La rivolta popolare può giustificare la revoca di una decisione di un comune

Di 2 Novembre, 2015 0 0
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Proteste 150

È ormai un principio consolidato, sia a livello normativo che giurisdizionale, quello che permette alla pubblica amministrazione di revocare i propri provvedimenti per effetto di una nuova valutazione dell’interesse pubblico. Ultima conferma arriva dalla sentenza del Tar del Lazio (sez. II bis, n.9.2015, n. 11098), dove si afferma che «deve ritenersi che la manifestazione da parte della popolazione del Comune della contrarietà alla realizzazione dell’opera e l’interesse primario, dunque, a rispondere ai bisogni manifestati dalla stessa popolazione, costituiscano espressione di una nuova valutazione dell’interesse pubblico». Quello che è innovativo in questa sentenza non è il principio che ha portato a questa decisione ma l’espresso riferimento alla contrarietà della popolazione locale come fattore di legittimazione.

Dunque le proteste dei cittadini di un comune giustificano il blocco di un’opera e comportano una nuova valutazione dell’interesse pubblico. Potrebbe però qui presentarsi il cosiddetto problema “Nimby”, ossia quell’atteggiamento che si riscontra nelle proteste contro opere di interesse pubblico o non, che hanno, o si teme possano avere, effetti negativi sui territori in cui verranno costruite (esempio le proteste della TAV), che potrebbe essere un freno per la crescita e lo sviluppo del territorio. Quindi cosa fare?

Sarebbe opportuno avviare una verifica “a monte” sulla reale fattibilità del progetto nel contesto in cui questo verrà introdotto ancora prima di avviare il progetto preliminare, una specie di compromesso tra il dovere di non dover prendere decisioni contro la volontà popolare e il rischio frenare lo sviluppo del territorio.

Ne abbiamo avuto un piccolo assaggio con le vicende che hanno riguardato l’antenna di comunicazioni che è stata installata nei pressi del campo sportivo. Ricorderete che molti cittadini si erano opposti alla decisione del comune, proteste che non riguardavano l’esistenza del traliccio stesso ma la possibilità di trovare un posto più congruo sul quale innalzarlo. La normativa è chiara e ne avevamo discusso in un precedente articolo dove parlavamo della possibilità di un comune di poter scegliere dei luoghi per l’istallazione di queste antenne, senza però inficiarne la funzionalità e senza alcun obbligo riguardo le distanze dalle abitazioni visto che la legge prevede esclusivamente dei limiti di potenza e non di distanza dalle abitazioni. Il nostro comune dopo il casino creato con l’antenna della Ericsson (non si era presentato in tribunale pur senza esimersi però di liquidare il legale con 3.000€), con la delibera del consiglio comunale n.7 del 16 aprile 2014 ha deciso che il luogo designato per l’accentramento dei nuovi impianti di telefonia mobile è nei pressi della centrale fotovoltaica e ha chiesto alle compagnie di telecomunicazioni di delocalizzare gli impianti esistenti. Questo ha generato un nuovo ricorso al TAR Abruzzo da parte della Telecom Italia S.p.A. e della Infrastrutture Wireless Italiane S.p.A. per il quale è stato conferito un nuovo incarico all’avv. Merli con un compenso provvisorio di 1.500€. Chissà come finirà visto il precedente?

Altre proteste sono nate con la nuova scuola non per la sua sussistenza, ma per la collocazione indicando invece come più corretta l’area del vecchio immobile che già dispone di un area esterna per l’attività motoria che poteva facilmente essere recuperata. In realtà le proteste sulla nuova scuola riguardano molti altri aspetti, la fretta nel chiudere il vecchio stabile, le spese per adeguare la scuola di Ridotti, l’esborso in mutui per finanziare la nuova scuola a tassi molto elevati (in confronto agli stessi interventi effettuati dai comuni di Civitella Roveto, S.Vincenzo e Canistro a tassi superagevolati dello 0,25% tramite i mutui BEI), le spese tecniche e in ultimo qualcuno era interessato a conoscere la classe energetica dell’edificio che ricordiamo è determinata sulla base dell’indice di prestazione energetica globale non rinnovabile dell’edificio, anche alla luce della nuova normativa APE 2015, trattandosi comunque di un nuovo edificio.

Quindi la prossima volta sappiate che le vostre proteste possono bloccare quelle opere pubbliche che riterrete non corrette.

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