La conciliazione sui tributi comunali

Di 2 Ottobre, 2015 0 0
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Accordo 150 La conciliazione giudiziale è un istituto che può mettere fine a una controversia già avviata presso la Commissione tributaria provinciale, evitando le lungaggini e le spese dei vari gradi di giudizio già prevista, anche se in via facoltativa, nell’art. 48 del D.Lgs. n. 546/92.

Con la riforma del contenzioso tributario, dal 1° gennaio 2016, diventa obbligatoria la mediazione delle controversie dal valore non superiore ai 20 mila euro, realizzabile anche dopo una sentenza di primo grado di un tribunale amministrativo. La facoltà di chiudere le controversie è affidata ai sindaci o ai dirigenti o in alternativa a questi ai funzionari comunali titolari di posizioni organizzative, ai quali è delegato il potere di rappresentanza, che hanno quindi la facoltà di chiudere le controversie e di incassare le somme dovute entro 20 giorni dalla definizione dell’accordo.

Il potere di sottoscrivere questi accordi di conciliazione va autorizzato in base allo statuto o al regolamento dell’ente se lo statuto contiene un espresso rinvio, in base all’articolo 11 del decreto legislativo 546/1992, ed è possibile affidarlo anche ai dirigenti, nell’ambito dei rispettivi settori di competenza, oppure agli esponenti apicali della struttura comunale i quali quindi possono, oltre a promuovere e resistere alle liti relative ai tributi comunali, anche il potere di conciliare e transigere. Nel caso in cui non vi sia una specifica previsione statutaria o regolamentare, spetta al sindaco l’esclusiva titolarità del potere di rappresentanza.

Questa facoltà di conciliazione può essere affidata anche ad un professionista esterno (avvocato, dottore commercialista e via dicendo), il quale per poter conciliare la controversia deve essere espressamente autorizzato, in quanto non è sufficiente la procura alle liti che consente di difendere in giudizio la pretesa tributaria, ma occorre una specifica autorizzazione a rinunciare ad una parte del credito fatto valere dall’amministrazione con l’atto impositivo. Tra l’altro, la scelta deve essere motivata, vale a dire vanno indicate le ragioni poste a base dell’accordo.

La scelta della conciliazione deve comunque essere motivata e generalmente è utilizzata quando non è possibile determinare ne è determinabile il credito tributario.

Tuttavia non può essere applicata nella totalità dei casi visto che è limitata solo a questioni di fatto (per esempio, il valore di un area edificabile o la misura della superficie di un immobile), che non comportano rinuncia alla pretesa tributaria escludendo di fatto tutte le questioni di diritto quali, ad esempio, la tassabilità o meno di certi soggetti, la spettanza di un’agevolazione (entrambe attribuibili solo dallo Stato e eventualmente estese dall’amministrazione comunale), la determinazione delle aliquote (stabilite dal Consiglio Comunale).

Con la chiusura della controversia, le sanzioni a carico dei contribuenti si riducono del 40% in caso di perfezionamento della conciliazione nelcorso del primo grado di giudizio (in udienza o fuori udienza) 0 del 50% del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento nel corso del secondo grado di giudizio. Nessuna possibilità, invece, di conciliare in Cassazione. Le somme dovute vanno versate entro 20 giorni dall’accordo o dal verbale in unica soluzione o con rate di uguale importo dove la prima delle rate deve essere versata entro il termine di 20 giorni dalla data del processo verbale o del decreto presidenziale.

Nel caso di mancato pagamento delle somme dovute o di quelle relative alle rate previste dal piano di rateizzazione diverse dalla prima entro il termine per il pagamento della successiva, gli importi dovuti e le sanzioni, di cui all’art. 13, D.lgs 471/197, sono iscritti a ruolo. L’amministrazione comunale è quindi legittimata a intraprendere le azioni per il recupero coattivo, irrogando la sanzione del 30% aumentata della metà.

Chi rifiuta, senza  giustificato motivo, la proposta conciliativa formulata dall’altra parte è costretta al pagamento delle spese processuali «quando il riconoscimento delle sue pretese risulti inferiore al contenuto della stessa proposta conciliativa». In caso di accordo raggiunto, le spese del processo saranno dichiarate compensate, fatto salvo eventuale e diverso accordo tra le parti.

Questa facoltà viene estesa anche agli atti emessi da tutti gli ulteriori enti impositori e dagli agenti della riscossione, in aggiunta agli atti emessi dall’Agenzia delle entrate, sempre che gli stessi, senza tenere conto di sanzioni e interessi, siano di ammontare non superiore a 20 mila €. In tal caso, il ricorso non è procedibile prima di novanta giorni dalla notifica dell’istanza di reclamo e mediazione. La mediazione si perfeziona con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo tra le parti. In questo caso si applica la sanzione ridotta del 35% di quelle minime previste dalla legge.

Il tentativo di conciliazione non è vincolante, nel senso che il contribuente può tentare l’accordo e, qualora non lo dovesse raggiungere, può sempre proseguire il contenzioso.

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