Le conseguenze della rinegoziazione dei mutui sul pareggio di bilancio

Di 27 Novembre, 2015 0 0
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Contabilità-150 Come abbiamo più volte sottolineato la rinegoziazione dei mutui è solo un modo per dare ossigeno ai bilanci comunali nel breve periodo ma li “soffoca” nel lungo periodo.

Da pochi giorni (23 novembre) è scaduta la terza operazione concessa dalla Cassa Depositi e Prestiti relativa alla rinegoziazione dei mutui con residuo superiore ai 10.000€ e scadenza oltre il 31 dicembre 2019. Tale operazione, alla stregua della precedente, prevede il pagamento alla data del 31 dicembre 2015 della sola quota interessi prevista dal piano di ammortamento vigente ante rinegoziazione e il debito residuo da rinegoziare è riferito al 1° luglio 2015. I mutui esclusi da questa terza tranche sono quelli già rinegoziati con la prima, scaduta il 1° luglio 2015. Di questa terza rinegoziazione non ne conosciamo i termini in relazione ai nuovi tassi di interessi applicati, ma resta il fatto che il Comune di Balsorano ha già rinegoziato tutti i mutui e questa ultima rinegoziazione non è stata presa in considerazione (evidentemente non è così allettante).

Ribadiamo che tutto il risparmio ottenuto nel 2015 dalla rinegoziazione non ha vincoli e può essere utilizzato anche per il pagamento delle spese correnti oltre che per l’estinzione anticipata dei mutui, spesa del tutto sostenibile perché prevede la sola eventuale penale per l’estinzione anticipata da iscriversi in spesa corrente. Ad oggi però non sappiamo dove sono destinati questi risparmi, se alla riduzione del debito stesso o a finanziare nuove spese e probabilmente non lo sapremo mai. Per il 2016 ci sono vincoli descritti tempo addietro.

Tuttavia oltre agli effetti negativi già evidenziati nei precedenti articoli (che portano ad un risparmio effettivo solo nei primi anni e ad un maggiore esborso negli anni successivi, senza dimenticare la maggior spesa in termini di interessi) con l’introduzione della normativa sul pareggio di bilancio, che ha introdotto nuovi vincoli, questa rinegoziazione crea altri problemi. In particolare crea una penalizzazione sul saldo del pareggio di bilancio, con conseguente riduzione della possibilità di applicare l’avanzo.

In pratica, la rinegoziazione determina una riduzione del titolo IV di spesa (ossia il rimborso di prestiti) negli anni successivi a quelli in cui sono state attivate semplicemente perché si hanno rate più basse da restituire. Questo titolo di spesa se pur rientrante nel saldo in parte corrente, non è valido nel calcolo del pareggio di bilancio, che considera i titoli di entrata I, II, III, IV, V (non il nuovo VI° titolo) e i titoli di spesa I, II e III (non il IV° titolo).

La conseguenza è che si possono finanziare spese (titolo IV del bilancio che annovera oltre al rimborso prestiti i crediti di dubbia esigibilità e altri fondi sui rischi) che incidono sul saldo con entrate che non sono rilevanti al fine del patto di stabilità (quali avanzo di amministrazione e accensioni di prestiti iscritti nel nuovo titolo di entrata VI) creando appunto una dissimmetria tra entrate e uscite che se presi globalmente (tutti i titoli di entrata e di spesa) in realtà non esiste.

Semplificando al massimo, il patto di stabilità si traduce nel fatto che è possibile pagare spese di investimento (opere pubbliche) solo in base alle entrate effettive dell’anno in corso. I soldi che un comune ha già in cassa, i mutui e i residui riferiti a contabilità antecedenti non possono essere spesi perché, per le regole contabili europee, avanzi di amministrazione e fondi di cassa non concorrono al bilancio (e al debito) finché le somme non vengono effettivamente erogate.

L’unica soluzione per far fronte a nuovi investimenti è richiedere altri mutui con il paradosso che nonostante si ha in cassa sufficiente liquidità tale da finanziare lo stesso investimento, per poterlo mettere in pratica bisogna comunque ricorrere a nuovo indebitamento. Quindi se abbiamo 100 in entrata e di questi 50 vanno per il pagamento delle rate dei mutui, nel momento in cui le rate si riducono a 40 per effetto della rinegoziazione, i 10 di differenza costituiscono un “avanzo” che contribuiscono al “pareggio di bilancio” (inteso come l’equivalenza di tutti i capitoli di entrata con i capitoli di uscita), mentre in termini di patto di stabilità creano un saldo negativo, perché questo non considera né l’avanzo né le rate, ma considera le spese che il risparmio ha contribuito a creare.

A conti fatti, come d’altronde succede per i trasferimenti statali che favoriscono chi ha speso di più, si favoriscono i comuni che hanno un maggior indebitamento (e di conseguenza minor avanzi) i quali possono far fronte al pareggio del saldo di competenza applicando maggior avanzo (creato da una riduzione delle spese perché essendo comuni poco efficienti hanno elevati margini di miglioramento) o attivando nuovi mutui (sempre nel limite massimo imposto dal Tuel che per il 2015 è dato dalla somma degli interessi che non deve superare il 10% delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l’assunzione dei mutui) rispetto ai comuni più virtuosi che nonostante abbiamo molti avanzi non possono utilizzarli.

Che dire, un bel casino !!!

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