L’estinzione anticipata dei mutui

Di 13 Luglio, 2015 0 0
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Chiudiamo questo terzo articolo sulla rinegoziazione dei mutui, con l’auspicio che l’amministrazione possa realizzare un’analisi dettagliata relativa alla fattibilità di utilizzare il risparmio ottenuto per la rinegoziazione (che ricordiamo dura qualche anno) per la riduzione del debito, sapendo che una scelta di questo tipo può essere sensata se il tasso legato ad un particolare mutuo è relativamente elevato.

Non è facile fare una valutazione simile visto che il vantaggio derivante dalla rinegoziazione non è solo quello che nasce dalla differenza tra la passività (rate) originaria e quella nuova, ma, in conformità ai principi di sana gestione finanziaria, deve consistere in una valutazione finanziaria ed economica della complessiva situazione dell’ente che vincola comunque l’attività delle future amministrazioni.

Inoltre, come abbiamo spiegato, questa operazione di rinegoziazione dei mutui dal 2016 non potrà essere considerata un risparmio in conseguenza del quale procedere automaticamente ad incrementare la spesa corrente (già oggi comunque molto alta) né tanto-meno non produrrà alcun risparmio sulla tassazione del comune. Questa operazione permetterà di spendere questi soldi per finanziare nuove spese in conto capitale, tra le quale anche nuove operazioni di indebitamento o a ridurre l’indebitamento del comune.

L’estinzione anticipata dei mutui è un’operazione non rilevante ai fini del Patto di stabilità interno del comune, in quanto è definita un’operazione “neutra” e l’unica componente che potrebbe incidere è l’eventuale penale per l’estinzione anticipata che va ad incrementare la spesa corrente e che poi dovrà essere compensata da nuove entrate o cancellazione di quelle esistenti. Tuttavia questa scelta, anche se da un lato porta un vantaggio, negli anni può creare scompensi sui saldi rilevanti ai fini Patto.

Infatti negli anni successivi si risente della riduzione degli stanziamenti al Titolo III di spesa, realizzati in virtù delle minori necessità per la restituzione di quote capitali (rate di minor importo) che comporta però una maggior differenza tra il Titolo II di spesa rispetto a quanto incassato al Titolo IV di entrata. Cioè il risparmio ottenuto dalla rinegoziazione dei mutui incide sul Titolo III delle spese, ma contemporaneamente può aumentare quelle relative alla spese in conto capitale, che devono essere equilibrate con le entrate in conto capitale, generando quindi uno squilibro nel patto di stabilità.

Con una corretta programmazione di medio periodo si potrebbe quindi verificare la sostenibilità della scelta di riduzione del debito rispetto spese in conto capitale previste e alle entrate in conto capitale relative allo stesso periodo.

In definitiva, vorremmo sapere se l’amministrazione, visto che la Legge dal 2016 non permetterà più di utilizzare questo risparmio per ridurre le tasse locali (anche se non sappiamo come verrà utilizzato il risparmio 2015, che ricordiamo può essere usato senza vincoli), oltre a valutare la possibilità di utilizzare questo risparmio per il pagamento di nuove spese in conto capitale (sicuramente il principale motivo che ha spinto alla rinegoziazione di tutti i mutui) di valutare anche la possibilità di ridurre del debito, prossimo ai 3 milioni di €, ad esempio estinguendo il mutuo più oneroso in termini di interessi, risparmio che potrà concorrere alla riduzione delle necessità comunali.

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Definizioni

Titolo I – Spesa in conto corrente: riguarda la gestione quotidiana dell’ente e l’erogazione dei servizi comunali.

Titolo II – Spese in conto capitale: consiste in tutti i costi che il comune sostiene per l’acquisto di immobili o la realizzazione di infrastrutture e progetti a lungo termine sul territorio comunale.

Titolo III – Spese per rimborso di prestiti: si conteggiano normalmente assieme alla spesa corrente; riguardano tutte le quote che il comune deve rimborsare ad enti terzi per l’accensione di prestiti.

Titolo IV – Entrate in conto capitale: rappresenta il primo titolo delle entrate in conto capitale e raggruppa i ricavi derivanti dalla vendita di beni immobili del comune, eventuali trasferimenti da parte dello Stato per la realizzazione di infrastrutture o altri progetti e la riscossione di crediti accumulati

Il patto di stabilità è una misura contabile che ha come finalità quella di ridurre l’indebitamento pubblico. Ai Comuni viene imposto un vincolo rappresentato da un importo, cosiddetto saldo obiettivo di patto, che è la risultanza di una somma algebrica tra entrate e uscite di parte corrente – calcolate come competenza e quindi non nel momento in cui si verifica il flusso di pagamento ma nel momento in cui nasce il costo o l’entrata – e le entrate e le uscite di conto capitale, ovvero quelle che servono per gli investimenti – calcolate in questo caso per flusso di cassa. Mettendo a confronto questi due macro saldi si ottiene il saldo obiettivo reale che deve rispettare i vincoli imposti dal governo.

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