I vincoli sulla rinegoziazione dei mutui

Di 10 Luglio, 2015 0 0
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Spendere o risparmiare Nei precedenti articoli, che hanno riscosso un grande interesse, abbiamo dimostrato come le rinegoziazioni dei mutui eseguite sul finire del 2014 e a giugno di quest’anno, hanno portato ad un risparmio annuale, relativo al rimborso delle rate da -83.880 € nel 2014, -155.340 € nel 2015, -135.907 € negli anni 2016-2018, -69.258 € negli anni 2019-2021, -45.824 € nel 2022, -3.455 € nel 2023 ma contemporaneamente si subiscono i seguenti incrementi di spesa, +2.587 € negli anni 2025-2031, +139.104 € nel 2032, +150.804 € nel 2033, +176.960 € negli anni 2034-2044.

Il maggior costo della rinegoziazione ammonta quindi a 1.353.164 € in più rispetto al piano originale e dai 4.311.021 € si passa ai 5.664.185 € da restituire con la nuova rinegoziazione, a conferma che questo tipo di operazioni sono sempre economicamente svantaggiose.

I Comuni hanno sempre aderito alle proposte di rinegoziazione dei mutui incentivati dalla possibilità di utilizzare i risparmi quali risorse di spesa corrente, e ciò grazie alla diminuzione della rata dei mutui che consentiva l’espansione di altre spese o la copertura di minori entrate sempre di natura corrente.

Per stessa ammissione della Corte dei Conti, su indicazione della Cassa Depositi e Prestiti (circolare n. 1283/2015) la rinegoziazione ha il duplice effetto di diminuire la spesa corrente dell’anno ma determina l’espansione della spesa per gli interessi negli anni successivi. Proprio come vi abbiamo dimostrato con le nostre ricostruzioni dove abbiamo sottolineato che il 1.353.164 € sono esclusivamente interessi, visto che la quota capitale resta la stessa (con la rinegoziazione non diminuiscono i soldi da restituire ma si aumentano le rate e di conseguenza gli interessi da restituire).

Nel rispetto dell’art. 119 della Costituzione ed in conformità ai principi di sana gestione finanziaria, l’ente avrebbe dovuto valutare anche i rischi che si stava assumendo con le nuove operazioni di indebitamento.

Ma che cosa è un finanziamento? Non è alto che un piano di ammortamento che dovrebbe produrre la sua utilità presumibilmente fino allo scadere del finanziamento. Con la rinegoziazione dei mutui questo collegamento può non avverarsi.

Un esempio per chiarire. Se con un mutuo il comune finanzia il rifacimento totale di una strada, si presume che quel finanziamento è ripagato per un numero di anni in cui quella strada si mantiene efficiente. Cioè se si stima che la strada appena rifatta resterà in ottime condizioni per 20 anni, il mutuo fatto per 20 anni è collegato al periodo in cui la strada svolgerà la sua piena funzione. Ma se si allungano le rate di 10 anni, si rischia che dopo i 20 anni la strada possa iniziare a perdere efficienza tanto da doverci nuovamente investire altro denaro per riportarla in piena efficienza. Questo fatto fa perdere quindi il collegamento tra l’ammortamento dell’investimento e il ritorno dell’utilità dello stesso investimento.

Ma torniamo all’utilizzo del “risparmio” generato dalla rinegoziazione. Fino ad ora era possibile investire tali benefici utilizzandoli sia per le spese correnti sia per le spese in conto capitale, cosa successa durante la prima rinegoziazione che aveva l’obiettivo di creare maggior margini di spesa, poi attuato con la richiesta dell’ennesimo mutuo per l’urbanizzazione di Ridotti.

Le spese in conto capitale sono spese di investimento, registrate nel titolo 2 del bilancio comunale per interventi sul patrimonio, per costruzioni, acquisti, opere di urbanizzazione e manutenzioni straordinarie, incarichi esterni etc.

Per spese correnti sono tutte le spese relative alla gestione dell’ente, quindi costo del personale, acquisto di materiale di consumo, servizi erogati, trasferimenti, interessi passivi e oneri finanziari, imposte e tasse, oneri straordinari, ammortamenti, fondo svalutazione crediti e fondo di riserva.

A seguito dell’introduzione dell’articolo 7, comma 2, del Dl n. 78/2015, la legge consente l’impiego dei risparmi della rinegoziazione a favore della spesa corrente solo per l’anno 2015 e di fatto lo vieta per gli esercizi successivi.

Se questa indicazione fosse uscita prima della rinegoziazione, probabilmente molti enti non avrebbero aderito in quanto i benefici non sarebbero stati sufficienti a stimolarne l’adesione.

Ma spieghiamo meglio quali sono le conseguenze di questa disposizione.

Fino al 2014 i risparmi della parte capitale non utilizzati negli esercizi precedenti confluiti negli investimenti o alla riduzione del debito, continueranno ad avere la relativa destinazione.

Per il 2015 il “risparmio”  potrà essere utilizzato a favore della spesa corrente dell’anno e rappresenta la totalità del risparmio anche inerenti alle precedenti rinegoziazioni.

Per il 2016 invece solo il risparmio sugli interessi può essere utilizzato per finanziare la spesa corrente. I risparmi sulla quota capitale deve essere destinato a finanziare le spese di investimento o la riduzione del debito.

Abbiamo quindi rieseguito i calcoli e stimato che nel secondo semestre del 2015, con la rinegoziazione dei mutui si avrà un risparmio totale rispetto allo stato ante-rinegoziazioni di -69.172,78 € di cui 67.953,77 € in riduzione quota capitale e 1.219,01 € in riduzione quota interessi, a dimostrazione del fatto che il risparmio nasce quasi totalmente dal rallentamento della restituzione del debito che non diminuisce ma si allunga fino anche a 28 anni oltre la scadenza originale. La legge quindi permette di utilizzare solo il risparmio sugli interessi per finanziare la spesa corrente.

In poche parole, solo 1.219,01 € possono essere utilizzati per finanziare le spese correnti, quindi anche la riduzione delle imposte, il resto, che è la stragrande maggioranza, dovrà obbligatoriamente essere utilizzato per finanziare nuove spese di investimento (intesa come impiego di risorse finanziarie in fattori pluriennali come ad esempio i mutuio ridurre il debito (attraverso il rimborso anticipato del debito) riducendo quindi al minimo l’emissione di nuovo indebitamento. Ma ne parleremo nel prossimo articolo.

Non ci resta che attendere e vedere dove vanno a finire i “risparmi” della rinegoziazione dei mutui, se a creare nuovi debiti o a ridurre quelli già contratti, sperando che si opti per la seconda opzione.

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