E’ da qualche mese che nella visura catastale di un immobile compare anche la “superficie catastale” in metri quadrati utile “ai fini Tari, per consentire ai cittadini di verificare con facilità la base imponibile utilizzata per il calcolo della tassa rifiuti”. Tuttavia nel parametro che si usa per calcolare l’imposta si utilizza ancora la superficie calpestabile.
Ma facciamo un piccolo passo indietro.
Nella definizione della Tia (tariffa di igiene ambientale ossia il sistema di finanziamento comunale della gestione dei rifiuti e della pulizia degli spazi comuni, oggi sostituita dalla TARI,) il legislatore nell’articolo 1, comma 340 della legge n. 311/2004 aveva indicato quale superficie minima imponibile l’80% della superficie catastale determinata secondo i criteri dettati dal D.p.r. n. 138/1998.
Successivamente nella definizione della Tares (acronimo che sta per “tassa rifiuti e servizi”, un’imposta basata sulla superficie dell’immobile di riferimento, che ha come obiettivo la copertura economica per intero del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti del Comune) disciplinata dal D.l. 201/2011 il legislatore prevedeva l’imposizione “sulla base della superficie calpestabile, almeno fino all’attivazione delle procedure di allineamento tra i dati catastali relativi alle unità immobiliari a destinazione ordinaria e i dati riguardanti la toponomastica e la numerazione civica interna ed esterna di ciascun comune”. Tuttavia prevedeva che in attesa dell’allineamento “la superficie assoggettabile al tributo doveva essere pari ad almeno l’80 per cento di quella catastale”.
Con l’introduzione della Tari (tassa dei rifiuti che sostituiva le precedenti Tariffa di igiene ambientale (TIA), Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) e Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES)) introdotta dalla Legge 147/2013, al comma 645 prevede però “il passaggio dalla superficie calpestabile alla superficie catastale si avrà a decorrere dal 1° gennaio successivo alla data di emanazione del provvedimento del Direttore dall’agenzia delle Entrate con il quale si attesta l’avvenuto allineamento tra i dati catastali e la numerazione civica”.
Ad oggi questo “allineamento” non è ancora avvenuto e le varie amministrazioni utilizzano ancora il parametro della superficie calpestabile come metro di misura per l’applicazione della tassa rifiuti. La superficie catastale è applicabile solo in fase di accertamento del tributo.
Un primo problema comunque viene dal fatto che nella pubblicazione della superficie catastale è indicata sia la superficie totale sia quella al netto delle aree scoperte (balconi, terrazze etc). Quindi è facile incorrere in errori nonostante l’indicazione della stessa agenzia delle entrate che precisa ai fini tariffari si utilizza “la superficie al netto di quella relativa ai balconi, terrazzi e aree scoperte pertinenziali e accessorie, comunicanti o non comunicanti”.
Questo genera un ulteriore problema in quanto diverge dalla normativa originale che prevede di considerare l’80% della superficie catastale (minimo) al quale aggiungere il 30% della superfici pertinenziali (come i balconi se di superficie inferiore a 25 metri quadrati).
Quindi due distinti valori una che valuta la superficie catastale al netto delle superfici pertinenziali, l’altra che impone di considerare la superfice catastale che comprende una quota-parte delle superfici pertinenziali.
Riassumendo, nonostante con l’introduzione della Tari si è stabilito che la tariffa debba essere calcolata sulla superficie catastale (al netto delle pertinenze) la tariffa è ad oggi calcolata sulla superficie calpestabile (minimo 80%) sia per gli immobili a destinazione ordinaria (classificati nelle categorie A, B e C) sia per gli immobili a destinazione speciale (iscritti nelle categorie catastali D e E, essendo l’unico criterio). Si passerà alla commisurazione del tributo sulla superficie catastale solo quando verranno allineati i dati degli immobili a destinazione ordinaria e quelli riguardanti la toponomastica e la numerazione civica, interna e esterna, di ciascun comune, attraverso procedure di interscambio dei dati fra Agenzia delle entrate e comuni per determinare la superficie catastale degli immobili. Nel momento in cui avviene questo allineamento i contribuenti, non sono tenuti a ripresentare le dichiarazioni se hanno già assolto all’obbligo per Tarsu, Tia o Tares (lo prevede l’art. 1, commi 645, 646 e 647, della legge di stabilità n. 147/2013). Il silenzio equivale a conferma dei dati comunicati. L’obbligo sussiste, invece, in caso di variazioni dei dati o di nuove occupazioni o detenzioni di locali e aree scoperte
Per una verifica di questi parametri l’agenzia delle entrate ha da tempo reso disponibile un fascicolo informativo al fine di agevolare il calcolare la superficie attualmente assoggettata all’imposta.
Quadro comparazione pertinenze esclusive di ornamento dell’unità immobiliare:
- La superficie utilizzata ad area scoperta o assimilabile è pari:
- al 10% della superficie, fino alla superficie dell’unità immobiliare;
- al 2% per superfici eccedenti detto limite.
Per i balconi, le terrazze e similari la superficie si misura fino al contorno esterno:
- qualora le pertinenze siano comunicanti con i vani principali e con i vani accessori:
- nella misura del 30%, fino a mq. 25;
- nella misura del 10%, per la quota eccedente mq. 25;
- qualora le pertinenze non siano comunicanti con i vani principali e con i vani accessori:
- nella misura del 15% della superficie fino a mq. 25;
- nella misura del 5% per la quota eccedente mq. 25.
Quadro comparazione pertinenze esclusive di ornamento dell’unità immobiliare:
- per i giardini o le aree scoperte di uso esclusivo dell’appartamento la superficie si misura fino al confine della proprietà ovvero, se questa è delimitata da un muro di confine in comunione o da altro manufatto, fino alla mezzeria dello stesso:
- del 50% qualora direttamente comunicanti con i vani principali e/o con i vani accessori;
- del 25% qualora non comunicanti con i vani principali e/o accessori.
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