Qualche mese fa avevamo scritto un articolo nel quale avevamo previsto un aumento della tariffa rifiuti 2017, aumento stimato analizzando i 2/3 delle fatture emesse dalla Segen. Oggi che abbiamo a disposizione quasi tutte le fatture 2016 (dicembre c’è solo un impegno di spesa parziale) e possiamo affermare che torneremo presumibilmente almeno alla tariffa 2015 interrompendo di fatto la discesa avviata dopo l’annus horribilis del 2012 quando le fatture avevano raggiunto le 475mila €.
Questo dato in controtendenza si scontra con le riduzioni che negli ultimi due anni sembrano provenire da altri comuni non gestiti dalla Segen. Celano ad esempio nel 2016 ha dichiarato una riduzione addirittura del 10% della tariffa rifiuti (il nostro invece ha registrato un dato molto variabile che va da una riduzione del 6% ad un incremento in relazione soprattutto alla quota fissa) e anche nel 2017 ha preventivato una ulteriore riduzione del 10%. Recentemente Avezzano, se pur in piena campagna elettorale e quindi incentivata a mostrarsi più performante, ha deliberato una riduzione della tariffa rifiuti 2017 fino ad un 20%.
Notizie diametralmente opposte vengono invece dal Comune di Tagliacozzo dove l’opposizione dichiara un “sensibile aumento della tariffa rifiuti dovuto non al servizio di raccolta bensì ai costi di gestione amministrativa”.
Ricordiamo che la tariffa rifiuti dovrebbe essere commisurata con il piano finanziario dell’ente partecipato il quale dovrebbe stimare i costi di raccolta in base ai dati degli anni precedenti, in relazione ai piani di investimento e ai costi amministrativi. La prima voce (costi di raccolta) variano in relazione alla quantità di rifiuti prodotti, i piani di investimento sono annuali e ai costi che generalmente dovrebbero essere fissi. Dalle affermazioni della minoranza del Comune di Tagliacozzo sembra che questi ultimi siano in crescita.
Se scontiamo quindi gli incrementi dei costi fissi e del costo di raccolta (testimoniato dalle fatture) possiamo stimare un aggravio delle tariffe dei rifiuti.
Ora la legge prevede che entro il 31 marzo, ovvero 4 giorni fa, i Comuni devono (dovevano) approvare le tariffe Tari per il 2017, le quali devono garantire la copertura integrale dei costi inclusi nel piano finanziario redatto dal gestore dei rifiuti e approvato dal medesimo consiglio comunale, e alla stessa data devono essere fissate le aliquote, le tariffe e i regolamenti tributari.
Il piano finanziario però dovrà (doveva) essere sostanzialmente diverso da quello finora redatto (limitata ad una mera elencazione dei costi previsti) ma deve essere (doveva essere) anche corredato da una relazione nella quale sono evidenziati il modello gestionale, i livelli di qualità, la ricognizione degli impianti esistenti, e con riferimento al piano dell’anno precedente, l’indicazione degli scostamenti che si siano eventualmente verificati e le relative motivazioni. Piani finanziari redatti in modo non conforme alle prescrizioni normative sono illegittimi, e conseguentemente sono illegittime anche le tariffe approvate sulla base di tali piani.
In questa situazione, se il Comune non dispone di un piano finanziario redatto in conformità al Dpr n. 158/1999 potrebbe valutare anche la possibilità di non approvare le tariffe, rinviandone l’approvazione in sede di verifica degli equilibri di bilancio. Infatti, occorre ricordare che in caso di mancata approvazione nei termini, le delibere tariffarie si intendono prorogate di anno in anno.
Successivamente, entro il 31 luglio il Comune, se le tariffe Tari non garantiscono la copertura integrale dei costi, può deliberarne l’aumento per garantire gli equilibri di bilancio, in base a quanto previsto dall’articolo 193 del Tuel.
Ricordiamo che la legge di stabilità ha previsto la sospensione «per gli anni 2016 e 2017» delle deliberazioni che prevedono aumenti dei tributi rispetto ai livelli di aliquote o tariffe applicabili per l’anno 2015 ma questo blocco non vale per la tariffa rifiuti.
È vero che l’approvazione delle tariffe a luglio, in sede di verifica degli equilibri di bilancio ai sensi dell’articolo 193 comma 3 del Dlgs n. 267/2000, potrebbe concedere più tempo ai Comuni e ai Gestori per predisporre Piani finanziari conformi al dettato normativo, ma è forte il dubbio che la scelta di posticipare al 31 luglio è dettata da meri fini elettorali, visto che è ormai chiaro che la tariffa 2017 sarà inevitabilmente maggiore della tariffa 2016 anche perché una notizia a ribasso della tariffa sarebbe stata spesa immediatamente mentre il silenzio non lo si può che leggere come una conferma del più che probabile aumento tariffario che, nonostante le regole tributarie doveva essere certificato già il 31 marzo, cercheranno di tenere nascosto fino alla fine.
E a tutto questo non possiamo che rimarcare l’incremento dei residui (come evidenziato in un recente articolo), ovvero di quella quota della Tari che non viene pagata alla fine dell’esercizio in corso, che come si può vedere dai dati:
- 2013 — 361.959,27 (competenza) + 43.497,11 (residui)
- 2014 — 306.173,23 (competenza) + 72.152,18 (residui)
- 2015 — 340.330,37 (competenza) + 100.674,18 (residui)
dimostrano che sia nel 2014 (28.655,07 €) che nel 2015 (28.522,00 €) continua a crescere la quota non pagata della Tari, quota che ha raggiunto e superato i 100 mila € di residui. Sono soldi che qualora non fossero più esigibili (esempio per difficoltà economiche o decesso o altre cause) andrebbero ad incrementare quel Fondo Crediti di dubbia esigibilità che poi dovrà essere onorato dagli altri cittadini con l’aumento delle loro tariffe e che per il 2017 sembra confermarsi vicino ai 317.000 € (un trend pericolosamente in crescita visto i 50 mila € dichiarati nel 2014 e i 140 mila € dichiarati nel 2015) che prima o poi dovremmo saldare.
Restiamo in attesa di eventuali repliche che come prassi non arriveranno mai.
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