilibrio corrente di competenza e del fondo cassa finale non negativo.

La modifica principale imposta dal fondo pluriennale vincolato è che mentre in precedenza ipotizzando un investimento di xxx.xxx,00 di € per il 2016, i successivi pagamenti previsti dal 2017 in poi si effettuato “a residuo” compatibilmente con i limiti fissati dal patto di stabilità che genera i suoi effetti solo a “valle” causando spesso ritardi nel pagamento delle fatture.

Con il nuovo fondo invece l’ente deve impegnare la spesa secondo il cronoprogramma dei lavori e inserirli in un fondo ad hoc che poi verrà ripartito per i successivi anni “costringendo” quindi l’ente a affrontare le spese a “monte” ossia prima di partire con i lavori in un’ottica di programmazione. Quindi in riferimento al fondo pluriennale vincolato, in relazione agli anni 2017/2019, potrà essere inserito nei calcoli del saldo fra entrate e spese finali di competenza sia in entrata che in uscita (spesa) compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica su base triennale.

Nella vecchia formulazione il fondo non può essere conteggiato nel 2017 generando quindi un “buco” nella programmazione dell’ente che avrebbe impedito di appaltare i lavori.

Per ovviare al problema la modifica alla Legge 243/2012 prevede che il fondo entri nel conteggio a decorrere dal 2020, anno in cui concorrerà definitivamente al rispetto degli obiettivi di pareggio di bilancio, a condizione però che sia finanziato da entrate finali: quindi non dovrà essere generato da entrate da indebitamento o avanzi di amministrazione.

In caso di sforamento degli obiettivi, accertato con il rendiconto di gestione, l’ente dovrà adottare misure correttive per assicurare il recupero entro il triennio successivo. Le misure correttive devono essere ripartite in quote costanti per ciascun anno, salvo che la legge dello Stato preveda differenti modalità di recupero.

Con legge saranno inoltre definiti premi e sanzioni, nel rispetto del principio di proporzionalità con le violazioni commesse. I proventi dall’irrogazione delle sanzioni saranno destinati a favore degli enti appartenenti allo stesso comparto che hanno centrato gli obiettivi.

Tuttavia tra le entrate finali non possono essere conteggiate due tipiche forme di finanziamento degli investimenti, ovvero i prestiti e gli avanzi di amministrazione. Ciò significa che per utilizzare tali strumenti l’ente deve realizzare dei risparmi su altre uscite tipicamente quelle correnti e ciò rappresenta spesso un ostacolo insormontabile.

Per superare questo problema la Legge prevede che prestiti e avanzi possono essere utilizzati nell’ambito di intese da stipulare con le regioni che garantiranno il rispetto del saldo ovvero che garantiscano, per l’anno di riferimento, il raggiungimento degli obiettivi di pareggio, comunque tutto da verificare. La durata dei piani di ammortamento non potrà superare la vita utile dell’investimento, e dovranno essere evidenziati gli oneri finanziari sugli esercizi futuri e le modalità di loro copertura nei corrispondenti bilanci.

Il processo di concertazione regionale interesserà anche gli investimenti finanziati con gli avanzi di amministrazione, limitando notevolmente l’autonomia finanziaria degli enti locali.

Tutte le operazioni di indebitamento e di investimento realizzate con l’utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti che risultino non soddisfatte dalle intese regionali potranno partecipare alla procedura dei patti di solidarietà nazionali, fermo restando l’obbligo di conseguire un saldo finale di competenza non negativo nel complesso degli enti territoriali.

È inoltre cancellata la disposizione secondo cui ciascun ente territoriale può in ogni caso ricorrere all’indebitamento nel limite delle spese per rimborsi di prestiti risultanti dal proprio bilanci di previsione.

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