Il fondo svalutazione crediti non più esigibili

Di 29 Giugno, 2015 0 0
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Povero-medio-ricco-150 L’art. 6, let. c, com. 17, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (spending review), convertito in legge (n. 135/2012) impone agli enti locali di istituire già con il bilancio 2012 un “Fondo svalutazione creditidi importo non inferiore al 25% dei residui attivi del titolo I (Entrate tributarie) e III (Entrate extra-tributarie) aventi un’anzianità superiore a 5 anni (30% se l’ente ha fatto ricorso all’anticipazione di liquidità).

Dal conteggio sono esclusi Imu, Tasi e Irpef che sono entrate riscosse per autoliquidazione del cittadino (tramite dichiarazione del cittadino). Sostanzialmente parliamo di Tari (rifiuti), multe e tutti quei pagamenti che arrivano con bollettini precompilati.

Tutto nasce dal presupposto che la tariffa Tari deve coprire integralmente i costi del servizio e fra questi possono rientrare i mancati incassi degli anni precedenti. Si è posto però il problema delle imposte che sono state abolite o sostituite (Tia, Tares etc) e quindi se sia legittimo far ricadere questi costi sui cittadini. A tal proposito si contano due sentenze, una contro e una a favore di questa tesi. Sarà il Ministero dell’Economia a dire l’ultima parola e a rispondere al quesito e non appena avremo notizie vi aggiorneremo.

Tornando al fondo diremo che ha la funzione di compensare eventuali minori entrate derivanti da crediti divenuti parzialmente o totalmente inesigibili – crediti per i quali è certo il titolo giuridico ma è divenuta dubbia e difficile la riscossione per condizioni oggettive – al fine di preservare l’ente da possibili squilibri.

Nel bilancio di previsione 2014 il comune di Balsorano ha stanziato per il fondo 50.000€ (quota stanziata in bilancio che non può essere impegnata nel corso dell’esercizio di competenza, ma confluisce nei fondi vincolati e solo dopo l’eventuale riscossione ovvero l’eliminazione dalle scritture finanziarie determina, per lo stesso importo del credito riscosso o stralciato, la riduzione il fondo svalutazione).

Questa cifra fa presumere l’esistenza di vecchi crediti fino a 200.000€ riferiti agli anni 2008 e precedenti.

Perchè dal 2008 e non più recenti? Perché il fondo copre solo i residui con anzianità superiore ai 5 anni, quindi 2014 – 5 = 2009:

  • Residui attivi anni 2009-2014: esclusi dal fondo
  • Residui attivi anni 2008 e precedenti: inclusi nel fondo

Perchè 5 anni? Perché sono il termine ritenuto congruo dalla Corte dei conti affinché un residuo venga a riscossione. Qualora, decorso tale tempo, il residuo non sia ancora stato riscosso, un corretto comportamento contabile, ispirato al principio di prudenza, impone lo stralcio del residuo e la sua iscrizione al conto del patrimonio, tra i crediti di dubbia esigibilità.

Ma facciamo un piccolo confronto sugli altri bilanci.

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Il comune di Balsorano è secondo in questa speciale classifica e solo Civita D’Antino ci supera. Ma bisogna considerare che in questo calcolo sono compresi anche i crediti inesigibili delle multe stradali e nel solo 2008 per Civita corrispondevano a 617.056 € e che una parte di questi sarà sicuramente inesigibile (per il 2014 prevede introiti per 111.000 €). Su Capistrello non abbiamo purtroppo informazioni.

Potremmo fare una congettura, sbagliata o corretta che sia. Se ci sono crediti insoluti vuol dire che il comune non è riuscito in cinque anni a recuperare i soldi (che servono a pagare comunque un servizio erogato) e che i cittadini non hanno pagato queste imposte. Quasi tutti quelli che non pagano lo fanno perché non hanno soldi, non perché contestano l’importo. Possiamo ipotizzare che il nostro sia un Comune più povero degli altri? Anche perché la Tari (rifiuti) così come l’Imu e la Tasi, non dipendono dal reddito del cittadino (solo l’irpef si calcola sul reddito), quindi a parità di condizioni (stesso nucleo familiare, stessa metratura e stessa rendita) un contribuente ricco paga la stessa imposta di un contribuente senza reddito.

In effetti dall’ultima rilevazione si scopre che il nostro comune è il fanalino di coda con un reddito medio più basso di tutti, come si evidenzia nel grafico seguente.

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Come dicevamo, qui parliamo quasi esclusivamente della Tari, ossia la tassa rifiuti, ma probabilmente bisogna considerare anche le altre imposte, tra le quali l’Imu e la Tasi (non l’irpef che è generalmente trattenuta in busta paga) ed è facile prevedere che ci siano altri crediti vecchi di difficile esigibilità ma che non possono essere svalutati ma che continuano probabilmente a modificare il bilancio comunale.

Questa cifra alta non fa altro che confermare le difficoltà dei cittadini del nostro paese e quindi si evidenzia ancor di più la necessità di una riduzione delle imposte locali, proprio ora che si è ottenuto un risparmio, se pur temporaneo, sulle spese in bilancio (rate mutuo).

Anche perché coloro che non le hanno pagate e continuano a non pagarle, creano danni a chi le ha sempre pagate perché questi crediti inesigibili continuano a perseverare sui bilanci, sottraendo risorse economiche dal bilancio, a spese di tutti i cittadini.

Una piccola nota, tra qualche anno questo fondo dovrà tener presente anche il danno erariale attribuito ad una precedente amministrazione che è, per stessa ammissione del diretto interessato, di dubbia esigibilità. Ma ne riparleremo più avanti.

Per chi vuole approfondire può continuare la lettura.

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Già previsto nell’ordinamento contabile degli enti locali fin dal 1996 (D.Lgs. n. 267/2000 e DPR 194/1996) il fondo svalutazione crediti non ha natura obbligatoria, essendo demandata alla valutazione dei singoli enti la costituzione e la quantificazione del fondo stesso. Nella prassi molti comuni hanno preferito non costituire il fondo svalutazione crediti in quanto rilevano accertamenti delle entrate solo se riscosse.

Tale comportamento contabile che fa coincidere l’accertamento con il momento dell’incasso, pur rappresentando una “garanzia assoluta” per il bilancio, non è fedele al principio contabile della veridicità del bilancio stesso, che deve rendere una informazione corretta e veritiera della situazione finanziaria dell’ente

Il D.P.C.M. 28 dicembre 2011, con cui è stato dato avvio alla fase di sperimentazione ed approvati i nuovi schemi e principi contabili, impone agli enti locali di istituire obbligatoriamente il fondo svalutazione crediti a fronte di accertamenti di entrate rilevate sempre nel momento in cui sorge il diritto di credito.

Il fondo opera quale posta compensativa delle entrate che, dopo la riforma, dovranno essere accertate per l’importo complessivo integrale, anche se di difficile o dubbia esigibilità, come le sanzioni amministrative per violazioni al codice della strada o i ruoli coattivi tributari. Esso viene calcolato determinando la media dell’incidenza degli accertamenti non riscossi sui ruoli o sugli altri strumenti coattivi negli ultimi cinque esercizi.

Gli enti potranno escludere dalla costituzione del fondo i residui “per i quali i responsabili dei servizi competenti abbiano analiticamente certificato la perdurante sussistenza delle ragioni del credito e l’elevato tasso di riscuotibilità”.

Due, dunque, sono i requisiti richiesti dalla norma per evitare l’accantonamento obbligatorio:

  1. la perdurante sussistenza delle ragioni del credito: il titolo giuridico da cui scaturisce il credito deve essere ancora valido, non prescritto o sub-judice;
  2. l’elevato tasso di riscuotibilità: il credito deve presentare caratteristiche tali da rendere estremamente probabile la sua riscossione, nonostante il decorso di oltre cinque anni, tenuto conto delle condizioni di solvibilità del creditore che devono essere analiticamente dimostrate.

Il fondo di svalutazione dei crediti si applica sostanzialmente a tutte quelle voci per le quali non vale un presupposto che ne possa escludere l’applicazione. Non sono soggette ad esempio al calcolo le entrate riscosse per autoliquidazione dei contribuenti (quelle che il cittadino dovrà fare autonomamente ed inserire della dichiarazione dei redditi come Imu, Tasi, addizionale irpef), che seguono un meccanismo di accertamento che esclude l’esistenza di residui attivi, che è inserito nell’avanzo di amministrazione, periodicamente verificato, ed eventualmente riaccertato, ma non svalutata.

La conferma del 2012 da parte del legislatore complica una situazione che penalizza oggi chi, in passato, non ha adottato un atteggiamento prudenziale in sede di riaccertamento dei residui attivi. Ci sono sentenze che riguardano il fondo molto discordanti.

L’ultima pronuncia dei giudici dichiara che per la Tia, la Tares e la Tari l’ammontare dei crediti divenuti inesigibili in un dato anno va computato tra i costi da coprire con la tariffa dell’anno successivo.

Così, però, non si tiene conto che in realtà l’accertamento della inesigibilità giunge spesso molto dopo la sua formazione, con la conseguenza di trasferire l’onere su una platea contributiva molto diversa.

Cioè coloro che per problemi non hanno pagato queste imposte che continuano a perseverare sui bilanci e che continuano ad essere inesigibili, vanno computati negli anni a venire anche quando questi stessi soggetti non sono più residenti, lasciando i cittadini con un debito che in origine era di altri.

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