La tariffa rifiuti va motivata

Di 28 Dicembre, 2015 0 0
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Rifiuti 150 bis Secondo quanto stabilito dal Tar dell’Emilia-Romagna con la sentenza n. 1056 del 2 dicembre, la delibera che fissa le tariffe della tassa rifiuti deve essere motivata e deve indicare i costi di esercizio dell’anno precedente, le stime dell’anno di competenze, il gettito di cassa e le ragioni dell’eventuale aumento dei costi delle tariffe. Vanno cioè chiarite tutte le risultanze istruttorie e le ragioni delle decisioni alla base delle scelte dell’amministrazione, fornendo “motivazioni dettagliate delle ragioni delle proprie decisioni”.

Questo principio, già regolamentato con gli articoli 65, 68 e 69 del decreto legislativo n. 507 del 1993 è stato discusso anche in altre sedi con esiti opposti. Ad esempio la Cassazione tramite la sentenza n. 22.804 del 2006 ha escluso questo tipo di adempimento basandosi su quanto previsto dall’articolo 3 della Legge 241 del 1990, sentenza alla base della successiva decisione del Tar delle Puglia (sentenza 1238/2013) secondo la quale il comune non è tenuto a motivare l’aumento delle tariffe.

Parere nettamente opposto viene invece dal Consiglio di Stato (sentenza n. 5.615 del 2010) secondo il quale il comune deve “motivare la delibera che prevede un aumento delle tariffe dei rifiuti e non può invocare genericamente la necessità di assicurare la tendenziale copertura totale della spesa, senza avere dati certi sullo scostamento tra entrate e costo del servizio”.

Anche in una più recente sentenza sempre del Consiglio di Stato (la n. 504 del 2015) si ribadisce che “l’amministrazione comunale deve indicare nella delibera le ragioni che hanno comportato l’aumento delle tariffe della tassa rifiuti, privilegiando le utenze domestiche rispetto alle attività produttive”.

Ma facciamo quindi un rapido riassunto. Secondo quanto dichiarato dall’amministrazione stessa, la base per il calcolo della tariffa rifiuti 2015 è stata stimata a 458.772,30 € che rispetto alla stima realizzata per l’anno precedente e pari a 461.711,00 € avrebbe dovuto generare una riduzione minima della tariffa (-0,6365%) o quanto meno la conferma della tariffa. Abbiamo invece assistito ad un aumento della tariffa pari al 6,425% (6,74% per le utenze domestiche e 5% per le utenze non domestiche esattamente l’opposto di quanto sentenziato dal Tar che stabilisce di privilegiare le utenze domestiche) senza alcuna giustificazione in merito visto che non esistono agevolazioni e altri comuni comunque serviti dalla stessa società hanno mantenuto la tariffa precedente ad ulteriore conferma che per la Segen i costi del servizio sono grossomodo inalterati. Poi c’è stata la magra figura sulle delibere successive già discussa nel precedente articolo.

Alla luce di ciò, la delibera relativa all’aumento della tariffa rifiuti è più volte illegittima perché:

  • il costo stimato (e reale) è inferiore all’anno precedente nonostante ciò si è deliberato un aumento della tariffa;
  • la delibera non è valida in quanto presentata il 16 agosto quindi oltre il termine massimo consentito ossia entro il 30 luglio (la proroga concessa è stata di un giorno quindi ha “salvato” solo le delibere approvate entro il 31 luglio);
  • non motiva l’incremento della tariffa;
  • privilegia le utente non domestiche rispetto a quelle domestiche;
  • ultimo ma non meno importante, la delibera è stata annullata dal Ministero con atto formale.

Nonostante ciò continua l’estrema resistenza per racimolare qualche euro in più forse per coprire quel bilancio che sembra sempre più a rischio (ne parleremo nei prossimi articoli).

Altrettanto interessante è lo studio recente sulla qualità dei servizi associati alla tassa rifiuti realizzato dalla Confartigianato. Secondo tale studio nel corso degli ultimi 5 anni le tariffe sono aumentate del 22,6% (un valore superiore del 12,8% rispetto alla media europea) a fronte di un dato dell’inflazione che registra un aumento dell’indice dei prezzi al consumo dell’8%. Interessante notare come gli alti costi del servizio non sono automaticamente una fonte di alta efficienza, tant’è vero che nelle regioni dove il costo per abitante è inferiore si registra una maggiore concentrazione di società che dichiarano utili di bilancio. In questa speciale classifica la Regione Abruzzo risulta fanalino di coda con il 44,4% delle aziende in perdita, peggio di noi solo il Lazio (46,2%) e la Calabria (66,7%). Fortunatamente la Segen sembra essere dal lato corretto avendo registrato nell’ultimo bilancio depositato (2014) un utile di 2.798 €.

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